Le Case di Houzz
Architettura e design
Il Restauro della Saracena, la Villa dell'architetto Moretti
Il progetto di recupero per il progetto La Saracena, villa storica sul litorale romano
Un ritorno all’antico splendore quello della La Saracena, villa costruita dall’architetto Luigi Moretti (1906-1973) nel 1954 per la principessa Luciana Pignatelli d’Aragona Cortez. Una bellezza ritrovata, grazie all’interessante e complesso lavoro di restauro curato dall’architetto Paolo Verdeschi.
Il progetto di restauro della Saracena e la sua realizzazione sono stati considerati da DOCOMOMO Italia (DOcumentation and COnservation of buildings, sites and neighbourhoods of the MOdern MOvement) tra i tre migliori nell’ambito del restauro del moderno realizzati in Italia dal 2010 al 2021 e sarà inviato al Docomomo Rehabilitation Award International.
Il progetto di restauro della Saracena e la sua realizzazione sono stati considerati da DOCOMOMO Italia (DOcumentation and COnservation of buildings, sites and neighbourhoods of the MOdern MOvement) tra i tre migliori nell’ambito del restauro del moderno realizzati in Italia dal 2010 al 2021 e sarà inviato al Docomomo Rehabilitation Award International.
Esterno della fortezza La Saracena vista dall’interno del giardino anteriore definito da Moretti “le fauci”
La scenografica dimora del grande architetto Luigi Moretti, firma di progetti di urbanistica e architettura durante il ventennio fascista e dopo, da Roma a Milano, fino in America (Watergate) e in Canada (Torre della Borsa di Montréal), è adagiata sul litorale romano, a Santa Marinella, non lontano da Roma.
Si tratta di una perla segreta della nostra architettura, ultimamente compresa nel video del cantante Delmoro per la canzone Lanthimos, girato all’interno e all’esterno della villa. Si nota anche il cancello del grottone realizzato dalla figlia della proprietaria, l’architetta Maria Costanza Magli.
Paolo Verdeschi ha curato i lavori di restauro che hanno riportato la Saracena alla bellezza originaria e ne è stato così conquistato da ambientarci un romanzo giallo, dal titolo omonimo (La Saracena, pubblicato da CSA editrice).
La scenografica dimora del grande architetto Luigi Moretti, firma di progetti di urbanistica e architettura durante il ventennio fascista e dopo, da Roma a Milano, fino in America (Watergate) e in Canada (Torre della Borsa di Montréal), è adagiata sul litorale romano, a Santa Marinella, non lontano da Roma.
Si tratta di una perla segreta della nostra architettura, ultimamente compresa nel video del cantante Delmoro per la canzone Lanthimos, girato all’interno e all’esterno della villa. Si nota anche il cancello del grottone realizzato dalla figlia della proprietaria, l’architetta Maria Costanza Magli.
Paolo Verdeschi ha curato i lavori di restauro che hanno riportato la Saracena alla bellezza originaria e ne è stato così conquistato da ambientarci un romanzo giallo, dal titolo omonimo (La Saracena, pubblicato da CSA editrice).

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La Saracena con la pensilina ricostruita
La Saracena è una villa unifamiliare e segue la tipologia di villa a corte aperta con una soluzione architettonica che integra fabbricato e spazi esterni. Il particolare suggestivo nasce dalla sua duplice natura, la villa infatti gode di due prospettive differenti. È protetta e difensiva verso terra, la “torre”, con le finestre-“feritoie” e il giardino circolare di accesso chiuso da un alto muro tagliato da uno stretto passaggio.
Verso il mare, la torre si apre attraverso le grandi finestre delle camere da letto, il lungo salone “promenade” che collega la terra con il mare, termina con una pensilina che richiama le alberature di una barca a vela, invitando alla vista dell’orizzonte che unisce cielo e mare.
La Saracena è una villa unifamiliare e segue la tipologia di villa a corte aperta con una soluzione architettonica che integra fabbricato e spazi esterni. Il particolare suggestivo nasce dalla sua duplice natura, la villa infatti gode di due prospettive differenti. È protetta e difensiva verso terra, la “torre”, con le finestre-“feritoie” e il giardino circolare di accesso chiuso da un alto muro tagliato da uno stretto passaggio.
Verso il mare, la torre si apre attraverso le grandi finestre delle camere da letto, il lungo salone “promenade” che collega la terra con il mare, termina con una pensilina che richiama le alberature di una barca a vela, invitando alla vista dell’orizzonte che unisce cielo e mare.
La grande sala principesca per ricevimenti, con pavimenti in ceramica smaltata, decorata dal pittore Marcello Grisotti
«Quando sono entrato nella villa, La Saracena era in uno stato di abbandono totale, la solarità del salone era sparita, sostituita da una inquietante cupezza. Da lì è nato lo spunto per il mio romanzo giallo e la spinta a un forte impegno per il progetto di restauro. Ho provato sgomento quando, il giorno del primo sopralluogo, ho visto le condizioni in cui versava. Lo stato di degrado, soprattutto della galleria-salone, era al limite del collasso», racconta l’architetto Verdeschi che continua: «ll primo lavoro, ancora prima di approntare un progetto degli interventi di restauro, è consistito nel mettere in sicurezza la villa e la sua copertura dalle infiltrazioni d’acqua piovana».
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«Quando sono entrato nella villa, La Saracena era in uno stato di abbandono totale, la solarità del salone era sparita, sostituita da una inquietante cupezza. Da lì è nato lo spunto per il mio romanzo giallo e la spinta a un forte impegno per il progetto di restauro. Ho provato sgomento quando, il giorno del primo sopralluogo, ho visto le condizioni in cui versava. Lo stato di degrado, soprattutto della galleria-salone, era al limite del collasso», racconta l’architetto Verdeschi che continua: «ll primo lavoro, ancora prima di approntare un progetto degli interventi di restauro, è consistito nel mettere in sicurezza la villa e la sua copertura dalle infiltrazioni d’acqua piovana».
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«La prima questione nell’affrontare il restauro della villa La Saracena è stata quella di individuare il corretto e adeguato iter metodologico. Il dibattito nell’ambito del restauro del moderno è molto attivo e vario, con numerosi interventi compiuti su importanti opere d’architettura. Esempi utilissimi ma sempre legati all’unicità dell’opera (caso per caso), alla sua storia, alle sue caratteristiche costruttive e allo stato di degrado. Sono sempre criteri, principi e postulati del restauro moderno, criticamente e scientificamente inteso, corrispondenti a quelli elaborati per il tradizionale intervento conservativo dei monumenti: distinguibilità, minimo intervento, potenziale reversibilità, rispetto dell’autenticità e della materia antica, compatibilità fisico-chimica delle aggiunte, riconoscimento sotto la duplice istanza estetica e storica dell’opera. Nel caso della villa La Saracena questi principi sono stati adottati, associando il tipo d’intervento alle varie parti da restaurare», ha dichiarato l’architetto Verdeschi.
Sguardi sul mare da una delle quattro camere padronali della torre saracena
Aspra come una fortezza, dalla struttura portante in cemento armato, vista dalla strada, La Saracena si spalanca come un sorriso dal lato del mare, come per abbandonare ogni schermaglia amorosa al richiamo delle sirene del Tirreno.
La villa si protende verso il mare con la pensilina che è stata ricostruita completamente ed è quello l’elemento forte “a reazione poetica”.
La Saracena si distende verso il mare come una grande nave bianca.
Aspra come una fortezza, dalla struttura portante in cemento armato, vista dalla strada, La Saracena si spalanca come un sorriso dal lato del mare, come per abbandonare ogni schermaglia amorosa al richiamo delle sirene del Tirreno.
La villa si protende verso il mare con la pensilina che è stata ricostruita completamente ed è quello l’elemento forte “a reazione poetica”.
La Saracena si distende verso il mare come una grande nave bianca.
«Si è dovuto presentare e far approvare il progetto di restauro da tutti gli uffici competenti compresa la Capitaneria di Porto, per dare il via ai lavori».
Come ogni edificio affacciato sul mare, anche La Saracena ha combattuto le sue battaglie contro la salsedine e gli agenti atmosferici. L’attenzione dell’architetto Verdeschi è stata rivolta sia agli intonaci che agli infissi esterni, finestre e persiane.
Dall’analisi dello stato di degrado si è passati al restauro vero e proprio. Per quanto riguarda gli infissi, si sono reintegrate delle parti marcite con l’impiego del legno recuperato delle finestre del salone. Un’accurata pulizia è stata dedicata alle ferramenta (maniglie, cerniere, serrature).
Come ogni edificio affacciato sul mare, anche La Saracena ha combattuto le sue battaglie contro la salsedine e gli agenti atmosferici. L’attenzione dell’architetto Verdeschi è stata rivolta sia agli intonaci che agli infissi esterni, finestre e persiane.
Dall’analisi dello stato di degrado si è passati al restauro vero e proprio. Per quanto riguarda gli infissi, si sono reintegrate delle parti marcite con l’impiego del legno recuperato delle finestre del salone. Un’accurata pulizia è stata dedicata alle ferramenta (maniglie, cerniere, serrature).
Il restauro è stato conservativo, per quanto riguarda gli intonaci esterni distaccati, partendo dall’analisi chimica, fino allo studio della tecnica di realizzazione, alla pulitura, al consolidamento delle parti distaccate, con la reintegrazione delle parti mancanti con gli stessi materiali. Il lavoro di restauro ha fatto in modo che La Saracena ritrovasse la sua antica seduzione, frutto del progetto morettiano.
Il biancore degli esterni e degli interni dialoga con le tonalità del Tirreno, la luce e il verde. Gli ambienti sono essenziali, ogni dettaglio dell’arredamento è stato curato nel rispetto delle scelte morettiane. Come i pavimenti, secondo le scelte di Moretti, di un “giallo napoletano chiarissimo”. Il restauro – come ha svelato Paolo Verdeschi – ha reintegrato i colori originali scoperti durante i lavori come le pareti del piano interrato, di colore rosa. Questa interessante scoperta, considerato il candore di tutta la villa, secondo l’architetto, «è stata una delle più inattese sorprese che sono venute alla luce durante i lavori».
La scala interna
Per un lavoro di qualità, nel campo del restauro del moderno, occorre, se possibile, avere informazioni dalle persone che in qualche modo hanno avuto un rapporto con l’oggetto del restauro, anche una memoria visiva. «Una volta regolarizzato l’aspetto edilizio si è passati al reperimento di qualsiasi documento, anche testimonianze orali, che potessero contribuire alla redazione del progetto di restauro. Il fondo Moretti presso l’Archivio di Stato, l’archivio Moretti-Magnifico, le molte pubblicazioni (prima tra tutte la monografia La Saracena di Luigi Moretti, Silvana Editoriale, della professoressa Annalisa Viati Navone) sono state fonti preziose».
«Importantissime le testimonianze, anche se tardive, dei principi Fabrizia e Diego Pignatelli Cortes D’Aragona, che hanno confermato le ipotesi sui colori ritrovati che contribuiscono a una visione completamente nuova di quest’opera. Abbiamo avuto informazioni interessanti anche da abitanti e turisti abituali di Santa Marinella riguardo all’originario cancello del grottone, opera della scultrice Claire Falkensteine, e alla pensilina fronte mare, entrambi andati persi».
Il segreto del fascino magnetico de La Saracena «è differente per ogni persona che la visita e dipende dalla sensibilità e dalla cultura di ognuno», racconta il progettista. Difficile restare indifferenti alla sua malia, osservando la sua austerità apparente e conoscendo poi la sua natura di apertura al dialogo verso il mare.
Come dialoga La Saracena con la suggestiva Casa Malaparte a Punta Massullo sull’isola di Capri (un altro capolavoro dell’architettura del Novecento, dimora del controverso scrittore Curzio Malaparte, opera di Adalberto Libera)? «Pur essendo due ville dal linguaggio differente sono entrambe chiuse e ‘scontrose’. Sono opere di due grandi maestri che si conoscevano bene, hanno inoltre in comune l’altissima qualità architettonica, il potere evocativo fortemente poetico e il loro protendersi sul mare: questo è il motivo per cui il mio libro inizia sul tetto di villa Malaparte», risponde l’architetto.
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Colpo d’occhio
Dove: Capolinaro, Santa Marinella, Litorale romano
Il progettista: progetto originario dell’ architetto e critico d’arte Luigi Moretti (1906-1973); restauro dell’architetto Paolo Verdeschi (collaboratori: arch. Flavio Fiorucci, arch. Giulio Valerio Mancini, arch. Giulia Seppiaci)
Chi ci abita: buen retiro di Eleonora Cecconi
Durata dei lavori: inizio giugno 2016, fine marzo 2020
Superficie complessiva: 2500 m²
Superficie della dimora: 750 m²