Architettura e design
Houzz per i Pro
Avremo Città Più Verdi?
I lockdown ci hanno lasciato una gran voglia di natura: è forse giunta l’ora di avere panorami urbani più verdi?
È ora di fuggire in campagna?
L’architetto spagnolo Moisés Royo, dello studio Muka Arquitectura, non vede la vita rurale come una soluzione praticabile, anche con l’impennata del lavoro a distanza. «Sembra che i nuovi guru sociali prevedano un esodo verso le zone rurali, dove i nuovi residenti potranno godere i loro giardini e un rapporto più intenso con la natura. Non prendiamoci in giro», dice il progettista. «L’architettura in ambiente rurale sarà per le persone con un grande potere d’acquisto. La maggior parte delle persone dovrà vivere in città, che ci piaccia o no. I servizi e il lavoro — non importa quanto remoto sia il lavoro — non impediranno alle famiglie di continuare a vivere in città».
L’architetto spagnolo Moisés Royo, dello studio Muka Arquitectura, non vede la vita rurale come una soluzione praticabile, anche con l’impennata del lavoro a distanza. «Sembra che i nuovi guru sociali prevedano un esodo verso le zone rurali, dove i nuovi residenti potranno godere i loro giardini e un rapporto più intenso con la natura. Non prendiamoci in giro», dice il progettista. «L’architettura in ambiente rurale sarà per le persone con un grande potere d’acquisto. La maggior parte delle persone dovrà vivere in città, che ci piaccia o no. I servizi e il lavoro — non importa quanto remoto sia il lavoro — non impediranno alle famiglie di continuare a vivere in città».
Né è necessariamente auspicabile un esodo di massa verso la campagna. «Il pianeta ha bisogno di liberare più terra possibile se vogliamo continuare a vivere su un pianeta sostenibile. Gli esseri umani non possono essere dispersi in tutto il pianeta. Gli ambienti devono essere protetti», sottolinea Royo.
Verde su piccola scala con un grande potenziale… e alcune avvertenze
Se restiamo in città, come possiamo soddisfare la voglia di verde in un modo che sia vantaggioso per noi stessi e per l’ambiente? «Il COVID-19 ha risvegliato in molti di noi la necessità di avere un terrazzino, un giardinetto dove poter prendere un po’ d’aria almeno qualche minuto al giorno», osserva l’architetto spagnolo.
In effetti, sulla scia di una moda di lungo periodo che vede protagonista il verde indoor, rinasce la tendenza ad avere piante in casa. Questa presenza naturale su piccola scala ha molteplici vantaggi, non ultimo il fatto che si tratta di qualcosa che gli stessi padroni di casa possono controllare e implementare a proprio piacimento.
Se restiamo in città, come possiamo soddisfare la voglia di verde in un modo che sia vantaggioso per noi stessi e per l’ambiente? «Il COVID-19 ha risvegliato in molti di noi la necessità di avere un terrazzino, un giardinetto dove poter prendere un po’ d’aria almeno qualche minuto al giorno», osserva l’architetto spagnolo.
In effetti, sulla scia di una moda di lungo periodo che vede protagonista il verde indoor, rinasce la tendenza ad avere piante in casa. Questa presenza naturale su piccola scala ha molteplici vantaggi, non ultimo il fatto che si tratta di qualcosa che gli stessi padroni di casa possono controllare e implementare a proprio piacimento.
«L’effetto isola di calore sta rendendo il clima urbano sempre più caldo ogni anno», spiega il paesaggista giapponese Kazuyuki Ishihara, riferendosi a un fenomeno per cui la sovrabbondanza di superfici dure nelle città sta causando l’aumento delle temperature ambientali. «La natura in città non è soltanto qualcosa da guardare, ma crea anche indispensabile ombra. Penso che sia importante aumentare la quantità di questo tipo di vegetazione, anche attraverso i muri verdi e il verde negli edifici… il rinverdimento delle città contribuirà a ridurre l’effetto isola di calore»
Questo tipo di rinverdimento su piccola scala ha una lunga storia. In Giappone, per esempio, gli tsuboniwa – piccoli e curatissimi giardini privati all’aperto – sono una forma architettonica tradizionale che porta un po’ di verde e un po’ d’aria in piccoli spazi domestici. «Creare uno tsuboniwa al centro di una costruzione permette di vedere il verde da ogni stanza. Si possono trasformare in tsuboniwa piccole superfici inutilizzate, oppure usare gli tsuboniwa come una sorta di recinzione per proteggere la propria privacy dai vicini», ci spiega Kazuyuki Ishihara.
L’arte dello tsuboniwa può trovare applicazione al di fuori del Giappone? «Non credo che qui si debba fare una differenza tra l’Occidente e il Giappone», commenta Ishihara. «Possiamo vederlo come un modo per sfruttare aree non in uso di dimensioni ridotte, trasformandole in spazi verdi. Non è obbligatorio utilizzare piante specificamente giapponesi, ma, piuttosto, piante autoctone della regione in cui ci si trova».
In effetti, approcci simili all’uso dei cortili – con quantità variabili di verde – esistono anche in altre tradizioni architettoniche del mondo.
L’arte dello tsuboniwa può trovare applicazione al di fuori del Giappone? «Non credo che qui si debba fare una differenza tra l’Occidente e il Giappone», commenta Ishihara. «Possiamo vederlo come un modo per sfruttare aree non in uso di dimensioni ridotte, trasformandole in spazi verdi. Non è obbligatorio utilizzare piante specificamente giapponesi, ma, piuttosto, piante autoctone della regione in cui ci si trova».
In effetti, approcci simili all’uso dei cortili – con quantità variabili di verde – esistono anche in altre tradizioni architettoniche del mondo.
Secondo Ishihara, questo tipo di intervento è un buon modello per il rinverdimento delle città moderne. «Gli edifici e gli spazi tendono a essere più piccoli nelle città moderne. La creazione di un piccolo giardino mobile con grandi fioriere e altre attrezzature permette ai residenti di godere della natura nella loro vita privata, perfino negli alloggi in affitto», dice il progettista. «Anche gli spazi pubblici sono sempre più piccoli, e diventa sempre più difficile creare uno spazio verde dinamico. I giardini tsuboniwa offrono una soluzione per aumentare la quantità di natura visibile negli spazi pubblici, anche se ogni singola area verde non è molto grande».
Le opportunità offerte anche dai più piccoli spazi verdi sono state evidenziate dallo chef stellato Michelin Raymond Blanc all’edizione virtuale di quest’anno dell’RHS Chelsea Flower Show di Londra. Nel suo discorso, il cuoco ha accolto gli spettatori sul suo balcone di 4,5 per 3,5 metri e mezzo – «all’incirca le dimensioni del pianeta del Piccolo Principe», ha fatto notare – dove coltiva di tutto, dai fiori commestibili alle erbe aromatiche e alle patate, in piccole fioriere (non ritratte nella foto).
«Questo piccolo giardino… mi dà molta gioia in termini di luce, in termini di piante che ho coltivato», dice lo chef, sottolineando che questa soluzione offre un ulteriore vantaggio ambientale: coltivare il cibo il più possibile a livello locale permette di evitare l’impronta di carbonio dei trasporti.
«Questo piccolo giardino… mi dà molta gioia in termini di luce, in termini di piante che ho coltivato», dice lo chef, sottolineando che questa soluzione offre un ulteriore vantaggio ambientale: coltivare il cibo il più possibile a livello locale permette di evitare l’impronta di carbonio dei trasporti.
Altri modelli sempre più diffusi di rinverdimento urbano sono i giardini verticali, i tetti verdi e l’integrazione del verde nell’architettura dei grattacieli.
Se realizzate bene, queste soluzioni offrono molti vantaggi. I tetti verdi, per esempio – un’altra forma tradizionale in uso fin dal Neolitico - possono ridurre l’impronta di carbonio di un edificio migliorando l’isolamento termico, e possono contribuire ad arricchire la biodiversità urbana.
Se realizzate bene, queste soluzioni offrono molti vantaggi. I tetti verdi, per esempio – un’altra forma tradizionale in uso fin dal Neolitico - possono ridurre l’impronta di carbonio di un edificio migliorando l’isolamento termico, e possono contribuire ad arricchire la biodiversità urbana.
Eppure, molti modelli di spazio verde urbano mostrano di avere dei limiti. Nonostante le loro molteplici potenzialità, queste forme non sono una panacea ambientale.
Per esempio, le collezioni di piante in vaso, pur offrendo molteplici benefici biofili per la nostra salute mentale, contribuiscono poco alla soluzione dei problemi ambientali su larga scala. «Prendersi cura delle piante e vederle prosperare può essere un antidoto ad alcuni dei problemi ambientali che affrontiamo, ma dobbiamo stare attenti, perché comprare più piante da appartamento non aiuterà a combattere problemi come l’inquinamento o il riscaldamento globale», ha spiegato Julia Schoenfeld, fondatrice e direttrice dell’azienda specializzata in verde urbano Underleaf.
Allo stesso modo, se, da un lato, molti muri verdi disponibili in commercio possono fungere da isolante, arricchire la biodiversità e combattere l’effetto isola del calore urbano, dall’altro possono anche essere difficili e costosi da mantenere. Queste strutture richiedono una manutenzione intensiva e regolare, molte si affidano a sistemi di irrigazione che utilizzano sia l’acqua che l’elettricità, e spesso utilizzano piante che devono essere sostituite entro un anno. Inoltre, sono ancora più delicate nei climi particolarmente caldi o freddi.
Per esempio, le collezioni di piante in vaso, pur offrendo molteplici benefici biofili per la nostra salute mentale, contribuiscono poco alla soluzione dei problemi ambientali su larga scala. «Prendersi cura delle piante e vederle prosperare può essere un antidoto ad alcuni dei problemi ambientali che affrontiamo, ma dobbiamo stare attenti, perché comprare più piante da appartamento non aiuterà a combattere problemi come l’inquinamento o il riscaldamento globale», ha spiegato Julia Schoenfeld, fondatrice e direttrice dell’azienda specializzata in verde urbano Underleaf.
Allo stesso modo, se, da un lato, molti muri verdi disponibili in commercio possono fungere da isolante, arricchire la biodiversità e combattere l’effetto isola del calore urbano, dall’altro possono anche essere difficili e costosi da mantenere. Queste strutture richiedono una manutenzione intensiva e regolare, molte si affidano a sistemi di irrigazione che utilizzano sia l’acqua che l’elettricità, e spesso utilizzano piante che devono essere sostituite entro un anno. Inoltre, sono ancora più delicate nei climi particolarmente caldi o freddi.
I grattacieli che incorporano spazi verdi sono considerati senz’altro un’innovazione nel campo dell’ecologia residenziale, ma presentano anche non poche sfide ambientali. «Basti pensare al peso dell’edificio. Una vegetazione di queste dimensioni richiede almeno un metro di spessore del suolo. Sapete quanto pesa un metro cubo di terra? Quasi quanto il cemento! E, poiché la terra è bagnata, pesa di più», dice Royo. «Non vi sembra assurdo realizzare edifici con costi di esecuzione così alti e utilizzare materiali così costosi per sostenere tutto quel peso… per piantare un albero i cui effetti positivi non saranno mai sufficienti per mitigare l’impronta ecologica della costruzione?», commenta il progettista.
Ciò non significa che queste forme di architettura non possano essere adottate in modo da migliorare la nostra vita e allo stesso tempo essere rispettose dell’ambiente, ma semplicemente che occorre pensare di più in linea con lo sviluppo sostenibile. Il progettista russo Gleb Kalyuzhnyuk di OOO GeogGraffiti, per esempio, sottolinea i vantaggi di modelli alternativi di impianti pensati per funzionare con le piante autoctone e siano compatibili con le condizioni locali. In una conferenza tenutasi in occasione dell’edizione 2019 del concorso internazionale di giardinaggio urbano Flower Jam di Mosca, l’architetto ha discusso i modelli di muri verdi che utilizzano sistemi di raccolta dell’acqua piovana, e ha proposto l’alternativa di rinverdire le superfici verticali con muschi autoctoni, che si adattano meglio al freddo clima russo rispetto alle viti importate. «I muri si riempiono di verde da soli, in modo del tutto naturale», ha detto. «E perché non provare, in via sperimentale, a utilizzare pannelli seminati con muschi e un substrato adatto alla loro crescita?».
Ciò non significa che queste forme di architettura non possano essere adottate in modo da migliorare la nostra vita e allo stesso tempo essere rispettose dell’ambiente, ma semplicemente che occorre pensare di più in linea con lo sviluppo sostenibile. Il progettista russo Gleb Kalyuzhnyuk di OOO GeogGraffiti, per esempio, sottolinea i vantaggi di modelli alternativi di impianti pensati per funzionare con le piante autoctone e siano compatibili con le condizioni locali. In una conferenza tenutasi in occasione dell’edizione 2019 del concorso internazionale di giardinaggio urbano Flower Jam di Mosca, l’architetto ha discusso i modelli di muri verdi che utilizzano sistemi di raccolta dell’acqua piovana, e ha proposto l’alternativa di rinverdire le superfici verticali con muschi autoctoni, che si adattano meglio al freddo clima russo rispetto alle viti importate. «I muri si riempiono di verde da soli, in modo del tutto naturale», ha detto. «E perché non provare, in via sperimentale, a utilizzare pannelli seminati con muschi e un substrato adatto alla loro crescita?».
Ci vorrebbe una rivoluzione
Questi modelli possono fornire una risposta biofila al nostro bisogno di natura, ma Moisés Royo ritiene che a lungo termine sia necessario un cambiamento molto più radicale. «Dobbiamo pensare ora al fatto che la città del futuro sarà verticale. Gli edifici ibridi riuniranno le comunità con tutti i servizi, gli usi e le funzioni necessarie. Ci vuole una vera e propria rivoluzione nella città, che significhi molto più del poter aver tutti un semplice terrazzino dove coltivare pomodori biologici. Una rivoluzione che non si è ancora verificata in nessuna città, in nessun angolo del pianeta».
Il progettista spagnolo vede questi strategemmi come dei primi passi che, come dice lui, considera più come un “richiamo alla società” piuttosto che come modelli definitivi praticabili per l’ecologia urbana.
Inoltre, qualsiasi piano per l’integrazione degli spazi verdi negli ambienti urbani dovrebbe tenere conto anche dei fattori sociali. «Neanche le città più densamente popolate, come in Cina, stanno risolvendo il problema», dice. «La progettazione si traduce in grattacieli, torri e celle, ma non esiste un’identità comunitaria, intesa come cultura che possa renderle autosufficienti».
Questi modelli possono fornire una risposta biofila al nostro bisogno di natura, ma Moisés Royo ritiene che a lungo termine sia necessario un cambiamento molto più radicale. «Dobbiamo pensare ora al fatto che la città del futuro sarà verticale. Gli edifici ibridi riuniranno le comunità con tutti i servizi, gli usi e le funzioni necessarie. Ci vuole una vera e propria rivoluzione nella città, che significhi molto più del poter aver tutti un semplice terrazzino dove coltivare pomodori biologici. Una rivoluzione che non si è ancora verificata in nessuna città, in nessun angolo del pianeta».
Il progettista spagnolo vede questi strategemmi come dei primi passi che, come dice lui, considera più come un “richiamo alla società” piuttosto che come modelli definitivi praticabili per l’ecologia urbana.
Inoltre, qualsiasi piano per l’integrazione degli spazi verdi negli ambienti urbani dovrebbe tenere conto anche dei fattori sociali. «Neanche le città più densamente popolate, come in Cina, stanno risolvendo il problema», dice. «La progettazione si traduce in grattacieli, torri e celle, ma non esiste un’identità comunitaria, intesa come cultura che possa renderle autosufficienti».
Itai Palti, direttore dello studio Hume di Tel Aviv – uno studio che nella sua pratica di progettazione si avvale anche della ricerca nel campo delle neuroscienze comportamentali – concorda con chi enfatizza l’importanza dell’aspetto sociale. Secondo il progettista, la richiesta di verde urbano è il sintomo di un problema più ampio. «Il COVID-19 ha esacerbato molti dei problemi che le popolazioni urbane stavano già affrontando: la solitudine, la mancanza di coesione sociale e di resilienza, il bisogno di attività fisica. Gli spazi verdi, se progettati come luoghi che favoriscono sane interazioni sociali e incoraggiano l’impegno, dovrebbero essere considerati indispensabili nella progettazione del paesaggio urbano».
«La distribuzione e il dosaggio sono fondamentali. Dobbiamo abbandonare il modello accettato di investimento nei parchi e adottare un approccio integrativo che non richieda alle persone di dedicare tempo specifico alla natura, ma, piuttosto, di viverla nel loro quotidiano», spiega Itai Palti. «Ha perfettamente senso creare una politica che garantisca l’integrazione della natura in tutta la città, piuttosto che trattarla come una destinazione. Molti parchi urbani non sono visitati spesso – o non lo sono affatto – dai residenti, perché l’accesso è limitato o scomodo a causa della scarsa integrazione di queste aree con le parti della città con cui interagiamo nella nostra routine quotidiana».
«La distribuzione e il dosaggio sono fondamentali. Dobbiamo abbandonare il modello accettato di investimento nei parchi e adottare un approccio integrativo che non richieda alle persone di dedicare tempo specifico alla natura, ma, piuttosto, di viverla nel loro quotidiano», spiega Itai Palti. «Ha perfettamente senso creare una politica che garantisca l’integrazione della natura in tutta la città, piuttosto che trattarla come una destinazione. Molti parchi urbani non sono visitati spesso – o non lo sono affatto – dai residenti, perché l’accesso è limitato o scomodo a causa della scarsa integrazione di queste aree con le parti della città con cui interagiamo nella nostra routine quotidiana».
Una delle zone di accesso pubblico al Queen Elizabeth Olympic Park di Londra
Il potenziale di questo tipo di integrazione degli spazi verdi è ben illustrato dallo sviluppo del Queen Elizabeth Olympic Park di Londra. Il Villaggio degli atleti delle Olimpiadi del 2012 è stato trasformato nell’East Village, un complesso residenziale di 2.818 unità, di cui il 49% sono alloggi a prezzi accessibili. L’area comprenderà anche centri culturali come una scuola, una clinica e le sedi distaccate della University College di Londra, del Victoria and Albert Museum e del Sadler’s Wells Theatre.
Sia gli edifici residenziali che quelli pubblici sono inseriti in spazi verdi rivitalizzati che promuovono la biodiversità attraverso una varietà di ambienti, che vanno dai giardini ornamentali agli habitat delle zone umide. Nel suo intervento all’RHS Chelsea Flower Show di quest’anno, la paesaggista Charlotte Harris ha commentato così questo progetto di sviluppo urbano: «Ciò che mi piace di quello che è stato fatto in questo nuovo quartiere è che questi incredibili parchi tascabili sono stati mantenuti fino in fondo. È stato capito che gli alberi, la fauna selvatica e l’inverdimento hanno un beneficio altamente positivo per tutti coloro che vivono qui».
È in corso un dibattito sull’impatto sociale finale di questo nuovo insediamento, ma si tratta di un buon esempio di come lo spazio fisico possa essere riorganizzato per incorporare sia lo spazio verde sia degli obiettivi sociali e comunitari.
Il potenziale di questo tipo di integrazione degli spazi verdi è ben illustrato dallo sviluppo del Queen Elizabeth Olympic Park di Londra. Il Villaggio degli atleti delle Olimpiadi del 2012 è stato trasformato nell’East Village, un complesso residenziale di 2.818 unità, di cui il 49% sono alloggi a prezzi accessibili. L’area comprenderà anche centri culturali come una scuola, una clinica e le sedi distaccate della University College di Londra, del Victoria and Albert Museum e del Sadler’s Wells Theatre.
Sia gli edifici residenziali che quelli pubblici sono inseriti in spazi verdi rivitalizzati che promuovono la biodiversità attraverso una varietà di ambienti, che vanno dai giardini ornamentali agli habitat delle zone umide. Nel suo intervento all’RHS Chelsea Flower Show di quest’anno, la paesaggista Charlotte Harris ha commentato così questo progetto di sviluppo urbano: «Ciò che mi piace di quello che è stato fatto in questo nuovo quartiere è che questi incredibili parchi tascabili sono stati mantenuti fino in fondo. È stato capito che gli alberi, la fauna selvatica e l’inverdimento hanno un beneficio altamente positivo per tutti coloro che vivono qui».
È in corso un dibattito sull’impatto sociale finale di questo nuovo insediamento, ma si tratta di un buon esempio di come lo spazio fisico possa essere riorganizzato per incorporare sia lo spazio verde sia degli obiettivi sociali e comunitari.
Il troll Kaptajn Nalle del progetto Journey to the Giant Troll Folk Festival di Thomas Dambo. Foto di Thomas Dambo
Altre città hanno cercato di ricordare alla gente il verde che c’è già. Questo è in particolare il caso dell’iniziativa The Journey to the Giant Troll Folk Festival, promossa dal danese Thomas Dambo. L’artista ha installato enormi statue che rappresentano creature mitiche, realizzate con materiali riciclati, in spazi pubblici poco noti nei dintorni di Copenhagen, così come altrove in Danimarca e nel mondo. Allestito come una caccia al tesoro, il progetto spera di incoraggiare le persone a esplorare le aree verdi vicine di cui potrebbero non essere a conoscenza: «È una specie di caccia al tesoro, un regalo per le famiglie danesi… I troll ci aiutano a ricordare che ci sono questi posti bellissimi, praticamente nei nostri cortili», ha spiegato in un’ intervista rilasciata al National Geographic.
Altre città hanno cercato di ricordare alla gente il verde che c’è già. Questo è in particolare il caso dell’iniziativa The Journey to the Giant Troll Folk Festival, promossa dal danese Thomas Dambo. L’artista ha installato enormi statue che rappresentano creature mitiche, realizzate con materiali riciclati, in spazi pubblici poco noti nei dintorni di Copenhagen, così come altrove in Danimarca e nel mondo. Allestito come una caccia al tesoro, il progetto spera di incoraggiare le persone a esplorare le aree verdi vicine di cui potrebbero non essere a conoscenza: «È una specie di caccia al tesoro, un regalo per le famiglie danesi… I troll ci aiutano a ricordare che ci sono questi posti bellissimi, praticamente nei nostri cortili», ha spiegato in un’ intervista rilasciata al National Geographic.
Sembra che abbiamo finalmente imparato a cercare la natura per quello che è, per il piacere di gustare una patata coltivata sul nostro balcone, o di abbandonarci alla magia della pesca al troll in un fiume che è sempre stato lì, appena al di là del nostro abituale campo visivo o del nostro spettro di attenzione.
«La mia città ideale è una città che non ruota intorno all’efficienza, e che comprende la gamma dei bisogni dell’uomo, al di là della produttività. La reintegrazione della natura negli spazi costruiti può essere parte di questo sforzo per rimodellare l’esperienza urbana», conclude Itai Palti. «Abbiamo progettato le nostre strade con un approccio meccanico a ciò che la città dovrebbe offrire, e questo è uno dei motivi per cui “scappiamo” dalla città per provvedere al nostro bisogno di scoperta, esplorazione e prospettiva».
Che ne dici? Quale di questi modelli urbani credi avrà maggiore successo? Scrivici nei Commenti.
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«La mia città ideale è una città che non ruota intorno all’efficienza, e che comprende la gamma dei bisogni dell’uomo, al di là della produttività. La reintegrazione della natura negli spazi costruiti può essere parte di questo sforzo per rimodellare l’esperienza urbana», conclude Itai Palti. «Abbiamo progettato le nostre strade con un approccio meccanico a ciò che la città dovrebbe offrire, e questo è uno dei motivi per cui “scappiamo” dalla città per provvedere al nostro bisogno di scoperta, esplorazione e prospettiva».
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La questione va dritta al cuore dell’urbanistica e dell’architettura residenziale, della pianificazione degli spazi pubblici e privati, nonché della progettazione della casa e dei servizi esterni. I possibili risultati e le possibili soluzioni coprono un’intera gamma di opzioni, dal giardino delle erbe aromatiche sul davanzale di una finestra a massicci cambiamenti demografici. Le popolazioni urbane si riverseranno nelle campagne? Abbiamo bisogno di costruire più parchi pubblici e architettura verde o, piuttosto, dobbiamo puntare su maggiori opportunità di avere giardini privati e domestici? Le piante da appartamento e i muri viventi sono la risposta giusta? Houzz si è rivolta ad alcuni professionisti provenienti da tutto il mondo per interpellarli sulla loro visione del futuro del verde urbano e su ciò che tutto questo significa per noi, per la nostra società e per l’ambiente.