Lavorare Meglio: Come Instaurare un Buon Rapporto Pro-Cliente
Fiducia, empatia, disponibilità sono le parole d'ordine necessarie per costruire un buon rapporto fra Pro e committente
Il primo incontro è fondamentale: fin da subito, spesso, si ha la percezione su come si svilupperà il rapporto fra progettista e cliente. Ma cosa aspettarsi e quali sono gli ostacoli da superare? È importante che il committente sia competente in ambito progettuale o è più semplice quando si affida totalmente all’architetto? Con l’aiuto dei Pro, cerchiamo di tracciare il profilo del ‘buon cliente’.
I consigli professionali di:
Raffaella di Benedetto, architetta di IBEDI laboratorio di architettura, Milano
Susanna Tamborini ed Emanuela Baccichetti, architette di ESSEstudioarch, provincia di Varese
Elsa Tessera, architetta di Cajani | Tessera architetti&associati, provincia di Monza e Brianza
I consigli professionali di:
Raffaella di Benedetto, architetta di IBEDI laboratorio di architettura, Milano
Susanna Tamborini ed Emanuela Baccichetti, architette di ESSEstudioarch, provincia di Varese
Elsa Tessera, architetta di Cajani | Tessera architetti&associati, provincia di Monza e Brianza
Elsa Tessera aggiunge una considerazione che ha a che fare con il rispetto per la professione dei progettisti, non sempre riconosciuta. «Il cliente ideale riesce a riconoscere ed apprezzare il ruolo del professionista a cui si sta affidando. Mi rendo conto che spesse volte, un po’ ingenuamente, la figura dell’architetto viene associata ad un semplice “disegnino”, ma la verità sul nostro lavoro è ben altra. È appagante incontrare un cliente che sappia riconoscere che dietro al lavoro dell’architetto ci sono anni di studi, di pratica e di lavoro, nonché un bagaglio di conoscenze utili per la buona riuscita di un progetto, sia dal punto di vista tecnico, amministrativo ed economico, che estetico».
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Il profilo caratteriale
Rimanendo su un piano ideale, non sono gli specifici aspetti caratteriali di ciascuno – committente o progettista – a definire il rapporto, quanto invece, ancora una volta, la fiducia. Elsa Tessera è proprio di questa idea: «Non credo che esistano degli aspetti caratteriali ben definiti, per cui un cliente possa essere definito migliore di un altro: ognuno è diverso e con esigenze differenti. Trovo invece che l’aspetto fondamentale nel rapporto cliente – professionista sia la fiducia. Mi è capitato di lavorare con clienti con idee molto chiare fin dall’inizio, ma che attraverso l’aiuto del professionista sono state valorizzate e completate al meglio. Oppure, altre volte, il cliente ha una gran confusione in testa, per cui è necessario guidarlo passo dopo passo nella scoperta del suo gusto personale e dell’intera progettazione».
Raffaella di Benedetto pone l’accento sull’importanza della reciprocità: «Sicuramente ci sono aspetti caratteriali reciprochi; noi ci impegniamo ad analizzare e spiegare i differenti aspetti di ciascuna fase per arrivare ad una decisione che il committente senta propria, ma di contro direi che è fondamentale trovarsi di fronte una persona che non pensi di aver imparato il mestiere leggendo qua e là su internet e che abbia coscienza che cambiare spesso idea non aiuta la qualità del progetto.
Il professionista non dovrebbe essere un “imbonitore“ ma un “venditore” di idee calate nella visione progettuale al raggiungimento di uno scopo altrui, in questo caso aspetti quali la caratterialità, chiarezza d’idee, volubilità, sono tutti figli della mancanza dei punti sopra esposti».
Rimanendo su un piano ideale, non sono gli specifici aspetti caratteriali di ciascuno – committente o progettista – a definire il rapporto, quanto invece, ancora una volta, la fiducia. Elsa Tessera è proprio di questa idea: «Non credo che esistano degli aspetti caratteriali ben definiti, per cui un cliente possa essere definito migliore di un altro: ognuno è diverso e con esigenze differenti. Trovo invece che l’aspetto fondamentale nel rapporto cliente – professionista sia la fiducia. Mi è capitato di lavorare con clienti con idee molto chiare fin dall’inizio, ma che attraverso l’aiuto del professionista sono state valorizzate e completate al meglio. Oppure, altre volte, il cliente ha una gran confusione in testa, per cui è necessario guidarlo passo dopo passo nella scoperta del suo gusto personale e dell’intera progettazione».
Raffaella di Benedetto pone l’accento sull’importanza della reciprocità: «Sicuramente ci sono aspetti caratteriali reciprochi; noi ci impegniamo ad analizzare e spiegare i differenti aspetti di ciascuna fase per arrivare ad una decisione che il committente senta propria, ma di contro direi che è fondamentale trovarsi di fronte una persona che non pensi di aver imparato il mestiere leggendo qua e là su internet e che abbia coscienza che cambiare spesso idea non aiuta la qualità del progetto.
Il professionista non dovrebbe essere un “imbonitore“ ma un “venditore” di idee calate nella visione progettuale al raggiungimento di uno scopo altrui, in questo caso aspetti quali la caratterialità, chiarezza d’idee, volubilità, sono tutti figli della mancanza dei punti sopra esposti».
Come partire con il piede giusto
In questo caso la parola d’ordine è disponibilità: se un committente ne trova da parte dei progettisti, allora il rapporto è già su una buona strada. «Siamo di solito molto disponibili, e cerchiamo fin da subito di dare un approccio sia tecnico che creativo. Il committente di solito apprezza questo gesto», confermano Susanna Tamborini ed Emanuela Baccichetti.
Torna sul concetto di disponibilità anche Elsa Tessera: «Sono un professionista molto disponibile: assecondo i gusti personali dei clienti e suggerisco le soluzioni migliori, cercando di tradurre le necessità in modo armonioso, senza mai imporre il mio stile. Non propongo mai “una sola strada” in quanto l’iter progettuale viene suddiviso per fasi consecutive. Il cliente comprende che la squadra è tutta a sua disposizione, si sente coccolato e sempre accompagnato dal lavoro dell’intero studio.
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In questo caso la parola d’ordine è disponibilità: se un committente ne trova da parte dei progettisti, allora il rapporto è già su una buona strada. «Siamo di solito molto disponibili, e cerchiamo fin da subito di dare un approccio sia tecnico che creativo. Il committente di solito apprezza questo gesto», confermano Susanna Tamborini ed Emanuela Baccichetti.
Torna sul concetto di disponibilità anche Elsa Tessera: «Sono un professionista molto disponibile: assecondo i gusti personali dei clienti e suggerisco le soluzioni migliori, cercando di tradurre le necessità in modo armonioso, senza mai imporre il mio stile. Non propongo mai “una sola strada” in quanto l’iter progettuale viene suddiviso per fasi consecutive. Il cliente comprende che la squadra è tutta a sua disposizione, si sente coccolato e sempre accompagnato dal lavoro dell’intero studio.
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Quando il cliente si presenta con la moglie o il marito o un genitore, individuo chi sarà il mio riferimento principale, cercando però di ascoltare e mediare tra le esigenze di tutti. Rispetto molto gli equilibri interni alla famiglia: è importante che il progetto finale soddisfi tutti gli abitanti della casa oltre che le loro necessità presenti e future. I progetti che funzionano meglio sono quelli che mettono in luce anche le esigenze più nascoste. Un aspetto che mi preme molto è anche l’ascolto dei più piccoli: quando ne ho la possibilità, li rendo partecipi nelle scelte delle aree a loro dedicate (come la decisione dei colori delle pareti), facendoli sentire importanti».
Gli ostacoli da superare
«L‘ostacolo più evidente è la diffidenza, per altro reciproca, in quanto loro non conoscono noi, ma nemmeno noi conosciamo loro. Una volta dissolta problemi non ce ne sono più»: sono chiare Susanna Tamborini ed Emanuela Baccichetti nell’esprimere qual è il nemico da combattere che, però, può prendere anche diverse forme, talvolta indipendenti dalla personalità dei committenti e più legato alla pratica, alla quotidianità.
Uno fra tutti: il budget: «Uno dei punti critici nella progettazione nonché quello che crea maggiori problemi è senz’altro il budget a disposizione dei clienti. Ed è proprio sotto questo aspetto che gioca un ruolo fondamentale la figura dell’architetto, il cui lavoro è tra i meno riconosciuti, ma che se fatto bene è in grado di far risparmiare tantissimo, in termini di costi e di tempo. Un buon professionista, coordinatore di tutto il progetto, sia a livello estetico che a livello tecnico, permette di ridurre al minimo i tempi di consegna e di evitare sgradevoli imprevisti».
«L‘ostacolo più evidente è la diffidenza, per altro reciproca, in quanto loro non conoscono noi, ma nemmeno noi conosciamo loro. Una volta dissolta problemi non ce ne sono più»: sono chiare Susanna Tamborini ed Emanuela Baccichetti nell’esprimere qual è il nemico da combattere che, però, può prendere anche diverse forme, talvolta indipendenti dalla personalità dei committenti e più legato alla pratica, alla quotidianità.
Uno fra tutti: il budget: «Uno dei punti critici nella progettazione nonché quello che crea maggiori problemi è senz’altro il budget a disposizione dei clienti. Ed è proprio sotto questo aspetto che gioca un ruolo fondamentale la figura dell’architetto, il cui lavoro è tra i meno riconosciuti, ma che se fatto bene è in grado di far risparmiare tantissimo, in termini di costi e di tempo. Un buon professionista, coordinatore di tutto il progetto, sia a livello estetico che a livello tecnico, permette di ridurre al minimo i tempi di consegna e di evitare sgradevoli imprevisti».
È importante che il committente sia competente?
Sembra di no; anzi, è quasi controproducente. «Francamente l’esperienza ci ha portato a diffidare di quei committenti ‘architetti per hobby’, tuttologi e apparentemente competenti: solitamente si sono rilevati ben poco disponibili all’ascolto e con posizioni arroccate non modificabili. Quindi una minima sensibilità alla lettura delle piante, a una immaginazione 3D, a una conoscenza del design storico aiuta, ma non se è intesa come sopra»: non lascia spazio a dubbi Raffaella di Benedetto.
Elsa Tessera racconta come si sviluppa solitamente il suo percorso, anche quando lavora con committenti al loro primo progetto e alle prime armi nel mondo della progettazione: «Durante il mio lavoro cerco sempre di coinvolgere il cliente nel processo decisionale, cercando di trasmettere qualche nozione base e la giusta sensibilità progettuale. Alla fine della ristrutturazione, che solitamente dura qualche mese, mi capita spesso che i miei clienti abbiano acquisito una buona competenza ed astuzia progettuale per completare eventuali piccoli dettagli senza bisogno del mio supporto. Ciò è molto soddisfacente perché mi rendo conto di aver svolto un buon lavoro. Per tale ragione, quando arriva il momento di consegnare loro la casa ultimata, sono sicura di lasciarla in buone mani!».
Sembra di no; anzi, è quasi controproducente. «Francamente l’esperienza ci ha portato a diffidare di quei committenti ‘architetti per hobby’, tuttologi e apparentemente competenti: solitamente si sono rilevati ben poco disponibili all’ascolto e con posizioni arroccate non modificabili. Quindi una minima sensibilità alla lettura delle piante, a una immaginazione 3D, a una conoscenza del design storico aiuta, ma non se è intesa come sopra»: non lascia spazio a dubbi Raffaella di Benedetto.
Elsa Tessera racconta come si sviluppa solitamente il suo percorso, anche quando lavora con committenti al loro primo progetto e alle prime armi nel mondo della progettazione: «Durante il mio lavoro cerco sempre di coinvolgere il cliente nel processo decisionale, cercando di trasmettere qualche nozione base e la giusta sensibilità progettuale. Alla fine della ristrutturazione, che solitamente dura qualche mese, mi capita spesso che i miei clienti abbiano acquisito una buona competenza ed astuzia progettuale per completare eventuali piccoli dettagli senza bisogno del mio supporto. Ciò è molto soddisfacente perché mi rendo conto di aver svolto un buon lavoro. Per tale ragione, quando arriva il momento di consegnare loro la casa ultimata, sono sicura di lasciarla in buone mani!».
Tre aneddoti sul rapporto con i committenti
• Raffaella Di Benedetto: « Un committente ci ha chiesto di personalizzargli l’abitazione che fu dei genitori, donandole nuova luce, respiro, percezione etc. Nel metre continuava a descriverne le caratteristiche esistenti attraverso i ricordi della sua vita famigliare, esaltandone le scelte operate dai genitori e la sua godibilità negli anni. In conclusione: dopo averlo condotto sui percorsi indicati dalle sue premesse, senza peraltro giungere a nessun traguardo, abbiamo centrato l’obiettivo riproponendogli l’attuale configurazione, a quel punto condivisa proprio perché inconsciamente rappresentativa del suo stile di vita, del suo rapporto dimensionale ovvero del suo “personale” habitat, operando semplici correttivi ben lontani dalle premesse espresse. Non tutti sono propensi al cambiamento!».
• Raffaella Di Benedetto: « Un committente ci ha chiesto di personalizzargli l’abitazione che fu dei genitori, donandole nuova luce, respiro, percezione etc. Nel metre continuava a descriverne le caratteristiche esistenti attraverso i ricordi della sua vita famigliare, esaltandone le scelte operate dai genitori e la sua godibilità negli anni. In conclusione: dopo averlo condotto sui percorsi indicati dalle sue premesse, senza peraltro giungere a nessun traguardo, abbiamo centrato l’obiettivo riproponendogli l’attuale configurazione, a quel punto condivisa proprio perché inconsciamente rappresentativa del suo stile di vita, del suo rapporto dimensionale ovvero del suo “personale” habitat, operando semplici correttivi ben lontani dalle premesse espresse. Non tutti sono propensi al cambiamento!».
• Susanna Tamborini ed Emanuela Baccichetti: «Un cliente, durante la sua ristrutturazione, mi ha chiesto i render di un piccolo bagno sotto scala. I render avevano evidenziato un problema (che già esisteva, ma che si sarebbe risolto in fase di arredo) di altezze che non permettevano l’allineamento del mobile sottolavello, da inserire in modo da specchiarsi e lavarsi senza il rischio di battere la testa sul soffitto formato dai gradini della scala. Il mio cliente, avvisato più volte, non ha voluto saperne, mi ha detto: a me non interessa il disegno, la realtà è diversa…e mi ha dato un foglio a quadretti dove aveva disegnato la sua proposta. La questione è andata avanti per due settimane. Il cliente ha presteso che le maestranze da me seguite facessero quello che voleva lui, pena il non pagamento dei lavori. E così è stato. Morale: Il lavoro si è dovuto rifare in quanto il problema c’era ed era ben evidente, le scuse per non aver seguito il mio disegno e la mia soluzione le sento ancora oggi, quando di tanto in tanto ci sentiamo al telefono quando mi chiede soluzioni tecniche sulle migliorie che vuole apportare all’appartamento e mi dice: “no giusto per non fare come quella volta…ricordi?"».
• Elsa Tessera: «Uno dei lavori che ho seguito consisteva nella ristrutturazione di un appartamento distribuito su due livelli. I clienti erano una coppia di genitori con due bambini; una volta definita la planimetria in modo funzionale, grande attenzione è stata rivolta alla scelta dei materiali. Questi ultimi, contrastanti tra loro per texture e colorazione, sono stati accostati in modo da creare un risultato “armonioso” all’interno dell’intero appartamento.
I materiali e i colori predominanti all’interno del progetto sono il rovere della pavimentazione, il corten, usato nella pavimentazione della cucina oltre che nel parapetto delle scale e il bianco dei muri e della cucina, colori neutri come il beige delle pitture materiche di alcune pareti.
Mi ricordo con piacere che durante gli incontri con i proprietari erano sempre presenti anche i loro due bambini, i quali si divertivano molto nell’affiancarci nelle varie decisioni. Per loro impersonare la figura dell’architetto era un gioco che li faceva ridere, immaginare e sognare. La casa era diventato un luogo tanto desiderato, entrato nel cuore di tutti!».
Tu, committente, che esperienza hai nel rapporto con i progettisti? E tu, architetto, in quello con i committenti? Scrivici nei Commenti!
Altro
Da Pro a Pro: Come Gestire con Successo i Clienti a Distanza
Come Comportarsi al Primo Appuntamento col Cliente
I materiali e i colori predominanti all’interno del progetto sono il rovere della pavimentazione, il corten, usato nella pavimentazione della cucina oltre che nel parapetto delle scale e il bianco dei muri e della cucina, colori neutri come il beige delle pitture materiche di alcune pareti.
Mi ricordo con piacere che durante gli incontri con i proprietari erano sempre presenti anche i loro due bambini, i quali si divertivano molto nell’affiancarci nelle varie decisioni. Per loro impersonare la figura dell’architetto era un gioco che li faceva ridere, immaginare e sognare. La casa era diventato un luogo tanto desiderato, entrato nel cuore di tutti!».
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Empatia e fiducia reciproca sono i termini ricorrenti quando si cerca di definire il ‘cliente ideale’. «Premesso che il rapporto tra committente e professionista è di tipo fiduciario, il riconoscimento di un buon cliente parte dall’empatia che si stabilisce nei primi incontri. L’empatia permette lo scambio di un flusso di informazioni che nella fase iniziale sono fondamentali per consolidare gli obbiettivi e desideri della committente e focalizzare il punto di arrivo del progetto, nonché permettere di gestire l’intero iter serenamente. Fiducia significa saper ascoltare reciprocamente ed affidarsi nella gestione di un processo che è costruito specificatamente su ciascun committente in modo sartoriale», conferma Raffaella Di Benedetto.