Manifattura di Meissen: dalle Porcellane ai Mobili "Couture"
Oggi Meissen realizza mobili, abiti e accessori moda: come un’attività tradizionale diventa haute couture e manifattura da commissione
Fondata nel 1710 da Augusto II di Polonia detto “il Forte”, la manifattura di porcellana di Meissen è rimasta uguale a se stessa per moltissimo tempo. Tuttavia, molti sono stati i cambiamenti da quando il dottor Christian Kurtzke ha cominciato a lavorarvi cinque anni fa.
Quando gli venne offerta questa possibilità si sentì le farfalle nello stomaco, perché ciò che aveva ricevuto non era solo un posto in un’altra azienda, ma un bene culturale inestimabile. Il nuovo amministratore aveva dei grandi piani e voleva cambiarne l’intera struttura. Ha creato il marchio unico “Meissen Couture”, con sede distaccata a Milano, dove vengono prodotti mobili e capi di alta moda, rendendo questo nome un vero e proprio marchio di stile.
Ed essendo il signor Kurtzke un ottimo narratore, riesce a legare bene tutte le sue decisioni con la tradizione di casa. La scelta di una città italiana, ad esempio? «Beh, Augusto il Forte era egli stesso un estimatore dell’Italia, tanto da rifare mezza Dresda secondo lo stile veneziano». Il nuovo settore dell’alta moda? «Ma se prepariamo vestiti per i nostri personaggi in porcellana da secoli!».
Perché fa tutto questo? Per salvare il presente di Meissen: l’oro bianco – la sua porcellana – non è più l’El Dorado del commercio, e ovunque i suoi produttori non riescono più a tenere il passo del mercato. L’alta moda però, l’haute couture appunto, è un concetto il cui valore oggi è fortemente apprezzato. E per questo Kurtzke non vende più porcellana: lui vende competenza.
Quando gli venne offerta questa possibilità si sentì le farfalle nello stomaco, perché ciò che aveva ricevuto non era solo un posto in un’altra azienda, ma un bene culturale inestimabile. Il nuovo amministratore aveva dei grandi piani e voleva cambiarne l’intera struttura. Ha creato il marchio unico “Meissen Couture”, con sede distaccata a Milano, dove vengono prodotti mobili e capi di alta moda, rendendo questo nome un vero e proprio marchio di stile.
Ed essendo il signor Kurtzke un ottimo narratore, riesce a legare bene tutte le sue decisioni con la tradizione di casa. La scelta di una città italiana, ad esempio? «Beh, Augusto il Forte era egli stesso un estimatore dell’Italia, tanto da rifare mezza Dresda secondo lo stile veneziano». Il nuovo settore dell’alta moda? «Ma se prepariamo vestiti per i nostri personaggi in porcellana da secoli!».
Perché fa tutto questo? Per salvare il presente di Meissen: l’oro bianco – la sua porcellana – non è più l’El Dorado del commercio, e ovunque i suoi produttori non riescono più a tenere il passo del mercato. L’alta moda però, l’haute couture appunto, è un concetto il cui valore oggi è fortemente apprezzato. E per questo Kurtzke non vende più porcellana: lui vende competenza.
Questa conoscenza non viene utilizzata solo per proprie produzioni o linee di prodotti, ma viene messa a disposizione di tutti: Meissen vede se stessa come una manifattura al servizio della società, che con la collaborazione di architetti e designer realizza pezzi unici o piccole produzioni prestigiosissime, come piastrelle dai colori esclusivi. Ci spiega Kurtzke: «Noi realizziamo gli stessi colori da 300 anni, e quando un architetto viene da me e vuole arredare un bagno o una suite e mi dice di volere una certa tonalità, noi creiamo per lui esattamente quel colore».
Competenza in questo tesoro di forme
Il signor Trommer tira fuori da un cassetto di legno delle vere e proprie opere d’arte: incisioni di Watteau, lavori di Boucher, scene di caccia di Riedinger che hanno anche più di 250 anni. Sembrano “consumati” – si notano le impronte – non sono tenuti come se fossero conservati dietro una teca in un museo, perché qui alla manifattura di Meissen sono materiale da lavoro, parte di un infinito “tesoro di forme” dai cui episodi e dettagli prendono vita nelle nuove decorazioni. Quelle decorazioni fatte da uomini come il signor Trommer, che lavora qui dal 1972.
Nella manifattura si trovano grossi depositi dove vengono impilati fino al soffitto calchi per le porcellane: sono vecchi decine, se non centinaia di anni: un archivio immenso con il quale lavorare. Si possono riprodurre antichi pezzi di porcellana oppure riutilizzarne le forme in nuovi contesti. La raccolta di pezzi antichi, abbozzi o modelli segue proprio questa logica: realizzare un infinito luna park nel quale i creativi, come fossero bambini, possano scegliere il gioco più adatto alla loro fantasia.
Il signor Trommer tira fuori da un cassetto di legno delle vere e proprie opere d’arte: incisioni di Watteau, lavori di Boucher, scene di caccia di Riedinger che hanno anche più di 250 anni. Sembrano “consumati” – si notano le impronte – non sono tenuti come se fossero conservati dietro una teca in un museo, perché qui alla manifattura di Meissen sono materiale da lavoro, parte di un infinito “tesoro di forme” dai cui episodi e dettagli prendono vita nelle nuove decorazioni. Quelle decorazioni fatte da uomini come il signor Trommer, che lavora qui dal 1972.
Nella manifattura si trovano grossi depositi dove vengono impilati fino al soffitto calchi per le porcellane: sono vecchi decine, se non centinaia di anni: un archivio immenso con il quale lavorare. Si possono riprodurre antichi pezzi di porcellana oppure riutilizzarne le forme in nuovi contesti. La raccolta di pezzi antichi, abbozzi o modelli segue proprio questa logica: realizzare un infinito luna park nel quale i creativi, come fossero bambini, possano scegliere il gioco più adatto alla loro fantasia.
Ne è un esempio Chris Anteman, un’artista americana che lavora all’interno dell’Art Campus in Meissen e che traduce le scene barocche in un audace burlesque. Sono passati di qui anche designer del calibro di Peter Marigold o artisti come Otto Piene.
Lo scopo da raggiungere è uno scambio di creatività, dal quale sia gli artisti, sia la manifattura, traggano vicendevolmente vantaggio: «I creativi non hanno timore dei materiali e ci sanno mettere al nostro posto se interferiamo», dice Kurtzke. «A volte dai loro lavori escono oggetti e creazioni che noi stessi possiamo usare in seguito». Dopotutto, sin da quando Augusto il Forte chiese a Böttger, suo alchimista e ricercatore, di scoprire la formula della porcellana asiatica che tanto amava, è stata proprio la scienza applicata il fondamento della manifattura. Attendere che le cose accadano da sole non è un’opzione da prendere in considerazione.
Lo scopo da raggiungere è uno scambio di creatività, dal quale sia gli artisti, sia la manifattura, traggano vicendevolmente vantaggio: «I creativi non hanno timore dei materiali e ci sanno mettere al nostro posto se interferiamo», dice Kurtzke. «A volte dai loro lavori escono oggetti e creazioni che noi stessi possiamo usare in seguito». Dopotutto, sin da quando Augusto il Forte chiese a Böttger, suo alchimista e ricercatore, di scoprire la formula della porcellana asiatica che tanto amava, è stata proprio la scienza applicata il fondamento della manifattura. Attendere che le cose accadano da sole non è un’opzione da prendere in considerazione.
Competenza nella pittura
Chi sa dipingere pezzi d’arte in porcellana, perché dovrebbe limitarsi a questo materiale? Oggi si dipinge sul cuoio, sulla seta, sui cuscini, sui paraventi come lavoro parallelo alla porcellana. La pittura è una competenza artigianale raffinata che non si deve collegare esclusivamente a un unico materiale.
Sebbene Meissen sia diventata celebre come manifattura della porcellana, il mutamento della sua manifattura in haute couture è una sorta di ritorno al passato.
È così che lo intende Christian Kurtzke: «Noi abbiamo cominciato oltre 300 anni fa con pezzi di lusso e prestigiosi, dagli arredi di interni agli oggetti decorativi per Augusto il Forte, ma anche opere come la Processione dei Principi sul castello di Dresda (ultimata tra il 1904 e il 1907) dipinta su circa 25 mila piastrelle in porcellana con cui venne decorata l’intera facciata e che si può ammirare ancora oggi».
Chi sa dipingere pezzi d’arte in porcellana, perché dovrebbe limitarsi a questo materiale? Oggi si dipinge sul cuoio, sulla seta, sui cuscini, sui paraventi come lavoro parallelo alla porcellana. La pittura è una competenza artigianale raffinata che non si deve collegare esclusivamente a un unico materiale.
Sebbene Meissen sia diventata celebre come manifattura della porcellana, il mutamento della sua manifattura in haute couture è una sorta di ritorno al passato.
È così che lo intende Christian Kurtzke: «Noi abbiamo cominciato oltre 300 anni fa con pezzi di lusso e prestigiosi, dagli arredi di interni agli oggetti decorativi per Augusto il Forte, ma anche opere come la Processione dei Principi sul castello di Dresda (ultimata tra il 1904 e il 1907) dipinta su circa 25 mila piastrelle in porcellana con cui venne decorata l’intera facciata e che si può ammirare ancora oggi».
Lo spirito della manifattura resta
Le stanze dove sono conservate le opere d’arte di Meissen e dove oggi lavorano gli artigiani sono piccole e silenziose, sembrano quasi delle camerate, con quattro, cinque o sei tavoli, in cui le voci si attenuano. Tazze da tè accanto a soprammobili, gli specialisti delle porcellane cinesi che lavorano in una stanza, mentre i pittori del cuoio in un’altra. In quella dove lavora lo specialista della pittura floreale è tutto più rigoglioso, con piante verdi, pareti piene di quadri ricchi di rose lussureggianti e di invitanti grappoli d’uva. Per un progetto di bozza viene assemblato proprio ora un collage di carta: che vada meglio il grappolo qui e le rose un po’ più a destra?
Nel corso della nostra visita, Kurtzke corre continuamente avanti e indietro. Si sente un rumore in lontananza e non può essere lui a farlo. «Vuole che la porti io?» chiede Kurtzke a braccia aperte a un’impiegata con le stampelle che ci viene incontro sulla porta con un ginocchio rotto: così rallentiamo, come se lui volesse fermarsi ad aiutarla. Poi acceleriamo nei corridoi, saliamo delle scale, ne scendiamo delle altre, entriamo in un montacarichi e ne usciamo di nuovo: in tutto questo movimento si può perdere facilmente il senso dell’orientamento. Qui lavorano circa 650 dipendenti. Non si produce solo porcellana, ma haute couture: è un affare costoso. Quindi lento.
Le stanze dove sono conservate le opere d’arte di Meissen e dove oggi lavorano gli artigiani sono piccole e silenziose, sembrano quasi delle camerate, con quattro, cinque o sei tavoli, in cui le voci si attenuano. Tazze da tè accanto a soprammobili, gli specialisti delle porcellane cinesi che lavorano in una stanza, mentre i pittori del cuoio in un’altra. In quella dove lavora lo specialista della pittura floreale è tutto più rigoglioso, con piante verdi, pareti piene di quadri ricchi di rose lussureggianti e di invitanti grappoli d’uva. Per un progetto di bozza viene assemblato proprio ora un collage di carta: che vada meglio il grappolo qui e le rose un po’ più a destra?
Nel corso della nostra visita, Kurtzke corre continuamente avanti e indietro. Si sente un rumore in lontananza e non può essere lui a farlo. «Vuole che la porti io?» chiede Kurtzke a braccia aperte a un’impiegata con le stampelle che ci viene incontro sulla porta con un ginocchio rotto: così rallentiamo, come se lui volesse fermarsi ad aiutarla. Poi acceleriamo nei corridoi, saliamo delle scale, ne scendiamo delle altre, entriamo in un montacarichi e ne usciamo di nuovo: in tutto questo movimento si può perdere facilmente il senso dell’orientamento. Qui lavorano circa 650 dipendenti. Non si produce solo porcellana, ma haute couture: è un affare costoso. Quindi lento.
È facile capirlo seguendo la realizzazione tradizionale della porcellana: nella cassa dove sono conservati i semilavorati si possono trovare tutti i singoli pezzi da assemblare. Lì c’è una gamba, qui un corno, là viene aggiunto un minuscolo pollice alla mano con delle unghie in miniatura. Solo questo passaggio, la composizione di 10 fino a 150 differenti pezzi singoli fusi insieme, dura giorni, se non addirittura settimane. A questo segue l’asciugatura sulla fiamma che può richiedere, a seconda della grandezza dell’esemplare, fino a sei settimane.
Solo l’esperienza insegna quanta umidità debba essere asciugata affinché il pezzo non si ripieghi su se stesso sotto il suo peso; quanto debba restare sospeso nell’acqua mista ad argilla affinché mantenga la forma; come poter aggiungere delle piccole foglie di porcellana al pezzo realizzato; come dare un lieve ritocco con la spatola affinché appaia come un pezzo unico, un pezzo d’arte; come staccare la forma con fili sottilissimi e come inserire decorazioni in filigrana. Tutto dev’essere amplificato, perché alla cottura le figure si riducono del 16% e dopo segue anche la vetrinatura, nella quale i manufatti vengono totalmente immersi.
Solo l’esperienza insegna quanta umidità debba essere asciugata affinché il pezzo non si ripieghi su se stesso sotto il suo peso; quanto debba restare sospeso nell’acqua mista ad argilla affinché mantenga la forma; come poter aggiungere delle piccole foglie di porcellana al pezzo realizzato; come dare un lieve ritocco con la spatola affinché appaia come un pezzo unico, un pezzo d’arte; come staccare la forma con fili sottilissimi e come inserire decorazioni in filigrana. Tutto dev’essere amplificato, perché alla cottura le figure si riducono del 16% e dopo segue anche la vetrinatura, nella quale i manufatti vengono totalmente immersi.
Il forno e la vetreria sono l’unica parte dell’intera manifattura che può ricordare una fabbrica, con grandissimi carrelli pieni di tazze fragilissime che aspettano la loro cottura. La vetrinatura base viene fatta oggi con la pistola a spruzzo ed è solo in questo passaggio che dei nuovi strumenti sostituiscono i vecchi. Ma è, e resta, un lavoro manuale: la produzione seriale “industriale” è infatti una filosofia opposta al concetto di haute couture.
Lo stesso marchio Meissen continua a essere inciso a mano sulle porcellane, dipinto prima della vetrinatura e realizzato con un pennello specifico, di solito sotto la base: rilevante in questo caso è la parola “sotto”, perché il logo si trova in un posto dove non possa essere immediatamente visto. Questa regola vale anche per i nuovi prodotti in catalogo (infatti nelle piastrelle lo si trova intagliato sulla superficie posteriore).
È anche possibile che ci siano prodotti che hanno sì la firma Meissen, ma magari in una forma più astratta: si può ad esempio solo intuire la presenza della spada del marchio nelle doghe dello schienale di un divano. In questo caso, l’applicazione del marchio su tutto non va praticata.
È anche possibile che ci siano prodotti che hanno sì la firma Meissen, ma magari in una forma più astratta: si può ad esempio solo intuire la presenza della spada del marchio nelle doghe dello schienale di un divano. In questo caso, l’applicazione del marchio su tutto non va praticata.
Passare poi dai piatti agli arredi è stato una conseguenza logica.
Sotto la direzione creativa del dottor Kurtzke e del designer di interni berlinese Markus Hilzinger, il team realizza da circa due anni collezioni che incantano per la loro eleganza classica e l’impiego di materiali speciali. Ad esempio le lampade in porcellana marrone di Böttger oppure, come abbiamo visto all’inizio, le decorazioni incastonate nei tavolini. Sui nuovi progetti vengono importati i motivi utilizzati nella pittura della porcellana in maniera diretta o più astratta. «Il DNA del marchio resta riconoscibile in tutto», rassicura Kurtzke.
Sotto la direzione creativa del dottor Kurtzke e del designer di interni berlinese Markus Hilzinger, il team realizza da circa due anni collezioni che incantano per la loro eleganza classica e l’impiego di materiali speciali. Ad esempio le lampade in porcellana marrone di Böttger oppure, come abbiamo visto all’inizio, le decorazioni incastonate nei tavolini. Sui nuovi progetti vengono importati i motivi utilizzati nella pittura della porcellana in maniera diretta o più astratta. «Il DNA del marchio resta riconoscibile in tutto», rassicura Kurtzke.
Devono essere realizzati dei “Collectibles”, pezzi dei quali ci si possa innamorare per sempre. «Non voglio diventare un fornitore di ogni genere d’oggetto, non è quello che mi interessa», afferma Kurtzke. Si lavora con arredamenti di interni scelti e l’azienda dei Fratelli Weishäupl, di lunga tradizione, funge da partner commerciale.
A questo si aggiungono i lavori su commissione: «Un designer può anche partire da una nostra creazione, ma la sua qualità principale è, e deve restare, quella di saper creare tutto un nuovo mondo con il suo personalissimo stile».
Per Christian Kurtzke, l’idea che qualcuno si possa basare completamente su Meissen è uno spauracchio bello e buono. Perché nella manifattura, così come nella haute couture, si tratta di creare unicità.
A questo si aggiungono i lavori su commissione: «Un designer può anche partire da una nostra creazione, ma la sua qualità principale è, e deve restare, quella di saper creare tutto un nuovo mondo con il suo personalissimo stile».
Per Christian Kurtzke, l’idea che qualcuno si possa basare completamente su Meissen è uno spauracchio bello e buono. Perché nella manifattura, così come nella haute couture, si tratta di creare unicità.
Conosci la Manifattura di Meissen? Magari a casa hai un pezzo delle sue porcellane? Mostracelo con una foto e raccontaci la tua storia!
Competenza nei colori e nella tecnica di lavorazione
La creazione della porcellana è tutt’oggi un po’ un’alchimia nella quale si mescolano la profonda conoscenza delle composizioni chimiche e della tecnica di lavorazione, nonché dei processi di combustione e di miscela del colore e della pigmentazione. Tutto questo viene utilizzato in nuovi contesti, come in questo tavolino della Home Collection, in cui al centro della superficie impiallacciata di rovere troviamo incastonato un meraviglioso medaglione in porcellana.