Guida Giardinaggio: Tutto sulle Camelie
Tra le piante che hanno cambiato la storia la camelia – raffinata e resistente al freddo, fiorisce a gennaio – nasconde mille aneddoti
A gennaio fioriscono le camelie. Forse le parole più adatte per descrivere le camelie sono quelle usate da Lavinia Taverna nel suo celebre libro Un giardino mediterraneo, riedito da Pendragon nel 2011: «Alle Camelie lasceremo sempre un posto speciale nel nostro giardino e nella nostra considerazione. La gamma delle loro meraviglie non ha limiti, ad ognuno la gioia di scegliere secondo il proprio piacere. Ho anche visto brutte camelie, dai fiori incerti, sia nella forma che nel colore, ma sono brutte perché ne esistono di più belle. Prese a sé, se non ce ne fossero altre, anche quelle che giudichiamo brutte non lo sarebbero affatto. Un solo fiore di camelia con due foglie in un piccolo vaso di vetro posato sul nostro scrittoio è, un mondo di bellezza che abbiamo la fortuna di tenerci vicino».
Parliamo ovviamente della Camellia japonica, la specie più nota e diffusa nei nostri giardini, a fiori spesso doppi, dalla perfetta simmetria. La Camellia sinensis, quella da cui si ricava il tè, è rimasta un mistero per secoli.
Parliamo ovviamente della Camellia japonica, la specie più nota e diffusa nei nostri giardini, a fiori spesso doppi, dalla perfetta simmetria. La Camellia sinensis, quella da cui si ricava il tè, è rimasta un mistero per secoli.
Acqua e concime
Quanto all’annaffiatura, la pianta va annaffiata solo quando inizia a fare caldo, con acqua il più possibile demineralizzata o comunque non calcarea. Un sistema pratico per non dover ricorrere all’acqua imbottigliata con spese astronomiche, è quello di porre uno o più secchi d’acqua a riposare all’ombra, per almeno 24 ore o anche più. In tal modo il calcare si deposita sul fondo, ovviamente non dovete agitare troppo il secchio e gettare via l’acqua rimasta sul fondo (almeno gli ultimi 10 cm).
Occasionalmente, per rendere più acido il terreno, spremete mezzo limone e diluitelo in acqua già riposata. In alternativa sia il tè che il caffè sono sostanze che acidificano un po’ l’acqua, come il vino, l’aceto e i succhi di agrumi. Come potete vedere dalla scala dei valori del pH, su Wikipedia, anche la birra ha un certo potere acidificante.
Concimate sempre poco, il minimo indispensabile, con prodotti specifici per piante acidofile, come rododendri e ortensie. Occasionalmente date del sequestrene, e se vedete un ingiallimento fogliare aumentate la frequenza di somministrazione.
Indispensabili sono il solfato ferrico, da somministrare in inverno, e il ferro chelato, da aggiungere all’acqua delle irrigazioni. Il primo agisce molto lentamente, mentre il secondo viene assorbito più velocemente. Servono a curare gli ingiallimenti fogliari dovuti a scarso assorbimento di ferro.
Pacciamate con trinciato di lupini (ha un certo costo, ma ne vale la pena), e procuratevi degli aghi di pino da disporre in uno strato bello alto attorno alla pianta (rilasciano tannino). Anche la normale pacciamatura acquistata in sacchetto va bene, ma in uno strato alto almeno 20 cm.
Quanto all’annaffiatura, la pianta va annaffiata solo quando inizia a fare caldo, con acqua il più possibile demineralizzata o comunque non calcarea. Un sistema pratico per non dover ricorrere all’acqua imbottigliata con spese astronomiche, è quello di porre uno o più secchi d’acqua a riposare all’ombra, per almeno 24 ore o anche più. In tal modo il calcare si deposita sul fondo, ovviamente non dovete agitare troppo il secchio e gettare via l’acqua rimasta sul fondo (almeno gli ultimi 10 cm).
Occasionalmente, per rendere più acido il terreno, spremete mezzo limone e diluitelo in acqua già riposata. In alternativa sia il tè che il caffè sono sostanze che acidificano un po’ l’acqua, come il vino, l’aceto e i succhi di agrumi. Come potete vedere dalla scala dei valori del pH, su Wikipedia, anche la birra ha un certo potere acidificante.
Concimate sempre poco, il minimo indispensabile, con prodotti specifici per piante acidofile, come rododendri e ortensie. Occasionalmente date del sequestrene, e se vedete un ingiallimento fogliare aumentate la frequenza di somministrazione.
Indispensabili sono il solfato ferrico, da somministrare in inverno, e il ferro chelato, da aggiungere all’acqua delle irrigazioni. Il primo agisce molto lentamente, mentre il secondo viene assorbito più velocemente. Servono a curare gli ingiallimenti fogliari dovuti a scarso assorbimento di ferro.
Pacciamate con trinciato di lupini (ha un certo costo, ma ne vale la pena), e procuratevi degli aghi di pino da disporre in uno strato bello alto attorno alla pianta (rilasciano tannino). Anche la normale pacciamatura acquistata in sacchetto va bene, ma in uno strato alto almeno 20 cm.
Esposizione
La camelia non ama troppo il sole, ma non bisogna esagerare in senso opposto, collocandola all’ombra.
Prima di ogni cosa ricordate che la Camellia japonica ha un’ottima rusticità, quindi inutile affannarsi a coprirla durante i periodi di vento freddo. Al massimo avrete la caduta di qualche bocciolo, cosa che comunque è piuttosto normale, specie per le cultivar a fiore grande e doppio.
Le prime camelie arrivarono in Inghilterra nel 1739 nel bellissimo giardino (ormai scomparso) di Lord Petre e furono collocate in serra: inutile dire che morirono dopo pochi mesi!
La camelia desidera luce solare filtrata, cioè una luce che sarebbe diretta se non ci fosse qualcosa a frapporsi tra il sole e la pianta, come un canniccio, una tettoia, il tetto di un porticato, o le fronde di un’altra pianta.
Spesso si fa l’errore di collocarla a nord, dove prende solo i raggi del primo mattino, invece l’esposizione migliore è a nord-est, o anche a sud, purché non in luce diretta. Questo favorisce la fioritura e garantisce una maggiore salute della pianta.
La camelia può anche essere coltivata in vaso, poiché il suo apparato radicale è fitto e poco invasivo, e la sua crescita piuttosto lenta.
La camelia non ama troppo il sole, ma non bisogna esagerare in senso opposto, collocandola all’ombra.
Prima di ogni cosa ricordate che la Camellia japonica ha un’ottima rusticità, quindi inutile affannarsi a coprirla durante i periodi di vento freddo. Al massimo avrete la caduta di qualche bocciolo, cosa che comunque è piuttosto normale, specie per le cultivar a fiore grande e doppio.
Le prime camelie arrivarono in Inghilterra nel 1739 nel bellissimo giardino (ormai scomparso) di Lord Petre e furono collocate in serra: inutile dire che morirono dopo pochi mesi!
La camelia desidera luce solare filtrata, cioè una luce che sarebbe diretta se non ci fosse qualcosa a frapporsi tra il sole e la pianta, come un canniccio, una tettoia, il tetto di un porticato, o le fronde di un’altra pianta.
Spesso si fa l’errore di collocarla a nord, dove prende solo i raggi del primo mattino, invece l’esposizione migliore è a nord-est, o anche a sud, purché non in luce diretta. Questo favorisce la fioritura e garantisce una maggiore salute della pianta.
La camelia può anche essere coltivata in vaso, poiché il suo apparato radicale è fitto e poco invasivo, e la sua crescita piuttosto lenta.
Esemplari maturi
Con il tempo, e parliamo di decine e decine d’anni, la camelia diventa un alberello di una certa dimensione.
La sua fioritura abbondante, abbinata a fogliame coriaceo, verde intenso, lucido, la fa assomigliare ad un agrifoglio con fiori di rosa. È quasi magia!
Non lasciate che i vostri ardori giardinicoli si spengano al pensiero che saranno i vostri figli a vedere i risultati degli sforzi compiuti oggi: la terra è sempre in prestito e tramandata in eredità.
La camelia dona la magia di una fioritura invernale, quando tutto intorno è spoglio, tinto di colori bruni o grigi, in attesa del risveglio primaverile.
Con il tempo, e parliamo di decine e decine d’anni, la camelia diventa un alberello di una certa dimensione.
La sua fioritura abbondante, abbinata a fogliame coriaceo, verde intenso, lucido, la fa assomigliare ad un agrifoglio con fiori di rosa. È quasi magia!
Non lasciate che i vostri ardori giardinicoli si spengano al pensiero che saranno i vostri figli a vedere i risultati degli sforzi compiuti oggi: la terra è sempre in prestito e tramandata in eredità.
La camelia dona la magia di una fioritura invernale, quando tutto intorno è spoglio, tinto di colori bruni o grigi, in attesa del risveglio primaverile.
La signora delle camelie
Le camelie sono anche simbolo di una certa sensualità femminile: questa simbologia nasce dal famoso romanzo di Alexandre Dumas La signora delle camelie, che per 25 giorni al mese si appuntava al petto una camelia bianca, e per gli altri cinque una camelia rossa.
Pochi sanno che il personaggio che ha ispirato Marguerite Gautier è esistito veramente: si chiamava Alphonsine Du Plessis ed era una cortigiana di fascino travolgente.
Marguerite Gauthier era ammalata di tubercolosi, che in quel periodo (siamo nel 1848) era “di moda” presso un certo tipo di letteratura che voleva eroine belle e dannate, come dire oggi la Belle di Twilight. Tra l’altro la camelia ben si addiceva a Marguerite perché in Giappone simboleggia la caducità della vita.
Il romanzo funse da palinsesto per la Traviata di Verdi, la cui protagonista però si chiama Violetta Valery.
Le camelie sono anche simbolo di una certa sensualità femminile: questa simbologia nasce dal famoso romanzo di Alexandre Dumas La signora delle camelie, che per 25 giorni al mese si appuntava al petto una camelia bianca, e per gli altri cinque una camelia rossa.
Pochi sanno che il personaggio che ha ispirato Marguerite Gautier è esistito veramente: si chiamava Alphonsine Du Plessis ed era una cortigiana di fascino travolgente.
Marguerite Gauthier era ammalata di tubercolosi, che in quel periodo (siamo nel 1848) era “di moda” presso un certo tipo di letteratura che voleva eroine belle e dannate, come dire oggi la Belle di Twilight. Tra l’altro la camelia ben si addiceva a Marguerite perché in Giappone simboleggia la caducità della vita.
Il romanzo funse da palinsesto per la Traviata di Verdi, la cui protagonista però si chiama Violetta Valery.
Strane storie sulle camelie
Fino al 1792 le camelie erano conosciute solo come pianta da infuso. Anzi, pare che siano approdate nel continente europeo perché i cinesi – a cui gli inglesi avevano chiesto delle piante di tè per poterle coltivare – gli rifilassero delle camelie da fiore anziché da foglia.
Il primo a portare le camelie in Europa fu Lord Petre, un fanatico dei fiori, di cui si dice che morì di crepacuore proprio per la morte dei suoi due esemplari di camelia (in realtà lo uccise il vaiolo).
Le prime camelie approdate in Italia furono acclimatate nel 1786 nella Reggia di Caserta, dove solitamente avvenivano i primi esperimenti nazionali di acclimatazione di piante esotiche. Vi furono portate dalla potente famiglia dei Borbone di Napoli a cui, per matrimonio, apparteneva la sorella di Maria Antonietta, Maria Carolina d’Asburgo Lorena, la quale volle un giardino inglese per la Reggia di Caserta, e vi piantò – tra molte altre piante esotiche – anche delle camelie.
Solo in un secondo momento si comprese che questa pianta era molto rustica e che poteva sopravvivere anche più a nord.
Fino al 1792 le camelie erano conosciute solo come pianta da infuso. Anzi, pare che siano approdate nel continente europeo perché i cinesi – a cui gli inglesi avevano chiesto delle piante di tè per poterle coltivare – gli rifilassero delle camelie da fiore anziché da foglia.
Il primo a portare le camelie in Europa fu Lord Petre, un fanatico dei fiori, di cui si dice che morì di crepacuore proprio per la morte dei suoi due esemplari di camelia (in realtà lo uccise il vaiolo).
Le prime camelie approdate in Italia furono acclimatate nel 1786 nella Reggia di Caserta, dove solitamente avvenivano i primi esperimenti nazionali di acclimatazione di piante esotiche. Vi furono portate dalla potente famiglia dei Borbone di Napoli a cui, per matrimonio, apparteneva la sorella di Maria Antonietta, Maria Carolina d’Asburgo Lorena, la quale volle un giardino inglese per la Reggia di Caserta, e vi piantò – tra molte altre piante esotiche – anche delle camelie.
Solo in un secondo momento si comprese che questa pianta era molto rustica e che poteva sopravvivere anche più a nord.
La camelia in Oriente
Per cinesi e giapponesi la camelia è uno tra i fiori più amati, anche molto più della rosa.
In Giappone l’arte del giardino ha raggiunto i suoi vertici massimi, mai più eguagliati in alcuna epoca storica e in alcun paese. Una delle tecniche orticole tradizionali è la potatura delle piante di rododendro e di camelie. Se in Inghilterra queste si potavano a piramide, in modo banalmente derivato dalla topiaria francese, il Giappone segue l’andamento della pianta, lo asseconda e ne lima la superficie, trasformando le piante in boule, o in forme morbide, bombate, a nuvola.
Per i cinesi la camelia rappresenta da sempre la bevanda prediletta, ma parliamo della Camellia sinensis, dalle cui foglie si ricava il tè, sebbene anche la Camellia japonica e la C. sasanqua diano il tè, ma di qualità assai inferiore.
In Giappone esiste un’espressione intraducibile: un incidente bizzarro che arriva tutto d’un colpo. Il kanji di questa espressione contiene il termine “camelia”, poiché quando il fiore cade, lo fa all’improvviso e tutto insieme, non petalo per petalo.
Per cinesi e giapponesi la camelia è uno tra i fiori più amati, anche molto più della rosa.
In Giappone l’arte del giardino ha raggiunto i suoi vertici massimi, mai più eguagliati in alcuna epoca storica e in alcun paese. Una delle tecniche orticole tradizionali è la potatura delle piante di rododendro e di camelie. Se in Inghilterra queste si potavano a piramide, in modo banalmente derivato dalla topiaria francese, il Giappone segue l’andamento della pianta, lo asseconda e ne lima la superficie, trasformando le piante in boule, o in forme morbide, bombate, a nuvola.
Per i cinesi la camelia rappresenta da sempre la bevanda prediletta, ma parliamo della Camellia sinensis, dalle cui foglie si ricava il tè, sebbene anche la Camellia japonica e la C. sasanqua diano il tè, ma di qualità assai inferiore.
In Giappone esiste un’espressione intraducibile: un incidente bizzarro che arriva tutto d’un colpo. Il kanji di questa espressione contiene il termine “camelia”, poiché quando il fiore cade, lo fa all’improvviso e tutto insieme, non petalo per petalo.
Perfetta simmetria
La perfezione delle corolle di alcune camelie sfiora la precisione matematica. I petali sono ordinati in spirali che seguono la serie di Fibonacci, suggerendo quanto la Natura sia la vera artista dalla quale tutti apprendiamo.
I close-up così ravvicinati ricordano alcuni quadri di Georgia O’Keefe.
Raccontaci: ti piacciono le camelie? Quali specie preferisci e quali tecniche hai adottato per coltivarle?
Altro
Consigli per Creare Scenografie con i Vasi
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Fra gli appassionati è risaputo che la camelia è una pianta “acidofila”, cioè amante dei terreni acidi con pH inferiore a 7, ma preferibilmente coltivata in un range tra 4 e 5. Tuttavia, oltre a ciò, non si sa bene cosa fare: come concimarla, come annaffiarla…
Premesso che le camelie sono molto più adattabili a variazioni di pH che non climatiche, e che dunque potrebbero prosperare in un terreno non proprio perfetto, a patto di avere il giusto grado di illuminazione, umidità e temperatura, occorre preparare con un certo anticipo il terreno, usando poco letame molto maturo, compost ben lavorato, setacciato e di tessitura fine, sfatticcio di foglie, meglio se di castagno, e sabbia o ghiaia (assolutamente non sabbia di mare). Preferite materiali inerti o silicei da acquistare in negozi di acquariologia.
Potete aggiungere la torba, ma solo se è di buona qualità, purché siate consapevoli che l’estrazione della torba sta distruggendo ecoambienti preziosissimi e portando all’estinzione numerose specie europee.
Esiste anche il terreno specifico, ma i terricci imbustati non sono mai un granché e inoltre contengono torba.