Le Case di Houzz: Recuperare e Rendere Contemporanea una Villa Colonica
La conversione di una vecchia cascina nella campagna delle Marche mette insieme essenzialità e celebrazione delle origini
Come salvaguardare il fascino di un’antica colonica e al tempo stesso ricavare uno spazio assolutamente fruibile secondo i presupposti contemporanei del comfort? In un angolo incantato delle Marche, l’architetto Roy David lavora a un progetto di conversione intorno all’archetipo della dimora di campagna in Italia. Prediligendo un’assoluta pulizia e disciplina di segni, rispetto filologico per i materiali originali e un ideale di praticità per garantire piena godibilità e facilità d’uso della struttura.
Altri tre architetti specializzati nella ristrutturazione di casali e antiche dimore dicono la loro sul progetto e sull’eterno dibattito tra ristrutturare e conservare: Marco Carlini, Fabio Carria e Mauro Rivolta dello Studio Ecoarch.
Altri tre architetti specializzati nella ristrutturazione di casali e antiche dimore dicono la loro sul progetto e sull’eterno dibattito tra ristrutturare e conservare: Marco Carlini, Fabio Carria e Mauro Rivolta dello Studio Ecoarch.
Colpo d’occhio
Chi ci abita: una famiglia di Tel Aviv durante le proprie vacanze
Anno di costruzione: metà Ottocento
Anno di ristrutturazione: 2014
Architetto: Roy David
Superficie: 170 m² articolati tra una grande zona living a pian terreno, tre camere da letto al primo piano insieme a bagni e disimpegni
Il particolare interessante: la struttura originale, una vecchia colonica con annessa la stalla, è stata completamente ristrutturata cercando di preservare per quanto possibile la struttura e i materiali originali.
L’architetto che ha realizzato il progetto di ristrutturazione, Roy David – dell’omonimo studio con sede a Tel Aviv e progetti dislocati in tutto il mondo – si dice ispirato, per metodo e approccio, ad un esercizio di rilettura del contesto che mette al centro il territorio, le sue peculiarità paesaggistiche e architettoniche e la più ampia cultura che lo anima. Una rilettura, però, non miope e didascalica nella necessità imprescindibile di preservare ogni elemento originale, ma capace al contrario di saper giocare con qualche piccolo colpo di coda e di rispettare e assecondare i desideri della committenza.
Chi ci abita: una famiglia di Tel Aviv durante le proprie vacanze
Anno di costruzione: metà Ottocento
Anno di ristrutturazione: 2014
Architetto: Roy David
Superficie: 170 m² articolati tra una grande zona living a pian terreno, tre camere da letto al primo piano insieme a bagni e disimpegni
Il particolare interessante: la struttura originale, una vecchia colonica con annessa la stalla, è stata completamente ristrutturata cercando di preservare per quanto possibile la struttura e i materiali originali.
L’architetto che ha realizzato il progetto di ristrutturazione, Roy David – dell’omonimo studio con sede a Tel Aviv e progetti dislocati in tutto il mondo – si dice ispirato, per metodo e approccio, ad un esercizio di rilettura del contesto che mette al centro il territorio, le sue peculiarità paesaggistiche e architettoniche e la più ampia cultura che lo anima. Una rilettura, però, non miope e didascalica nella necessità imprescindibile di preservare ogni elemento originale, ma capace al contrario di saper giocare con qualche piccolo colpo di coda e di rispettare e assecondare i desideri della committenza.
È stato proprio grazie a un fitto scambio di opinioni e versioni preliminari con i committenti che la residenza Monteparol ha progressivamente preso forma. L’idea iniziale, che era poi quella di optare per un restauro conservativo e di rispondere all’idea anche un po’ mitizzata della casa vacanze in Italia, si è ulteriormente sviluppata intorno ad un concetto di residenza che è innanzitutto un luogo per l’accoglienza pratica.
Non una casa vetrina, dunque, ma una bella dimora votata all’essenzialità, con pochi mobili dalle migliori finiture, ma senza quell’aura da casa museo piena di cosiddetti oggetti di valore ma asettici.
Una casa, dunque, che voleva essere prima di tutto comoda soprattutto per chi arriva dall’estero e non vuole consumare i propri giorni di vacanza a sistemare e mantenere un’abitazione piena di oggetti e ricordi.
Non una casa vetrina, dunque, ma una bella dimora votata all’essenzialità, con pochi mobili dalle migliori finiture, ma senza quell’aura da casa museo piena di cosiddetti oggetti di valore ma asettici.
Una casa, dunque, che voleva essere prima di tutto comoda soprattutto per chi arriva dall’estero e non vuole consumare i propri giorni di vacanza a sistemare e mantenere un’abitazione piena di oggetti e ricordi.
I lavori, durati oltre sei mesi, sono stati gestiti in collaborazione con una ditta locale che si è occupata delle pratiche urbanistiche e che ha seguito tutte le attività del cantiere.
Il primo passo, imprescindibile, è stato quello di mettere in sicurezza e consolidare tutta la struttura, cercando al contempo di preservare la storia e l’irregolarità che le mura conservavano.
«Questa fase dell’’operazione – ci dice l’architetto Marco Carlini, titolare di uno studio a Umbertide (Perugia) specializzato nel ripristino di ruderi e vecchie case coloniche – è sempre delicata e difficile. Ogni struttura fa storia a sé e impone un’analisi che deve sempre combinare le esigenze imprescindibili di sicurezza con la volontà di valorizzare il genius loci».
Ma come si lavora in questi casi? «Quando ho a che fare con dei ruderi con vecchie tessiture murarie, cerco di optare per interventi di minimo impatto che riescano però ad assicurare anche la massima garanzia antisismica. Se possibile, preferisco mantenere muri di pietra originali con interventi di consolidamento dove necessario. Un’arte del compromesso in modo da garantire che un muro non sia solo bello, ma anche stabile», spiega Carlini.
Il primo passo, imprescindibile, è stato quello di mettere in sicurezza e consolidare tutta la struttura, cercando al contempo di preservare la storia e l’irregolarità che le mura conservavano.
«Questa fase dell’’operazione – ci dice l’architetto Marco Carlini, titolare di uno studio a Umbertide (Perugia) specializzato nel ripristino di ruderi e vecchie case coloniche – è sempre delicata e difficile. Ogni struttura fa storia a sé e impone un’analisi che deve sempre combinare le esigenze imprescindibili di sicurezza con la volontà di valorizzare il genius loci».
Ma come si lavora in questi casi? «Quando ho a che fare con dei ruderi con vecchie tessiture murarie, cerco di optare per interventi di minimo impatto che riescano però ad assicurare anche la massima garanzia antisismica. Se possibile, preferisco mantenere muri di pietra originali con interventi di consolidamento dove necessario. Un’arte del compromesso in modo da garantire che un muro non sia solo bello, ma anche stabile», spiega Carlini.
Terminata questa fase, i lavori hanno puntato alla ridistribuzione degli spazi interni: il piano inferiore, nato originariamente come stalla, è stato convertito a living, mentre gli spazi del primo piano sono stati suddivisi e organizzati come zona notte.
Il grande salone è articolato senza soluzione di continuità tra una grande cucina – scelta in versione bianca così da mimetizzarsi e garantire un segno semplice e pulito –, un’area pranzo con un grande tavolo per i momenti di convivialità con famiglia e amici, e una zona divani.
Il cotto a terra – non il pavimento originale, ma un ottimo surrogato trattandosi di cotto artigianale fatto a mano –, le mura in mattoni non intonacate e le travi in legno del soffitto rappresentano i principali tratti che donano calore alla stanza, anche grazie all’inconfondibile punta di rosa del cotto.
Ed è proprio la capacità di inserire in maniera decisa un segno contemporaneo, senza incedere nelle lusinghe di uno stile rustico fintamente autentico, a convincere l’architetto Mauro Rivolta dello Studio Ecoarch, che abbiamo interpellato per commentare con noi il tema delle architetture di interni nella fase di ristrutturazione: «Apprezzo molto la volontà di intervenire senza mimetismi con vecchie concezioni dell’abitare: gli arredi scelti per questa casa non non hanno nessuna volontà di scimmiottare il passato, soprattutto nella zona living.
Piuttosto, è fortissimo il rispetto della struttura originaria anche al suo interno. È rispettato il pavimento, le murature in pietra vengono fugate e ciò che viene aggiunto viene dichiarato nella sua contemporaneità. Se al posto di una cucina contemporanea fosse stata scelta una cucina rustica sarebbe stato, a mio avviso, un ritorno un po’ posticcio verso il gusto dell’epoca».
Il grande salone è articolato senza soluzione di continuità tra una grande cucina – scelta in versione bianca così da mimetizzarsi e garantire un segno semplice e pulito –, un’area pranzo con un grande tavolo per i momenti di convivialità con famiglia e amici, e una zona divani.
Il cotto a terra – non il pavimento originale, ma un ottimo surrogato trattandosi di cotto artigianale fatto a mano –, le mura in mattoni non intonacate e le travi in legno del soffitto rappresentano i principali tratti che donano calore alla stanza, anche grazie all’inconfondibile punta di rosa del cotto.
Ed è proprio la capacità di inserire in maniera decisa un segno contemporaneo, senza incedere nelle lusinghe di uno stile rustico fintamente autentico, a convincere l’architetto Mauro Rivolta dello Studio Ecoarch, che abbiamo interpellato per commentare con noi il tema delle architetture di interni nella fase di ristrutturazione: «Apprezzo molto la volontà di intervenire senza mimetismi con vecchie concezioni dell’abitare: gli arredi scelti per questa casa non non hanno nessuna volontà di scimmiottare il passato, soprattutto nella zona living.
Piuttosto, è fortissimo il rispetto della struttura originaria anche al suo interno. È rispettato il pavimento, le murature in pietra vengono fugate e ciò che viene aggiunto viene dichiarato nella sua contemporaneità. Se al posto di una cucina contemporanea fosse stata scelta una cucina rustica sarebbe stato, a mio avviso, un ritorno un po’ posticcio verso il gusto dell’epoca».
Dello stesso avviso anche l’architetto Fabio Carria, il quale dal suo studio di architettura di Milano specializzato nel recupero di vecchi casali afferma: «Di questo progetto, che considero di grande pregio, apprezzo non solo il sapiente recupero conservativo delle facciate esterne, ma la conservazione delle dimensioni contenute delle aperture, dei serramenti che reintroducono gli scuri interni, dell’architrave rigorosamente ligneo. Ho qualche dubbio, invece, sulla doppia finestratura verticale sulla scala [quella che vediamo in questa foto, NdR] per l’assenza della soletta originaria alla ricerca di luce, i nuovi architravi troppo squadrati e per una volumetria interna inopportuna».
Al piano di sopra, la stanza padronale ha conservato un muro in mattoni e la nicchia originale che caratterizzava la struttura in origine. I mobili, anche in questo caso, sono stati scelti dopo un lungo e coinvolgente botta e risposta tra Roy David e i suoi committenti, che si sono lasciati ispirare dai numerosi cataloghi di aziende di arredamento italiane e che hanno partecipato con grande slancio alla selezione dei pezzi con cui arredare la casa.
Il vero pezzo della stanza, comunque, resta ancora una volta l’equilibrio tra passato e presente, che non si nasconde ma allo stesso tempo riesce a non strafare. «I vecchi architravi in legno delle finestre sono dei segni molto belli, valorizzati con forza ma senza esagerare grazie al bel bianco calce che intonaca la nicchia», ci dice ancora Rivolta. «E bello ancora il tetto lasciato a vista con tutta la sua struttura».
Il vero pezzo della stanza, comunque, resta ancora una volta l’equilibrio tra passato e presente, che non si nasconde ma allo stesso tempo riesce a non strafare. «I vecchi architravi in legno delle finestre sono dei segni molto belli, valorizzati con forza ma senza esagerare grazie al bel bianco calce che intonaca la nicchia», ci dice ancora Rivolta. «E bello ancora il tetto lasciato a vista con tutta la sua struttura».
Nei bagni, invece, l’unico vezzo di discontinuità viene dato dal paraschizzi davanti al lavandino, realizzato con piccole maioliche e, nel secondo bagno, con il mosaico. I lavandini, dal canto loro, si appoggiano su un’asse di legno massello che riprende la cornice della finestra. Massimo comfort per la vasca da bagno, con cui concedersi una pausa di assoluto relax.
A seguito di un restauro talmente attento, che valore dare a questo pezzo di rudere che ancora si appoggia alla casa recuperata? In origine, il muro era stato pensato come punto di innesto tra la colonica e una nuova cubatura da affiancare alla prima secondo uno stile del tutto diverso e contemporaneo. Il progetto, però, è rimasto sulla carta a causa di vincoli di budget. Ciò nonostante, però, il muro è stato mantenuto: un modo, ci dice l’architetto Roy David, per ricordare anche negli spazi esterni la storia e le evoluzioni di questa vecchia dimora, giocando sulla suggestione del passato e aprendo nuovi, possibili scorci sulla campagna circostante.
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Non stupisce, quindi, che sia proprio in quest’area che una famiglia israeliana, desiderosa di cercare il suo posto al sole nel Bel Paese, abbia trovato uno splendido rifugio dove ricostruire una dimora per le vacanze immersa nella pace e in uno scenario dal grande fascino storico e paesaggistico.