Quali Sono i Fertilizzanti Organici più Usati e Affidabili?
Fertilizzare significa integrare nutrienti, ma anche migliorare il terreno e aumentare la disponibilità di minerali
Possiamo genericamente definire “fertilizzante organico” ogni sostanza che ha una buona capacità di migliorare il terriccio, sia per struttura sia per qualità. La regolamentazione comunitaria non è univoca, e all’interno dei fertilizzanti, generalmente si includono anche i tradizionali concimi chimici. Sono in molti però a non volerli usare, anche tra i giardinieri professionisti. Come sopperire, in questo caso?
In questo articolo parliamo di alcuni fertilizzanti e ammendanti (cioè migliorativi o correttivi del suolo) non chimici.
Ma a cosa servono e quando usarli?
Alcuni, come il letame (sfarinato o in pellet), li usiamo più spesso poiché davvero utili sia in giardino che nell’orto: rivitalizzano il terreno, lo alleggeriscono, restituiscono carica umica. Lo stesso vale per il compost, lo sfatticcio di foglie, il bokashi, che sono piuttosto semplici da fare o comprare (il bokashi un po’ di meno). Ce ne sono poi molti altri che vanno usati in determinati casi, ad esempio per riequilibrare il pH.
Gli ammendanti sono gratificanti perché si possono fare in casa, “su misura” per la pianta. Alcuni sono di recupero, come la cenere di legna, il panello di ricino o il residuo della preparazione del mosto. Altri, come le farine di roccia o il guano, la farina di alghe, si acquistano solo in centri specializzati, sono abbastanza costosi e devono avere una certificazione di ecosostenibilità.
In questo articolo parliamo di alcuni fertilizzanti e ammendanti (cioè migliorativi o correttivi del suolo) non chimici.
Ma a cosa servono e quando usarli?
Alcuni, come il letame (sfarinato o in pellet), li usiamo più spesso poiché davvero utili sia in giardino che nell’orto: rivitalizzano il terreno, lo alleggeriscono, restituiscono carica umica. Lo stesso vale per il compost, lo sfatticcio di foglie, il bokashi, che sono piuttosto semplici da fare o comprare (il bokashi un po’ di meno). Ce ne sono poi molti altri che vanno usati in determinati casi, ad esempio per riequilibrare il pH.
Gli ammendanti sono gratificanti perché si possono fare in casa, “su misura” per la pianta. Alcuni sono di recupero, come la cenere di legna, il panello di ricino o il residuo della preparazione del mosto. Altri, come le farine di roccia o il guano, la farina di alghe, si acquistano solo in centri specializzati, sono abbastanza costosi e devono avere una certificazione di ecosostenibilità.
Letame in pellet
Un altro ammendante di cui davvero non si può fare a meno, specie in inverno durante la preparazione del terriccio per i vasi o nelle buche di piantagione in giardino.
Al primo utilizzo si è spesso insoddisfatti: ci si aspetta che i pellet si gonfino alle prime piogge, diventando dei fiocchi grandi e soffici, che ammorbidiscano il terreno: in realtà tendono a mantenersi compatti per un po’, il che non è sempre un male.
Il procedimento di pellettatura è importante anche per garantire la stabilità del prodotto, l’eliminazione di semi di erbacce ecc. È anche vero che molta della carica umica va persa, perciò il letame fresco, fatto stagionare, è sempre meglio, ma solo se si sa da dove proviene e si conosce il tipo di regime alimentare e medico degli animali. In caso contrario io lo sconsiglio vivamente.
Il letame fresco fatto stagionare va preferibilmente incorporato nelle buche, mai messo in superficie, pena l’invasione di erbacce.
Se volete ottenere dello sfarinato dal pellet, mettetene un po’ in un sacchetto di plastica non traspirante, bagnatelo, chiudetelo bene, e in una notte dovrebbe sfarinare piuttosto bene.
Così facendo si può aggiungere al terriccio per i vasi, distribuirlo in superficie, o utilizzarlo nelle buche.
Chi segue un regime alimentare vegano non userà il letame, ma il compost o lo sfatticcio di foglie.
Un altro ammendante di cui davvero non si può fare a meno, specie in inverno durante la preparazione del terriccio per i vasi o nelle buche di piantagione in giardino.
Al primo utilizzo si è spesso insoddisfatti: ci si aspetta che i pellet si gonfino alle prime piogge, diventando dei fiocchi grandi e soffici, che ammorbidiscano il terreno: in realtà tendono a mantenersi compatti per un po’, il che non è sempre un male.
Il procedimento di pellettatura è importante anche per garantire la stabilità del prodotto, l’eliminazione di semi di erbacce ecc. È anche vero che molta della carica umica va persa, perciò il letame fresco, fatto stagionare, è sempre meglio, ma solo se si sa da dove proviene e si conosce il tipo di regime alimentare e medico degli animali. In caso contrario io lo sconsiglio vivamente.
Il letame fresco fatto stagionare va preferibilmente incorporato nelle buche, mai messo in superficie, pena l’invasione di erbacce.
Se volete ottenere dello sfarinato dal pellet, mettetene un po’ in un sacchetto di plastica non traspirante, bagnatelo, chiudetelo bene, e in una notte dovrebbe sfarinare piuttosto bene.
Così facendo si può aggiungere al terriccio per i vasi, distribuirlo in superficie, o utilizzarlo nelle buche.
Chi segue un regime alimentare vegano non userà il letame, ma il compost o lo sfatticcio di foglie.
Torba e fibra di cocco
Tra gli ammendanti più noti e usati c’è la mitica torba. Più nobile se bionda, meno nobile se scura, poiché meno acida.
La torba ha in sé un valore nutritivo scarsissimo, ma il suo pregio è nella capacità di trattenere acqua. Se incorporata al terriccio lo rende leggero e friabile, e consente di trattenere meglio i nutrienti. Se invece non viene irrigata o viene usata solo come pacciamatura, diventa dura e statica, un mattone.
I terricci industriali ne contengono molta per rendere agevole il trasporto, ma la torba non è un materiale rinnovabile e la sua estrazione ha seriamente danneggiato molti ecosistemi. Ecco il perché della fibra di cocco, che ha molte fra le qualità della torba ma è una materia rinnovabile. Tuttavia la fibra di cocco non copre il vasto range di utilizzi della torba, che per alcuni scopi rimane insostituibile e indispensabile.
Tra gli ammendanti più noti e usati c’è la mitica torba. Più nobile se bionda, meno nobile se scura, poiché meno acida.
La torba ha in sé un valore nutritivo scarsissimo, ma il suo pregio è nella capacità di trattenere acqua. Se incorporata al terriccio lo rende leggero e friabile, e consente di trattenere meglio i nutrienti. Se invece non viene irrigata o viene usata solo come pacciamatura, diventa dura e statica, un mattone.
I terricci industriali ne contengono molta per rendere agevole il trasporto, ma la torba non è un materiale rinnovabile e la sua estrazione ha seriamente danneggiato molti ecosistemi. Ecco il perché della fibra di cocco, che ha molte fra le qualità della torba ma è una materia rinnovabile. Tuttavia la fibra di cocco non copre il vasto range di utilizzi della torba, che per alcuni scopi rimane insostituibile e indispensabile.
Glutine di mais e altro
Molto conosciuta tra gli appassionati del tappeto erboso è la farina di mais, che si è scoperto avere un certo potere erbicida (solo per i semi delle infestanti, non per quelle già germogliate), senza avere però i ben noti e disastrosi effetti collaterali degli erbicidi chimici. Inoltre è un blando formichicida (non le allontana: le uccide).
Nonostante il valore proteico, non ha un alto potere nutrizionale e viene usato solo come erbicida naturale.
Altro discorso per ammendanti di origine chimico-minerale come le “misteriose” scorie Thomas, che sono un sottoprodotto della lavorazione dell’acciaio e contengono fosforo, utile alla fioritura e alla lignificazione delle piante. Il problema è che alla lunga danno luogo a una certa alcalinizzazione del terreno, quindi vanno usate con parsimonia e dove ce ne sia bisogno, o in terreni a tendenza piuttosto acida. Tuttavia pare che queste scorie Thomas siano molto efficaci su piante restie alla fioritura. Ovviamente da non usare se non di rado su piante acidofile.
Ancora come ammendante importante c’è il sangue di bue, ad alto contenuto di azoto, che si presenta sia sotto forma liquida da diluire, sia secco. Nel primo caso può essere usato all’inizio della primavera, nel secondo in inverno, incorporato al terriccio.
Il panello di ricino è molto usato per il tappeto erboso poiché contiene molto azoto, inoltre sembra che scacci le talpe.
Il residuo della lavorazione dell’uva è molto prezioso: va messo nel compost o fatto fermentare a parte: è adatto alle acidofile.
La cenere di legna invece è molto calcarea, ma aiuta le piante a fiorire. Particolarmente gradita ai garofani, non va distribuita sul terreno, che renderebbe impermeabile, ma interrata. Il carbone di legna, interrato nelle buche delle Clematis, pare aiuti a prevenire il fatale wilt.
Molto conosciuta tra gli appassionati del tappeto erboso è la farina di mais, che si è scoperto avere un certo potere erbicida (solo per i semi delle infestanti, non per quelle già germogliate), senza avere però i ben noti e disastrosi effetti collaterali degli erbicidi chimici. Inoltre è un blando formichicida (non le allontana: le uccide).
Nonostante il valore proteico, non ha un alto potere nutrizionale e viene usato solo come erbicida naturale.
Altro discorso per ammendanti di origine chimico-minerale come le “misteriose” scorie Thomas, che sono un sottoprodotto della lavorazione dell’acciaio e contengono fosforo, utile alla fioritura e alla lignificazione delle piante. Il problema è che alla lunga danno luogo a una certa alcalinizzazione del terreno, quindi vanno usate con parsimonia e dove ce ne sia bisogno, o in terreni a tendenza piuttosto acida. Tuttavia pare che queste scorie Thomas siano molto efficaci su piante restie alla fioritura. Ovviamente da non usare se non di rado su piante acidofile.
Ancora come ammendante importante c’è il sangue di bue, ad alto contenuto di azoto, che si presenta sia sotto forma liquida da diluire, sia secco. Nel primo caso può essere usato all’inizio della primavera, nel secondo in inverno, incorporato al terriccio.
Il panello di ricino è molto usato per il tappeto erboso poiché contiene molto azoto, inoltre sembra che scacci le talpe.
Il residuo della lavorazione dell’uva è molto prezioso: va messo nel compost o fatto fermentare a parte: è adatto alle acidofile.
La cenere di legna invece è molto calcarea, ma aiuta le piante a fiorire. Particolarmente gradita ai garofani, non va distribuita sul terreno, che renderebbe impermeabile, ma interrata. Il carbone di legna, interrato nelle buche delle Clematis, pare aiuti a prevenire il fatale wilt.
Sfarinato di lupini
Non proprio a buon prezzo, ma molto facilmente reperibile, lo sfarinato di lupini si presenta sotto forma di fiocchi giallastri polverosi, che vanno distribuiti in superficie o leggermente interrati (non usatelo come pacciamatura, si agglomera con facilità). Io ne uso un po’ di più rispetto alle dosi prescritte sulle etichette, specie se ho bisogno di avvantaggiarmi dopo aver usato dei chelati di ferro per piante acidofile. Ma in linea generale ne basta davvero poco. Si trova in confezioni piuttosto piccole ed è indicatissimo per aiutare le piante che desiderano un terriccio a reazione acida.
Non dimenticate piccole accortezze nella coltivazione delle acidofile, come il lasciar riposare l’acqua di irrigazione, diluire ogni tanto un po’ d’aceto o succo di limone nell’acqua o bagnare con del tè molto blando, pacciamare con aghi di pino.
Non proprio a buon prezzo, ma molto facilmente reperibile, lo sfarinato di lupini si presenta sotto forma di fiocchi giallastri polverosi, che vanno distribuiti in superficie o leggermente interrati (non usatelo come pacciamatura, si agglomera con facilità). Io ne uso un po’ di più rispetto alle dosi prescritte sulle etichette, specie se ho bisogno di avvantaggiarmi dopo aver usato dei chelati di ferro per piante acidofile. Ma in linea generale ne basta davvero poco. Si trova in confezioni piuttosto piccole ed è indicatissimo per aiutare le piante che desiderano un terriccio a reazione acida.
Non dimenticate piccole accortezze nella coltivazione delle acidofile, come il lasciar riposare l’acqua di irrigazione, diluire ogni tanto un po’ d’aceto o succo di limone nell’acqua o bagnare con del tè molto blando, pacciamare con aghi di pino.
Cornunghia
A detta del maestro Carlo Pagani, laddove c’è da piantare qualcosa che deve lignificare nel tempo, quindi un arbusto o un albero, occorre usare la cornunghia nella buca di piantagione. È una sostanza derivata dalla torrefazione di zoccoli, corna e altri parti di animali, ad alta percentuale di azoto, mentre nulla di potassio (non basta quindi per dare sapore ai frutti). Il tipo di lavorazione la rende utile per prevenire malattie fungine e bisogna riconoscere che dà ottimi risultati. Anche questo è un prodotto decisamente poco vegan.
A detta del maestro Carlo Pagani, laddove c’è da piantare qualcosa che deve lignificare nel tempo, quindi un arbusto o un albero, occorre usare la cornunghia nella buca di piantagione. È una sostanza derivata dalla torrefazione di zoccoli, corna e altri parti di animali, ad alta percentuale di azoto, mentre nulla di potassio (non basta quindi per dare sapore ai frutti). Il tipo di lavorazione la rende utile per prevenire malattie fungine e bisogna riconoscere che dà ottimi risultati. Anche questo è un prodotto decisamente poco vegan.
Humus di lombrico
Da usare con moderazione specie in vasi di dimensioni contenute, un po’ più abbondantemente in piena terra, l’humus di lombrico dona al terriccio la carica microbiologica che lo rende in grado di effettuare quell’enorme insieme di attività biochimiche che rendono le piante belle e fiorite. Troppo tende a compattare il terriccio e farlo inzuppare, non va utilizzato come sostituto della terra.
Essendo di realizzazione piuttosto semplice e necessitando di uno spazio relativamente contenuto, molti giardinieri preparano da sé “il cibo” per i lombrichi, per poi utilizzare l’humus derivato. Si possono anche stabilire delle colonie di lombrichi direttamente in piena terra, ma in punti dove sapete che non andrete poi a zappare o vangare, arieggiare o disturbare i lombrichi. In vaso è molto utile, poiché rallenta lo “scaricarsi” del terriccio.
Un altro ottimo fertilizzante è il liquido del bokashi, un sistema giapponese di compostaggio casalingo in piccoli contenitori, che grazie a un processo particolare, è in grado di “digerire” ciò che nel compost non possiamo mettere: cioè i residui di carne, pesce, uova e frazioni di origine animale. Periodicamente il secchio del bokashi va svuotato (c’è infatti un rubinettino) e il liquido si può diluire e usare per l’annaffiatura, o semplicemente essere versato sul compost, dove attiverà le funzioni microbiologiche di decomposizione.
Da usare con moderazione specie in vasi di dimensioni contenute, un po’ più abbondantemente in piena terra, l’humus di lombrico dona al terriccio la carica microbiologica che lo rende in grado di effettuare quell’enorme insieme di attività biochimiche che rendono le piante belle e fiorite. Troppo tende a compattare il terriccio e farlo inzuppare, non va utilizzato come sostituto della terra.
Essendo di realizzazione piuttosto semplice e necessitando di uno spazio relativamente contenuto, molti giardinieri preparano da sé “il cibo” per i lombrichi, per poi utilizzare l’humus derivato. Si possono anche stabilire delle colonie di lombrichi direttamente in piena terra, ma in punti dove sapete che non andrete poi a zappare o vangare, arieggiare o disturbare i lombrichi. In vaso è molto utile, poiché rallenta lo “scaricarsi” del terriccio.
Un altro ottimo fertilizzante è il liquido del bokashi, un sistema giapponese di compostaggio casalingo in piccoli contenitori, che grazie a un processo particolare, è in grado di “digerire” ciò che nel compost non possiamo mettere: cioè i residui di carne, pesce, uova e frazioni di origine animale. Periodicamente il secchio del bokashi va svuotato (c’è infatti un rubinettino) e il liquido si può diluire e usare per l’annaffiatura, o semplicemente essere versato sul compost, dove attiverà le funzioni microbiologiche di decomposizione.
Il macerato d’ortica
Imbattibile sia che si pratichi o no un regime vegan! Il macerato di ortica ha non solo un alto potere fertilizzante, ma diluito si usa come insetticida naturale di sperimentata efficacia. La scrittrice e giardiniera Mimma Pallavicini sostiene non esserci alcuna differenza tra un buon macerato d’ortica e un concime liquido ad alto contenuto di potassio. Facciamoci anche due conti, portamonete alla mano!
Il vero problema del macerato d’ortica è che la preparazione è piuttosto lunga e durante la fermentazione si sviluppano odori davvero poco gradevoli.
Tuttavia ne esistono numerosi già pronti, acquistabili in flacone. Rispettate scrupolosamente le dosi riportate in etichetta, e solo dopo che avrete preso confidenza con questo prodotto poco noto potrete eventualmente capire se nel periodo di massima fioritura si possono ravvicinare le somministrazioni, come si usa fare per i tradizionali concimi liquidi per piante da fiore.
Imbattibile sia che si pratichi o no un regime vegan! Il macerato di ortica ha non solo un alto potere fertilizzante, ma diluito si usa come insetticida naturale di sperimentata efficacia. La scrittrice e giardiniera Mimma Pallavicini sostiene non esserci alcuna differenza tra un buon macerato d’ortica e un concime liquido ad alto contenuto di potassio. Facciamoci anche due conti, portamonete alla mano!
Il vero problema del macerato d’ortica è che la preparazione è piuttosto lunga e durante la fermentazione si sviluppano odori davvero poco gradevoli.
Tuttavia ne esistono numerosi già pronti, acquistabili in flacone. Rispettate scrupolosamente le dosi riportate in etichetta, e solo dopo che avrete preso confidenza con questo prodotto poco noto potrete eventualmente capire se nel periodo di massima fioritura si possono ravvicinare le somministrazioni, come si usa fare per i tradizionali concimi liquidi per piante da fiore.
Farine di roccia, guano, alghe e calcio
Hanno nomi commerciali a volte molto fantasiosi, ma si tratta sempre di farine di roccia, utilissime e da molti dichiarate quasi miracolose. Non solo contengono sostanze minerali utili, spesso microelementi, ma attivano processi biochimici fondamentali. Si usano in dosi realmente ridotte (parliamo di cucchiaini da caffè), perciò hanno un prezzo elevato e vengono vendute in piccoli sacchetti.
Sono davvero utili per la coltivazione in vaso, in modo da dare energia al terriccio, o “spingere” un po’ delle piante che stentano a crescere o fiorire.
Il guano è noto per le sue proprietà fertilizzanti, ma la raccolta è sottoposta a vincoli, anche perché in passato è stata compiuta in modo indiscriminato e predatorio. È un ottimo ammendante, carico di azoto e fosforo e va usato con molta parsimonia.
Le alghe rappresentano un mondo a parte, nel vero senso del termine, poiché la loro classificazione è ancora oggetto di studi. Sono organismi antichissimi e molto complessi, tuttavia quello che ci interessa è la utilità come ammendanti.
In forma di farine non solo nutrono il terreno di minerali, spesso anche oligominerali, di vitamine e molte altre sostanze che tendono il terreno soffice e in grado di trattenere meglio l’umidità (in luoghi umidi andrebbe aggiunta della sabbia per aumentare il drenaggio), ma hanno anche straordinarie proprietà antifungine.
Molto spesso vengono utilizzate per la manutenzione del tappeto erboso per evitare la crescita di funghi dannosi.
Le alghe non possono essere raccolte ovunque e alla rinfusa (anche perché ce ne sono moltissime e non tutte hanno le stesse proprietà!), ma vanno acquistate in confezioni che ne certifichino una raccolta ecosostenibile.
Il calcio si usa piuttosto poco perché i terreni calcarei sono difficili da coltivare. Dove però ci sia un forte ristagno di umidità, un terreno argilloso e pesante, il calcio può essere addizionato a sabbia a reazione neutra e pietrisco, per un miglioramento della permeabilità del suolo. Deve essere incorporato a una certa profondità, quindi va eseguito un lavoro di vangatura profonda.
Hanno nomi commerciali a volte molto fantasiosi, ma si tratta sempre di farine di roccia, utilissime e da molti dichiarate quasi miracolose. Non solo contengono sostanze minerali utili, spesso microelementi, ma attivano processi biochimici fondamentali. Si usano in dosi realmente ridotte (parliamo di cucchiaini da caffè), perciò hanno un prezzo elevato e vengono vendute in piccoli sacchetti.
Sono davvero utili per la coltivazione in vaso, in modo da dare energia al terriccio, o “spingere” un po’ delle piante che stentano a crescere o fiorire.
Il guano è noto per le sue proprietà fertilizzanti, ma la raccolta è sottoposta a vincoli, anche perché in passato è stata compiuta in modo indiscriminato e predatorio. È un ottimo ammendante, carico di azoto e fosforo e va usato con molta parsimonia.
Le alghe rappresentano un mondo a parte, nel vero senso del termine, poiché la loro classificazione è ancora oggetto di studi. Sono organismi antichissimi e molto complessi, tuttavia quello che ci interessa è la utilità come ammendanti.
In forma di farine non solo nutrono il terreno di minerali, spesso anche oligominerali, di vitamine e molte altre sostanze che tendono il terreno soffice e in grado di trattenere meglio l’umidità (in luoghi umidi andrebbe aggiunta della sabbia per aumentare il drenaggio), ma hanno anche straordinarie proprietà antifungine.
Molto spesso vengono utilizzate per la manutenzione del tappeto erboso per evitare la crescita di funghi dannosi.
Le alghe non possono essere raccolte ovunque e alla rinfusa (anche perché ce ne sono moltissime e non tutte hanno le stesse proprietà!), ma vanno acquistate in confezioni che ne certifichino una raccolta ecosostenibile.
Il calcio si usa piuttosto poco perché i terreni calcarei sono difficili da coltivare. Dove però ci sia un forte ristagno di umidità, un terreno argilloso e pesante, il calcio può essere addizionato a sabbia a reazione neutra e pietrisco, per un miglioramento della permeabilità del suolo. Deve essere incorporato a una certa profondità, quindi va eseguito un lavoro di vangatura profonda.
Piante da sovescio e maggese
Tecnica molto antica quella del piantare leguminose per interrarle poco prima della fioritura. Le leguminose infatti fissano l’azoto al terreno, ma durante la fioritura e la fruttificazione lo riassorbono. Il sovescio, cioè l’interramento parziale delle piante, va quindi effettuato appena prima della fioritura.
Piante adatte, oltre al trifoglio (in foto), sono l’erba medica, la Vicia e in generale tutte le leguminose, sia spontanee che da foraggio o da alimentazione tradizionale. Molto usata è anche la senape, dai caratteristici fiori gialli.
Tecnica molto antica quella del piantare leguminose per interrarle poco prima della fioritura. Le leguminose infatti fissano l’azoto al terreno, ma durante la fioritura e la fruttificazione lo riassorbono. Il sovescio, cioè l’interramento parziale delle piante, va quindi effettuato appena prima della fioritura.
Piante adatte, oltre al trifoglio (in foto), sono l’erba medica, la Vicia e in generale tutte le leguminose, sia spontanee che da foraggio o da alimentazione tradizionale. Molto usata è anche la senape, dai caratteristici fiori gialli.
Il filo di paglia di Fukuoka
C’è poi il mondo dell’orto e del giardino sinergico, in cui il terreno va toccato il meno possibile per non disturbare gli scambi gassosi. È una tecnica complessa, che richiede anni di assestamento e sulla quale bisogna lavorare ancora molto, specie in ambienti asciutti come quelli mediterranei. Ma molti giardinieri, pur non praticando l’agricoltura sinergica, non vangano (si chiama “no dig gardening") per non disturbare la cuticola superficiale del terreno che è poi quella in cui avvengono i procedimenti microbiologici che danno vita all’humus.
Si tratta di scelte che coinvolgono aspetti profondi del nostro modo di pensare, di vivere, rapportarci agli altri esseri viventi e alla natura.
Qualunque scelta si faccia, la si porti avanti con onestà, costanza e determinazione.
E tu? Hai già provato con qualcuna di queste soluzioni? Raccontaci nei Commenti com’è andata.
Altro
Come si sceglie il concime giusto? leggendo la sua etichetta!
Tutto quello che dovresti sapere per avere un orto sinergico
C’è poi il mondo dell’orto e del giardino sinergico, in cui il terreno va toccato il meno possibile per non disturbare gli scambi gassosi. È una tecnica complessa, che richiede anni di assestamento e sulla quale bisogna lavorare ancora molto, specie in ambienti asciutti come quelli mediterranei. Ma molti giardinieri, pur non praticando l’agricoltura sinergica, non vangano (si chiama “no dig gardening") per non disturbare la cuticola superficiale del terreno che è poi quella in cui avvengono i procedimenti microbiologici che danno vita all’humus.
Si tratta di scelte che coinvolgono aspetti profondi del nostro modo di pensare, di vivere, rapportarci agli altri esseri viventi e alla natura.
Qualunque scelta si faccia, la si porti avanti con onestà, costanza e determinazione.
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È la base per avere un buon terriccio, quindi delle piante vigorose, fiorite e in salute. Esistono numerosi modi per fare il compost, sia in contenitori specifici come le compostiere in plastica, sia a mucchio libero (come in foto), a cumulo lineare, fino alla compostiera a tre scomparti per i tre stadi di maturazione.
Il compost tende di suo a una reazione blandamente acida, il che aiuta molto nella coltivazione di azalee, ortensie, camelie, gardenie, ecc. Ma per ottimizzare la reazione che conduce alla giusta decomposizione dei materiali, si può occasionalmente aggiungere qualche pugno di cenere di legna, se l’avete, o di bicarbonato di sodio.
Esistono in commercio molti acceleratori di compostaggio a base di enzimi, inoltre – chi vuole – può intervallare uno strato di letame fresco.
È assolutamente fondamentale che sul fondo della compostiera o del mucchio ci sia del materiale legnoso, che consenta il passaggio dell’aria, ed è importantissimo intercalare materiale umido, come lo sfalcio dell’erba, a materiale un po’ più legnoso, come gli scarti di potatura trinciati.
Lo sfatticcio di foglie è molto simile al compost, ma molto meno carico di nutrienti e più leggero come consistenza. In casa si può fare raccogliendo le foglie di alberi non sempreverdi, da chiudere in un sacco nero forato, posto in ombra, che va periodicamente capovolto. In un mese lo sfatticcio dovrebbe esser pronto.