Le Case di Houzz
My Houzz: Restyling Emotivo per la Famiglia di Tipic Design
Una casa transitoria che diventa definitiva, da ripensare con una ristrutturazione leggera e tanti oggetti della memoria
Una casa quasi per caso. Sei anni fa, Lucilla, Tommaso e il loro figlio Pietro si sono temporaneamente trasferiti nella vecchia casa della nonna di Lucilla. Una sistemazione che, almeno sulla carta, doveva essere a tempo determinato: in cerca di nuove avventure ed esperienze professionali, Lucilla e Tommaso – coppia sul lavoro oltre che nella vita, oggi tra i soci dell’agenzia di design e comunicazione Tipic – stavano pianificando un trasferimento definitivo in Estremo Oriente. In quella che in quel momento era vissuta come una casa di passaggio, una ristrutturazione radicale non appariva molto sensata: troppe le risorse, sia di tempo che economiche, da mettere in campo per una permanenza di solo pochi mesi.
A dispetto di quelli che al giorno d’oggi tendiamo a percepire perlopiù come difetti – le stanze, piccole e numerose, collegate da lunghi corridoi; i marmi a pavimento; bagni con sanitari rosa e piastrelle con grandi decorazioni floreali – la casa manifestava numerose potenzialità. La funzione dei suoi spazi, infatti, era organizzata secondo gli stilemi della classica casa borghese, precisa Tommaso, «quella che ripropone il sogno di una casa nobile, dove le stanze sono sempre precedute da un’anticamera, ed ogni camera sembra predestinata ad una funzione precisa. La casa offriva spazi interessanti e piacevoli che bastava solamente riscoprire».
In un’epoca dove l’open space sembra farla da padrone, l’ingresso è quella componente per l’appunto “borghese” che Lucilla e Tommaso hanno voluto rivalutare e preservare a tutti i costi.
«L’ingresso è un preludio necessario alle altre stanze della casa ed è anche uno spazio molto intimo», ci dice Lucilla raccontandoci la sua esperienza personale con questo specifico spazio. «Ci piace avere una vita sociale intensa e casa nostra è un porto di mare. Per questo, quando le persone entrano ed escono, rimane sempre un luogo importante per il saluto come per il commiato”.
In un’epoca dove l’open space sembra farla da padrone, l’ingresso è quella componente per l’appunto “borghese” che Lucilla e Tommaso hanno voluto rivalutare e preservare a tutti i costi.
«L’ingresso è un preludio necessario alle altre stanze della casa ed è anche uno spazio molto intimo», ci dice Lucilla raccontandoci la sua esperienza personale con questo specifico spazio. «Ci piace avere una vita sociale intensa e casa nostra è un porto di mare. Per questo, quando le persone entrano ed escono, rimane sempre un luogo importante per il saluto come per il commiato”.
Ridipinto in antracite, l’ingresso è animato da piccole macchie di colore e da curiosi oggetti propiziatori, delineando un gusto per la contaminazione e l’accostamento non scontato che caratterizza anche tutte le altre stanze della casa. A parete, al centro di una circonferenza dipinta in verde chiaro, trova posto una testa di elefante progettata dallo studio Aldo Cibic, con cui Tommaso ha collaborato per dieci anni dirigendone la sezione dedicata al design. Realizzate in ceramica smaltata, le teste erano state prodotte per una installazione. «Era un oggetto a cui mi sentivo legato», ricorda Tommaso spiegandone l’origine «un trofeo per definizione e, allo stesso tempo, anche il mio personale ricordo di un trofeo, ovvero un lavoro felicemente portato a termine. Infine, quando l’elefante ha la proboscide alzata è da sempre considerato di buon augurio».
Tra gli altri oggetti porta fortuna che ritroviamo in ingresso, non manca un riferimento al tanto amato Oriente. Si tratta del tanuki, iconico cane-procione acquistato nel corso di un viaggio a Kyoto. Animale propiziatorio nella religione animista giapponese, è stato eletto ad animale simbolo della fantasia di famiglia e in virtù della sua funzione augurale è stato anch’esso collocato non lontano dalla porta di ingresso.
Senza colpi di scena, eppure piacevolmente calibrato nella sua sovrapposizione di mobili, oggetti e ricordi, il grande soggiorno accoglie un angolo con il tavolo da pranzo, una libreria piena di libri e un angolo salotto. Baricentro della stanza, uno spigliato divano a due posti in velluto giallo cattura subito lo sguardo. Recuperato a poco prezzo da Lucilla in una cooperativa dell’usato quindici anni fa e successivamente ritappezzato, è uno dei primi modelli di Vico Magistretti per De Padova. Sul soffitto, fa da contraltare una tinta color avio che dà profondità e carattere a questo grande volume.
In questa immagine possiamo osservare forse l’unico oggetto con velleità da protagonista di tutta la stanza. Si tratta di una curiosa panca rivestita da tessere di mosaico sulla quale è stato posizionato lo stereo. Originariamente prodotta da Bisazza per la Biennale di Venezia su disegno di Aldo Cibic, la panca si era trasformata negli anni in un piccolo oggetto di culto che molte persone, ahinoi, avevano finito per “sottrarre” dai giardini della Biennale. «Io non l’ho certo rubata!», ci rassicura Tommaso raccontandocene la storia, «ma era un bell’oggetto che mi fa piacere avere a casa». La panca è affiancata da due grandi casse professionali, che fanno trapelare il gusto per l’audiofilia dei padroni di casa.
Sulla libreria, la presenza di soprammobili è intervallata da collezioni di oggetti, come le numerose boule de neige che si impongono sull’ultimo ripiano.
Prima denigrato e poi nuovamente apprezzato nella sua funzione di cuscinetto con il salotto, il corridoio a L si sviluppa a partire dall’ingresso e conduce alla zona notte.
Il tappeto-guida che vediamo a terra è stato acquistato durante un viaggio in Cappadocia. La lampada a sospensione, invece, ha una provenienza curiosa: si tratta di una speciale lampada da terrario per i rettili, che in virtù della sua fosforescenza si spegne piano piano, regalando un’aura magica che si dissolve progressivamente.
Il tappeto-guida che vediamo a terra è stato acquistato durante un viaggio in Cappadocia. La lampada a sospensione, invece, ha una provenienza curiosa: si tratta di una speciale lampada da terrario per i rettili, che in virtù della sua fosforescenza si spegne piano piano, regalando un’aura magica che si dissolve progressivamente.
Accessibile dall’ingresso, la cucina è l’unica stanza della casa che è stata rifatta nella sua interezza. Lontana dall’estetica delle cucine componibili, a cui preferisce un mix&match molto casual, si distingue per un inedito trattamento delle pareti, che sono state decorate con una malta grezza con finitura bocciardata per allontanare quella sensazione da “tinta piatta tipica delle case nuove.
Il pensile sopra i fornelli, invece, proviene dalla casa di alcuni amici milanesi ed è stato sbiancato direttamente dai padroni di casa. Al centro della stanza, circondato da sedie volutamente spaiate, troviamo poi un vecchio tavolo emiliano per fare la pasta fatta in casa con piano di marmo e matterello a incasso.
Nel ménage familiare, la cucina si è trasformata in uno spazio intimo dove ritrovarsi con complicità al momento dei pasti o dove trattenersi a lavorare o chiacchierare. È proprio la sua dimensione raccolta – ancora una volta, il contrario dell’open space – a dettarne la piacevolezza: «un piccolo spazio», ce lo descrivono Lucilla e Tommaso, quasi confidandoci un segreto, mai fino in fondo ovvio, «che ti contorna in certi momenti della vita e che è in grado di assecondare un modo di vivere che ti piace. Aiutando a costruire una scenografia familiare che dà qualità alla giornata».
Ancora una volta intimo, ancora una volta raccolto, lo studio è utilizzato da Lucilla e Tommaso per sessioni lavorative ad alto tasso di produttività. La sua scarsa illuminazione naturale, dovuta al fatto che l’unica finestra si affaccia su un piccolissimo cavedio, ha contribuito a trasformarla in una stanza della concentrazione. Al muro domina un colore verde militare tra il verde e l’antracite, mentre la luce diffusa, invece, arriva da un bank, la lampada utilizzata dai fotografi, qui riadattata come lampada a sospensione.
Meno satura della zona giorno, ma non per questo meno priva di amuleti, souvenir e ricordi, la stanza padronale si distingue per una spigliata semplicità. I muri bianchi accolgono qua e là piccoli oggetti e tributi ancora una volta sentimentali. «Non collezioniamo esclusivamente oggetti di viaggio, direi piuttosto che ci piacciono le cose che ci piacciono, che finiscono per accompagnarci e che si consolidano trasformandosi in una memoria», confermano i padroni di casa.
Accanto al letto, il comodino di Lucilla è capeggiato da una Madonna messicana regalatale dalla sua più cara amica e testimone di nozze. Sopra, amuleti giapponesi sono affiancati a rosari cristiani, ancora regali donati a Lucilla in un momento della sua vita in cui ha dovuto fronteggiare un brutto problema di salute. Di questa esperienza le è rimasta anche la voglia di collezionare oggetti votivi – religiosi, secolari o pagani poco importa – che continua a prendere nei santuari visitati in occasione dei cammini percorsi in famiglia e raccontati anche dal blog familiare Family On Trip.
Sempre in camera da letto, un comò del ‘600 è capeggiato da un dipinto di Emanuele Luzzati. Tutti i pezzi di antiquariato che costellano a più riprese l’arredamento provengono da casa di Lucilla, grande amante dei mobili antichi a dispetto di Tommaso, che preferisce invece quelli moderni. «È stata una guerra di litigi notevole» ci raccontano Lucilla e Tommaso in una risata, «ma è stata una guerra che ha arricchito entrambi». E che ha saputo consolidare, almeno all’occhio di un osservatore esterno, un equilibrio solido e spontaneo tra stili e registri apparentemente diversi.
Anche la camera di Pietro sembra tradire la stessa inclinazione alla contaminazione che caratterizza il gusto dei genitori. Grande collezionista, fa fatica a liberarsi di vecchi giochi e oggetti. Lucilla in questo gli assomiglia, mentre Tommaso, come impersonando un’ennesima antitesi, propenderebbe per una eliminazione sistematica. Una tensione tra il tanto o il poco, o tra il vecchio e il nuovo, che in ultima istanza sembra giovare a tutti, favorendo la riorganizzazione spontanea di un equilibrio familiare che a cadenza regolare sembra ricomporsi naturalmente.
Mai rifatto dal momento della costruzione della casa, il bagno cela delle piccole chicche da amatori del vintage nostrano, come i sanitari bombati in rosa pallido, oggi ricontestualizzati grazie all’applicazione di una vernice verde militare a parete.
Infine, il grande balcone vivacizzato da piante saltuarie è per lo più vissuto come un’ennesima cortina con il mondo esterno. Epicentro di qualche sporadica cena estiva, ma soprattutto territorio d’elezione di Tommaso, si prefigura come un ennesimo guardiano dell’intimità familiare. Pronto a far filtrare la luce e al tempo stesso a marcare la giusta distanza con i ritmi e i gusti del mondo circostante.
Nella nostra rubrica My Houzz proponiamo interessanti e originali abitazioni di proprietari di case e inquilini. Se vuoi partecipare inviaci alcune foto con una breve descrizione dell’abitazione a redazione@houzz.com. Ove decidessimo di fotografare in esclusiva la tua casa, ti contatteremo al più presto.
Nella nostra rubrica My Houzz proponiamo interessanti e originali abitazioni di proprietari di case e inquilini. Se vuoi partecipare inviaci alcune foto con una breve descrizione dell’abitazione a redazione@houzz.com. Ove decidessimo di fotografare in esclusiva la tua casa, ti contatteremo al più presto.
Colpo d’occhio
Chi ci abita: Lucilla Fazio e Tommaso Corà con il figlio Pietro
Dove: Vicenza
Anno di costruzione: 1968
Superficie: 140 mq suddivisi tra un ingresso, un corridoio, un salotto, una cucina, due stanze da letto, uno studio, due bagni.
Mai ristrutturato dall’anno della sua costruzione, il 1968, l’appartamento era caratterizzato dai tratti tipici dell’estetica anni ‘60. Come renderlo, allora, velocemente abitabile? Come allinearlo al gusto di una giovane famiglia di architetti e designer? «L’approccio è stato inevitabilmente leggero», raccontano ad Houzz Lucilla e Tommaso. «Poiché una ristrutturazione radicale era di fatto impraticabile, abbiamo optato per un restyling di tipo cosmetico, votato a riconfigurare le caratteristiche superficiali dell’involucro». Una volta svuotato l’appartamento, tutta la scelta si è giocata intorno all’individuazione di una nuova cartella colori alle pareti e di materiali facili da applicare sulle superfici, come ad esempio la vernice bianca per le vecchie porte scure in noce e le resine epossidiche su pavimenti e piastrelle». Piano piano, secondo un ritmo naturale, lo spazio si è riadattato alla loro visione della vita. E mentre il trasferimento in Estremo Oriente è stato progressivamente accantonato, la casa di passaggio è stata coronata come residenza definitiva del nucleo familiare.