Slow Living: la Casa dell'Abitare Lento Adesso è Tendenza
Architetti, coach e artigiani lo confermano: la lentezza nell'abitare è una chiave verso la profondità
Giulia Zappa
17 novembre 2020
Da qualche tempo a questa parte, parlare di “slow living” non è più una novità. Dopo aver fatto capolino tra le riviste indipendenti, le prime ad aver identificato uno stile di una vita emergente che rifugge la frenesia, il fenomeno della vita lenta ha iniziato ha codificarsi e a imporsi come un vero e proprio trend. Ne parliamo con alcuni professionisti che nei rispettivi settori toccano con mano il desiderio di rallentare, e che ci spiegano come fare tesoro – attraverso il coaching, l’artigianato, l’architettura di interni e di giardini – dell’esperienza della lentezza.
La rivincita della lentezza è un fenomeno che noi italiani conosciamo bene, e che abbiamo imparato a riscoprire – ammesso che l’avessimo mai perso – proprio attraverso l’elemento che forse ci contraddistingue e lega di più: il cibo. Tutti coloro che si riconoscono nello slow living concordano che è il movimento Slow Food, fondato da Carlo Petrini a Bra nel 1986, a essere stato un antesignano della riscoperta della lentezza, proprio per aver sottolineato la necessità e la bellezza che si nascondono dietro a un passaggio a tavola conviviale e senza fretta.
Dopo Petrini, sono stati soprattutto gli anglosassoni a teorizzare il bisogno di un ritorno alla lentezza, teorizzata da tanti autori che hanno trasformato la parola SLOW in un acronimo dove la S sta per Sostenibile, la L per Locale la O per Organic, ossia Biologico, e la W per Whole, inteso come integrale, non processato.
Dopo Petrini, sono stati soprattutto gli anglosassoni a teorizzare il bisogno di un ritorno alla lentezza, teorizzata da tanti autori che hanno trasformato la parola SLOW in un acronimo dove la S sta per Sostenibile, la L per Locale la O per Organic, ossia Biologico, e la W per Whole, inteso come integrale, non processato.
La casa lenta
Dal cibo, allo stile di vita fino all’arredamento della casa, il passo è breve. A marcare questo passaggio sono state soprattutto alcune riviste e siti di settore, che declinano il gusto per una decorazione all’insegna della lentezza, promuovendo la riscoperta di materiali e tecniche del passato, così come di un contatto ravvicinato con la natura.
Tra le antesignane, un’istituzione è considerata The Kinfolk, rivista pubblicata a Copenhagen dal 2011 che ha fatto dell’ode alla semplicità, alla valorizzazione di oggetti di artigianato e di design anonimo, di tessuti naturali, di case di campagna con un gusto d’antan, di ricette familiari e gustose, un vero e proprio marchio di fabbrica. A questa ne sono seguite diverse – Cereal, Dim Dam Dom in Francia, o ancora Lagom e Considered –tutto centrate sul binomio tra interni e tempi lenti.
Dal cibo, allo stile di vita fino all’arredamento della casa, il passo è breve. A marcare questo passaggio sono state soprattutto alcune riviste e siti di settore, che declinano il gusto per una decorazione all’insegna della lentezza, promuovendo la riscoperta di materiali e tecniche del passato, così come di un contatto ravvicinato con la natura.
Tra le antesignane, un’istituzione è considerata The Kinfolk, rivista pubblicata a Copenhagen dal 2011 che ha fatto dell’ode alla semplicità, alla valorizzazione di oggetti di artigianato e di design anonimo, di tessuti naturali, di case di campagna con un gusto d’antan, di ricette familiari e gustose, un vero e proprio marchio di fabbrica. A questa ne sono seguite diverse – Cereal, Dim Dam Dom in Francia, o ancora Lagom e Considered –tutto centrate sul binomio tra interni e tempi lenti.
Puntando i fari sull’universo casa, l’australiana Natalie Walton, autrice di The Slow Home (ed. Hardie Grant Books) che descrive nel suo libro alcune caratteristiche della casa lenta: non soltanto una questione di decorazione, ma anche una vera e propria filosofia. Come implementare, allora, lo slow living nel quotidiano? «La prima maniera, anche la più semplice, è consumare meno – questo è forse lo strumento più importante a nostra disposizione», scrive Natalie Walton. «In secondo luogo, bisogna anche considerare l’idea della localizzazione, un concetto sviluppato dall’economista Helena Norberg-Hodge, che sostiene che vivere localmente è una delle contromisure più efficaci alla globalizzazione.
Le nostre case sono i luoghi ideali per promuovere queste idee, da quello che riguarda i materiali per la produzione, alla maniera in cui le arrediamo. Le scelte che facciamo non devono essere a detrimento di uno spazio che sembri caldo e accogliente. Al contrario, ci possono fare sentire meglio rispetto a come e dove viviamo. In terzo luogo, quando scegliamo di connetterci di più con la natura, questa diventa la priorità più importante della nostra vita».
Le nostre case sono i luoghi ideali per promuovere queste idee, da quello che riguarda i materiali per la produzione, alla maniera in cui le arrediamo. Le scelte che facciamo non devono essere a detrimento di uno spazio che sembri caldo e accogliente. Al contrario, ci possono fare sentire meglio rispetto a come e dove viviamo. In terzo luogo, quando scegliamo di connetterci di più con la natura, questa diventa la priorità più importante della nostra vita».
Architettura lenta, un processo anti-speculativo
Non sono pochi i progettisti che si confrontano con il desiderio di un cambio di vita della propria committenza, cercando di assecondare con progetti su misura questo gusto ritrovato per il contatto con un tempo non fagocitato da una vertigine continua. Architetto modenese con esperienze internazionali, Stefano Ghiretti ha deciso otto anni fa di installarsi in uno dei suoi territori d’elezione, il Salento, dove dedicarsi al recupero e alla costruzione di masserie.
Gli chiediamo la sua opinione sul fenomeno dell’architettura slow: «Dal mio punto di vista l’architettura è sempre stata lenta, perché oltre lo stile di vita, la concezione e l’esecuzione del processo costruttivo richiedono lentezza: l’uso del termine slow living oggi è un po’ usato come un’etichetta commerciale. È vero però che rispetto ai ritmi frenetici di costruzione impiegati in certe parti del mondo, si può intendere l’architettura lenta come un’attività di cura, come un tempo necessario per costruirsi la propria casa con il riuso dei materiali in loco, in questo senso un processo lento legato ad una riscoperta anti-speculativa».
Non sono pochi i progettisti che si confrontano con il desiderio di un cambio di vita della propria committenza, cercando di assecondare con progetti su misura questo gusto ritrovato per il contatto con un tempo non fagocitato da una vertigine continua. Architetto modenese con esperienze internazionali, Stefano Ghiretti ha deciso otto anni fa di installarsi in uno dei suoi territori d’elezione, il Salento, dove dedicarsi al recupero e alla costruzione di masserie.
Gli chiediamo la sua opinione sul fenomeno dell’architettura slow: «Dal mio punto di vista l’architettura è sempre stata lenta, perché oltre lo stile di vita, la concezione e l’esecuzione del processo costruttivo richiedono lentezza: l’uso del termine slow living oggi è un po’ usato come un’etichetta commerciale. È vero però che rispetto ai ritmi frenetici di costruzione impiegati in certe parti del mondo, si può intendere l’architettura lenta come un’attività di cura, come un tempo necessario per costruirsi la propria casa con il riuso dei materiali in loco, in questo senso un processo lento legato ad una riscoperta anti-speculativa».
L’interesse in forte crescita verso una vita a contatto con le stagioni, il desiderio di mollare tutto per ritrovare una qualità di vita lontana dalla frenesia, in questo caso in Salento, è del resto una constatazione che Stefano Ghiretti riscontra in maniera diretta attraverso i suoi clienti. «Il desiderio di ruralità è la ragione dell’esplosione del Salento, che in questi ultimi anni sta vivendo un vero e proprio boom. Oltre alle tante richieste per masserie che vengono usate come seconde case, non sono rari gli italiani e gli stranieri – mi capita soprattutto con gli inglesi – che si vogliono trasferire qua per cambiare vita, andando ad occupare case a contatto con la natura, dove curare giardini e orti, fare compostaggio con la vermicoltura, allevare animali, godersi il passaggio delle stagioni a contatto con la terra».
Il recupero di modelli architettonici del territorio
Come risponde l’architettura a questo desiderio di lentezza? Come individuare le pratiche progettuali che favoriscano lo slow living di chi quegli spazi andrà ad occupare e vivere?
«La risposta sta nel riutilizzo dei modelli e delle tipologie architettoniche del territorio, quelle che da sempre hanno assolto a questo tipo di funzione e di stile di vita. È poi importante usare i materiali del posto, inserendo quando possibile elementi di recupero, così come recuperare volumi e annessi preesistenti, riconvertendole ad altre funzioni». La dimensione della vita outdoor, in Salento e ovunque il clima lo permetta, è poi una componente essenziale: «Qui dove il clima lo permette, è importante privilegiare un rapporto tra interno ed esterno molto forte, massimizzando il contatto con la natura per fare in modo che la vita in esterno sia almeno il 50, 60% di quella che si vive in spazi chiusi».
Come risponde l’architettura a questo desiderio di lentezza? Come individuare le pratiche progettuali che favoriscano lo slow living di chi quegli spazi andrà ad occupare e vivere?
«La risposta sta nel riutilizzo dei modelli e delle tipologie architettoniche del territorio, quelle che da sempre hanno assolto a questo tipo di funzione e di stile di vita. È poi importante usare i materiali del posto, inserendo quando possibile elementi di recupero, così come recuperare volumi e annessi preesistenti, riconvertendole ad altre funzioni». La dimensione della vita outdoor, in Salento e ovunque il clima lo permetta, è poi una componente essenziale: «Qui dove il clima lo permette, è importante privilegiare un rapporto tra interno ed esterno molto forte, massimizzando il contatto con la natura per fare in modo che la vita in esterno sia almeno il 50, 60% di quella che si vive in spazi chiusi».
L’esperienza del verde
Altro richiamo vitale di questo ritorno ad una vita più lenta, abbiamo visto, è il richiamo del verde e della natura. Un vero e proprio elemento di discontinuità rispetto alla vita in città, dove la natura scarseggia e lo stile di vita è necessariamente più dinamico, per non dire in continua accelerazione. La cura del verde come arma segreta per ritrovare un ritmo più lento? Ne parliamo con Elisabetta Cavrini, partner insieme al marito Michele di Gardenstudio, specializzato nella progettazione e implementazione di terrazze e giardini con sede a Bologna.
L’esperienza del verde è per Cavrini un esercizio di costanza, una pratica che si afferma necessariamente su tempi lenti: quella necessari ad ogni organismo vivente per svilupparsi.
«Il più grande beneficio del verde non è solo quello di esserci immerso, ma di contribuire a crearlo. Non tutti hanno innato il piacere di vivere e accudire il verde: si tratta di qualcosa di molto personale, ma che si forma nel tempo».
Altro richiamo vitale di questo ritorno ad una vita più lenta, abbiamo visto, è il richiamo del verde e della natura. Un vero e proprio elemento di discontinuità rispetto alla vita in città, dove la natura scarseggia e lo stile di vita è necessariamente più dinamico, per non dire in continua accelerazione. La cura del verde come arma segreta per ritrovare un ritmo più lento? Ne parliamo con Elisabetta Cavrini, partner insieme al marito Michele di Gardenstudio, specializzato nella progettazione e implementazione di terrazze e giardini con sede a Bologna.
L’esperienza del verde è per Cavrini un esercizio di costanza, una pratica che si afferma necessariamente su tempi lenti: quella necessari ad ogni organismo vivente per svilupparsi.
«Il più grande beneficio del verde non è solo quello di esserci immerso, ma di contribuire a crearlo. Non tutti hanno innato il piacere di vivere e accudire il verde: si tratta di qualcosa di molto personale, ma che si forma nel tempo».
Per questo, Elisabetta Cavrini suggerisce anche ai più scettici di provare a coltivare anche solo una pianta in vaso. Coltivare e vedere cresce: un’esperienza che può avere effetti sconvolgenti anche sui neofiti più scettici. «Provare a coltivare, essere una mano attiva nel verde, concentrarsi su questo elemento e capire la sua evoluzione, permette di mettere allinearti con i ritmi della natura: oggi semino, domani innaffio, e solo dopo la pianta germina. È il valore di vedere qualcosa che cresce grazie alle tue cure, o perisce perché non hai capito, o non hai fatto abbastanza. Nella natura come nella vita non tutto va sempre a buon fine, quindi la cura del verde permette di imparare l’instabilità di certe situazioni».
Il valore dell’accudimento della natura
«Ricordiamo inoltre che il valore dell’accudimento della natura porta un risultato che non è solo personale ma collettivo: come tutte le cose fatte, si dimostra un valore aggiunto ambientale per la città, una cosa bella per chi la vede. Coltivare in un certo modo le piante è un atto di grande generosità».
Un consiglio per provare a sperimentare il gusto di questa lenta pratica verde? La gradualità, anche in questo caso una pratica lenta, sembra essere la soluzione più appropriata. «Meglio non fare il passo più lungo della gamba, ma cominciare sempre con una cura del verde comoda, fattibile, così da dare continuità e vedersi i risultati nel tempo».
«Ricordiamo inoltre che il valore dell’accudimento della natura porta un risultato che non è solo personale ma collettivo: come tutte le cose fatte, si dimostra un valore aggiunto ambientale per la città, una cosa bella per chi la vede. Coltivare in un certo modo le piante è un atto di grande generosità».
Un consiglio per provare a sperimentare il gusto di questa lenta pratica verde? La gradualità, anche in questo caso una pratica lenta, sembra essere la soluzione più appropriata. «Meglio non fare il passo più lungo della gamba, ma cominciare sempre con una cura del verde comoda, fattibile, così da dare continuità e vedersi i risultati nel tempo».
Un tempo lento, per imparare ad ascoltarsi
Dalle colline di Firenze, dove vive da vent’anni dopo un’infanzia a Parigi, Sandrine Kom è una Slow Life coach, specializzazione che si è costruita tessendo uno speciale filo rosso tra i temi che l’avevano sempre appassionata e investita professionalmente. Il bisogno di ritrovare autenticità, di mettersi in ascolto di una voce interiore troppo spesso soffocata, di ritrovare una piena qualità di vita sta al centro della sua pratica.
«Sono una coach nutrizionale di formazione. Nel corso della mia attività professionale mi sono accorta che le persone che venivano da me usavano il cibo come comfort food per ovviare alla cronica mancanza di tempo, di ascolto verso se stessi. È da questa constatazione che è nata la mia visione di un coaching dedicato allo slow life. Lo esercito in combinazione con lo “slow life yoga”, uno yoga molto lento per riprendere contatto con tutti i messaggi che il nostro corpo ci invia continuamente e che non vogliamo mai ascoltare».
La lentezza diventa allora per Sandrine un modo per riappropriarsi di quanto è realmente importante, di venire incontro ai nostri bisogni latenti, alla necessità di una pausa. «Siamo stati educati a essere molto violenti con noi stessi, a fare tutto velocemente, a sentirci in colpa se sprechiamo il nostro tempo e non facciamo. Il rallentare è un modo per disporsi alla calma e alla concentrazione, attitudine oltretutto necessaria poter sostenere il ritmo intenso nel quale viviamo».
Dalle colline di Firenze, dove vive da vent’anni dopo un’infanzia a Parigi, Sandrine Kom è una Slow Life coach, specializzazione che si è costruita tessendo uno speciale filo rosso tra i temi che l’avevano sempre appassionata e investita professionalmente. Il bisogno di ritrovare autenticità, di mettersi in ascolto di una voce interiore troppo spesso soffocata, di ritrovare una piena qualità di vita sta al centro della sua pratica.
«Sono una coach nutrizionale di formazione. Nel corso della mia attività professionale mi sono accorta che le persone che venivano da me usavano il cibo come comfort food per ovviare alla cronica mancanza di tempo, di ascolto verso se stessi. È da questa constatazione che è nata la mia visione di un coaching dedicato allo slow life. Lo esercito in combinazione con lo “slow life yoga”, uno yoga molto lento per riprendere contatto con tutti i messaggi che il nostro corpo ci invia continuamente e che non vogliamo mai ascoltare».
La lentezza diventa allora per Sandrine un modo per riappropriarsi di quanto è realmente importante, di venire incontro ai nostri bisogni latenti, alla necessità di una pausa. «Siamo stati educati a essere molto violenti con noi stessi, a fare tutto velocemente, a sentirci in colpa se sprechiamo il nostro tempo e non facciamo. Il rallentare è un modo per disporsi alla calma e alla concentrazione, attitudine oltretutto necessaria poter sostenere il ritmo intenso nel quale viviamo».
Chiediamo a Sandrine di condividere con noi la sua visione di una casa slow, di un approccio lento all’abitare. Ci spiega: «La casa è la nostra tana, un posto sacro, innanzitutto perché non tutti hanno una tana, un dato di fatto che spesso diamo per scontato perché siamo nati nella parte giusta del mondo. Di questa casa ci dobbiamo prendere cura non per mostrarla in maniera impeccabile ai nostri ospiti, ma perché l’atto di pulirla e metterla in ordine sono sinonimo di prenderci cura di noi stessi».
Ci sono delle pratiche che possono favorirla? «Mi piacciono molto la semplicità e il buon senso, che si possono sviluppare con piccole accortezze», ci dice. «Innanzitutto tante persone sono sedute a tavola con una luce sbagliata, che non dà voglia di goderti quello che stai mangiando, magari ad un tavolo troppo alto o seduti su una sedia dove si sprofonda: tutti elementi che creano disarmonia. Il contatto con i materiali naturali è molto importante, in primis il legno. Nel frigo mi piace mettere dei cestini di paglia, che mi rilassano e mi ispirano per cucinare». E c’è una piccola pratica che ci può consigliare per ritrovare benessere e assecondare i nostri ritmi? «Il contatto diretto con dei piedi nudi con la terra, o con le calze in inverno. Un nutrimento che permette a mio avviso di camminare subito con una postura migliore e più consapevole».
Ci sono delle pratiche che possono favorirla? «Mi piacciono molto la semplicità e il buon senso, che si possono sviluppare con piccole accortezze», ci dice. «Innanzitutto tante persone sono sedute a tavola con una luce sbagliata, che non dà voglia di goderti quello che stai mangiando, magari ad un tavolo troppo alto o seduti su una sedia dove si sprofonda: tutti elementi che creano disarmonia. Il contatto con i materiali naturali è molto importante, in primis il legno. Nel frigo mi piace mettere dei cestini di paglia, che mi rilassano e mi ispirano per cucinare». E c’è una piccola pratica che ci può consigliare per ritrovare benessere e assecondare i nostri ritmi? «Il contatto diretto con dei piedi nudi con la terra, o con le calze in inverno. Un nutrimento che permette a mio avviso di camminare subito con una postura migliore e più consapevole».
Concorda con la necessità di sfuggire alla velocità dei tempi imposti un’altra francese, Florence Pauliac, artista ceramista di base in Provenza. «La lentezza non è una qualità valorizzata dalla nostra società. A partire dall’infanzia dobbiamo rispondere con dei tempi imposti dalle sollecitazioni esterne senza tenere in conto il ritmo di ciascuno. Al contrario la lentezza offre la possibilità di approfondire nel tempo, di soffermarsi sui dettagli, di tornare indietro e di lasciare maturare ogni elemento che compone un progetto».
Il nome del suo atelier, Slow Ceramic Studio, rispecchia fino in fondo il desiderio di un tempo ritrovato. «Desidero che il nome del mio atelier rifletta la mia percezione del mondo, che è fatto di lentezza. Nella pratica della mia ceramica, questo si traduce in un lavoro che rispetta il mio ritmo di vita, delle stagioni, che mi lascia il tempo di accarezzare il gatto e di guardare il giardino, in modo che le forme si nutrano di questi elementi all’interno del mio atelier».
Il nome del suo atelier, Slow Ceramic Studio, rispecchia fino in fondo il desiderio di un tempo ritrovato. «Desidero che il nome del mio atelier rifletta la mia percezione del mondo, che è fatto di lentezza. Nella pratica della mia ceramica, questo si traduce in un lavoro che rispetta il mio ritmo di vita, delle stagioni, che mi lascia il tempo di accarezzare il gatto e di guardare il giardino, in modo che le forme si nutrano di questi elementi all’interno del mio atelier».
La pratica della ceramica, dal suo punto di vista, è un viatico eccellente per avvicinarsi ed imparare questo tempo lento. «Ci sono innanzitutto tutta una serie di tappe che sono inerenti alla pratica stessa della ceramica (modellatura, tempo di asciugatura dei pezzi, prima cottura, lavorazione superficiale, smaltatura, seconda cottura etc. …) prima di arrivare alla finalizzazione del pezzo!».
E infine, oltre all’aspetto prettamente progettuale, Florence sembra ricordarci un altro aspetto, forse il più sostanziale, che ci rimanda all’importanza del valore lento della creazione: l’etica, vero viatico della consapevolezza. «Io ho fatto una scelta, quella di produrre poco, con lentezza. Ogni pezzo che realizzo è unico, le tappe della sua creazione si succedono con piena consapevolezza, lasciando allo stesso tempo spazio all’inatteso. Prendermi il mio tempo mi permette di creare in profondità, con senso rinnovato».
Cosa pensi dello Slow Living? Riesci a metterlo in pratica? Scrivici nei Commenti.
Altro
Basta Cellulari & Co! Regole per Tornare a Guardarsi negli Occhi
Houzz Terapia: Migliora la Vita da Freelance con questi Consigli
E infine, oltre all’aspetto prettamente progettuale, Florence sembra ricordarci un altro aspetto, forse il più sostanziale, che ci rimanda all’importanza del valore lento della creazione: l’etica, vero viatico della consapevolezza. «Io ho fatto una scelta, quella di produrre poco, con lentezza. Ogni pezzo che realizzo è unico, le tappe della sua creazione si succedono con piena consapevolezza, lasciando allo stesso tempo spazio all’inatteso. Prendermi il mio tempo mi permette di creare in profondità, con senso rinnovato».
Cosa pensi dello Slow Living? Riesci a metterlo in pratica? Scrivici nei Commenti.
Altro
Basta Cellulari & Co! Regole per Tornare a Guardarsi negli Occhi
Houzz Terapia: Migliora la Vita da Freelance con questi Consigli
Articoli correlati
Cucina
Quali Sono i Colori Più Richiesti per Piani di Lavoro in Cucina?
Dalla ricerca Houzz Italia sulle tendenze in cucina, una 'fotografia' sui colori più richiesti per i piani di lavoro
Leggi Tutto
Houzz per i Pro
Trend Cucina 2023: Scopri Stili, Colori e Materiali Più In Voga
Quali sono le nuove tendenze in cucina? A rivelarle è il nuovo studio di Houzz
Leggi Tutto
Cucina
Trend Cucina 2023: Gli Italiani Desiderano Cucine più Sostenibili
La richiesta di cucine progettate in ottica sostenibile è in aumento, lo rivela il nuovo studio di Houzz
Leggi Tutto
Stili e tendenze
Arredare Vegano: È Davvero Possibile?
Mobili, tessuti e persino candele possono contenere ingredienti di origine animale. Ma come arredare la casa 'vegana'?
Leggi Tutto
Stili e tendenze
Come Arredano la Casa negli Altri Paesi?
Scopri i 10 trend per le case del 2023 in Francia, Spagna, Germania e Regno Unito.
Leggi Tutto
Houzz per i Pro
Cosa Vogliono i Proprietari di Casa Quando Ristrutturano?
La ricerca Houzz&Home 2022 elenca quali sono le priorità per chi comincia un percorso di ristrutturazione
Leggi Tutto
Soluzioni per piccole case
Guida ai Mini Appartamenti: 3 Esempi dal Mondo
La richiesta di monolocali continua, in Italia come nel resto d'Europa, e segnala una tendenza dell'abitare
Leggi Tutto
Ricerche Houzz
Per i Pro: Come Accorciare i Tempi di Progettazione
I dati dell'indagine Houzz&Home 2022 mostrano tempi di progetto più lunghi rispetto ai relativi cantieri
Leggi Tutto
Cucina
Trend: Le Cucine Outdoor Sono Cambiate (in Meglio)!
La tendenza è cucinare all'aperto, ma come se si stesse dentro casa
Leggi Tutto
Houzz per i Pro
Perché Si é Speso di Più Per Ristrutturare?
Secondo l'indagine Houzz & Home 2022 aumenta la spesa per le ristrutturazioni. Vediamo quanto, dove e con quali Pro
Leggi Tutto
... - la casa lenta slow living . esprimo la mia opinione dicendo che la casa lenta è come se fermasse il tempo .. la mente si ritrova .. l'ascolto di se stessi è più facile .. l'anima si risveglia .. d'altronde la casa .. nella propria casa è come ritrovare se stessi.
Many good ideas here. As we are going into our 2nd winter of COVID, we must do whatever we can to find inner peace. Home - reduce clutter, keep it clean, Food - try to eat fresh and local when possible, and enjoy more plant-based foods. Avoid prepared foods, as these contain so many additives. I am always calm after cutting vegetables for a salad or a soup. There are so many good ideas for warming stews and chowders now. Have plants in your home. Find joy in seeing them grow, and better yet, if you can nurture pots of herbs and salad greens. Today my amaryllis are in full bloom. Here in Zone 9, they will bloom again in my garden. As many of us need to economize now, look at what's no longer essential in our lives. The idea of a budget that is no longer stretched to the max is calming. Intellectual growth is important. Spend some time in researching some subject that's new to you.
My husband and I decided to take a slow day or Sabbath once a week. A year ago we moved into my parents older home on a bit more than an acre in the Pacific Northwest. The house and the property had been let go and needed quite a bit of work. So we jumped in and started working. We initially put up a fence. Fencing in a portion of the back yard. We have two standard poodles who were well trained in suburban living but not neighbors without fences. Now a year later we wish we would’ve fenced the whole property. And we found out that chain link fence cannot simply be moved, once strung it’s very difficult to reuse. This is just one of lessons we learned. We worked hard every weekend never stopping for lunch and practically killed ourselves, while still maintaining our jobs. At some point in late spring when the gorgeous weather calls out to you here in PNW, I suggested a Sabbath to may husband. One day of the weekend with no big jobs or day full of errands and minimize screen time. A day to just be. Enjoy the yard, each other, our dogs and to watch our improvements. To slow down and really take the time to plan the project and all of the elements necessary. We learned a lot watching the sun and shadows for placement of plants and veggies. We found quiet and busy spots on our property and have many great plans for a yoga deck, a hot tub pergola, an herb and veggie raised garden. It’s a lot but we’re taking it slow and letting our property, the weather and our intuition guide us.