I Consigli degli Scenografi del Cinema per la Tua Casa
Tre scenografi condividono la loro sensibilità sull'universo della casa, raccontando come enfatizzarne armonia e ritmo
Il celebre colpo d’occhio, quel certo “non so che” capace di restituirci un senso di compiutezza e attrazione al primo sguardo, è la “materia immateriale” con cui si confrontano gli scenografi. Che sia per il teatro, il cinema o il mondo della cultura, sono loro a lavorare sull’iconicità degli oggetti in uno spazio e sulla relazione che questo intrattiene con le persone. Per capire se una casa possa essere considerata come un set, e se sia possibile trasformarla in un palcoscenico ammiccante e allo stesso tempo sincero, ne abbiamo interpellati tre. Ecco i pensieri, le sensibilità, e qualche consiglio prezioso che gli abbiamo carpito.
Un’immagine dalla fiction RAI “Il paradiso delle signore”
Gli chiediamo, allora, in che modo la sensibilità di uno scenografo sia diversa da quella di un architetto.
«Ho costruito case in teatro con le sembianze di una casa vera, ad esempio utilizzando soffitti, perché mi piace l’idea che la presenza del teatro sia dissimulata agli occhi del pubblico. Quello che molte case di oggi non dissimulano, invece, è la predilezione per la praticità, una sorta di mantra che a volte può portare a delle interpretazioni molto basiche. Per me invece è importante che le case restituiscano innanzitutto profondità spaziale. Un aspetto fondamentale sono i punti luce, che vanno accuratamente pianificati come in una vera e propria maquette (modello in scala), così da ricreare subito un’atmosfera di calore».
Gli chiediamo, allora, in che modo la sensibilità di uno scenografo sia diversa da quella di un architetto.
«Ho costruito case in teatro con le sembianze di una casa vera, ad esempio utilizzando soffitti, perché mi piace l’idea che la presenza del teatro sia dissimulata agli occhi del pubblico. Quello che molte case di oggi non dissimulano, invece, è la predilezione per la praticità, una sorta di mantra che a volte può portare a delle interpretazioni molto basiche. Per me invece è importante che le case restituiscano innanzitutto profondità spaziale. Un aspetto fondamentale sono i punti luce, che vanno accuratamente pianificati come in una vera e propria maquette (modello in scala), così da ricreare subito un’atmosfera di calore».
Un appartamento firmato da Stefano Giambanco
Dopo la luce, per Stefano Giambanco arriva un altro tocco imprescindibile: il colore, da utilizzare anche per abbinamenti azzardati, a volte giocati nella sommatoria di cromie, coordinando il disordine tra tutti gli elementi.
«Io sono ossessionato dai tessuti, che mi piace usare per dare un tocco di personalità: li scelgo personalmente per gli imbottiti e infine per le tende che, spesso trascurate, sono uno degli elementi che vestono maggiormente una casa, di cui aiutano a diffondere anche la luce. Anche la scelta dei legni è molto importante. In generale, a me piacere lavorare con il povero, il vintage: vai dal rigattiere, trovi qualcosa che ti piace, la rimetti in sesto e diventa nuova. Un’operazione spesso possibile anche con un piccolo budget».
Dopo la luce, per Stefano Giambanco arriva un altro tocco imprescindibile: il colore, da utilizzare anche per abbinamenti azzardati, a volte giocati nella sommatoria di cromie, coordinando il disordine tra tutti gli elementi.
«Io sono ossessionato dai tessuti, che mi piace usare per dare un tocco di personalità: li scelgo personalmente per gli imbottiti e infine per le tende che, spesso trascurate, sono uno degli elementi che vestono maggiormente una casa, di cui aiutano a diffondere anche la luce. Anche la scelta dei legni è molto importante. In generale, a me piacere lavorare con il povero, il vintage: vai dal rigattiere, trovi qualcosa che ti piace, la rimetti in sesto e diventa nuova. Un’operazione spesso possibile anche con un piccolo budget».
Giada Petrone in uno scatto di Solange Souza
Armonizzare gli spazi restituendo l’immaginario di chi li abita: la visione di Giada Petrone
Un punto di vista originale sulla relazione tra allestimento scenografico e arredamento domestico è quello coltivato da Giada Petrone. Laureata in storia del teatro, Giada ha lavorato per oltre dieci anni come braccio destro di Andrès Neumann, curatore artistico e direttore di produzione di molti grandi protagonisti delle arti performative, tra cui Pina Bausch.
Lasciato il mondo del teatro, ha recentemente dato vita a una propria attività di coaching focalizzata sul mondo della casa: un’interpretazione personalissima del mondo del relooking, orientata non tanto e non solo a un sofisticato esercizio di styling, quanto alla ricerca dell’armonia e della fedeltà psicologica tra lo spazio e il suo abitante.
Armonizzare gli spazi restituendo l’immaginario di chi li abita: la visione di Giada Petrone
Un punto di vista originale sulla relazione tra allestimento scenografico e arredamento domestico è quello coltivato da Giada Petrone. Laureata in storia del teatro, Giada ha lavorato per oltre dieci anni come braccio destro di Andrès Neumann, curatore artistico e direttore di produzione di molti grandi protagonisti delle arti performative, tra cui Pina Bausch.
Lasciato il mondo del teatro, ha recentemente dato vita a una propria attività di coaching focalizzata sul mondo della casa: un’interpretazione personalissima del mondo del relooking, orientata non tanto e non solo a un sofisticato esercizio di styling, quanto alla ricerca dell’armonia e della fedeltà psicologica tra lo spazio e il suo abitante.
Foto di Solange Souza
In veste di “armonizzatrice di spazi”, Giada Petrone ci racconta il suo approccio.
«Ogni persona è definita da un immaginario personale: l’obiettivo del mio lavoro è capire come alimentarlo e come creare un ambiente domestico che possa corrispondervi. Il mondo del teatro insegna che con pochissimo si può avere un effetto molto grande. Oggi, quello che mi interessa è appunto fare con poco ed è per questo che Il mio progetto non prevede necessariamente l’acquisto di nuovi oggetti. Quando inizio a lavorare con un nuovo cliente, faccio un sopralluogo nella sua casa e individuo, con un vero e proprio report, le cose da valorizzare e quelle da eliminare. Attraverso accostamenti ripensati, l’obiettivo è quello di trovare insieme un “ritmo” che sia piacevole per lo sguardo, senza tradire la funzionalità dei vari ambienti. L’armonia viene tra dall’unione tra il ritmo e la funzionalità».
In veste di “armonizzatrice di spazi”, Giada Petrone ci racconta il suo approccio.
«Ogni persona è definita da un immaginario personale: l’obiettivo del mio lavoro è capire come alimentarlo e come creare un ambiente domestico che possa corrispondervi. Il mondo del teatro insegna che con pochissimo si può avere un effetto molto grande. Oggi, quello che mi interessa è appunto fare con poco ed è per questo che Il mio progetto non prevede necessariamente l’acquisto di nuovi oggetti. Quando inizio a lavorare con un nuovo cliente, faccio un sopralluogo nella sua casa e individuo, con un vero e proprio report, le cose da valorizzare e quelle da eliminare. Attraverso accostamenti ripensati, l’obiettivo è quello di trovare insieme un “ritmo” che sia piacevole per lo sguardo, senza tradire la funzionalità dei vari ambienti. L’armonia viene tra dall’unione tra il ritmo e la funzionalità».
Foto di Solange Souza
La ritmicità dello spazio e la sua capacità di generare interazione è un’attitudine spiccatamente teatrale, quella che genera attenzione per la scena e coinvolgimento nel pubblico.
«Quando entro in uno spazio immediatamente percepisco quando i mobili son troppo vicini» conferma infatti Giada, «quando una cosa è troppo profonda e perde luce, quando un divano è sproporzionato. Recentemente nella casa di una coppia mi sono semplicemente resa conto che c’erano troppi spigoli!».
Dopo questa prima riarmonizzazione generale, Giada Petrone lavora con i suoi clienti sull’immaginario che la casa, in corrispondenza al loro vissuto, dovrebbe far trasparire: «Quello che mi interessa è che, proprio come succede in teatro, questo senso di meraviglia sia quotidiano, che la casa offra agguati poetici».
La ritmicità dello spazio e la sua capacità di generare interazione è un’attitudine spiccatamente teatrale, quella che genera attenzione per la scena e coinvolgimento nel pubblico.
«Quando entro in uno spazio immediatamente percepisco quando i mobili son troppo vicini» conferma infatti Giada, «quando una cosa è troppo profonda e perde luce, quando un divano è sproporzionato. Recentemente nella casa di una coppia mi sono semplicemente resa conto che c’erano troppi spigoli!».
Dopo questa prima riarmonizzazione generale, Giada Petrone lavora con i suoi clienti sull’immaginario che la casa, in corrispondenza al loro vissuto, dovrebbe far trasparire: «Quello che mi interessa è che, proprio come succede in teatro, questo senso di meraviglia sia quotidiano, che la casa offra agguati poetici».
Immagini dalla mostra “Gianni Berengo Gardin Roma” al Casale di Santa Maria Nova a Roma nel progetto allestitivo di COR Arquitectos e Flavia Chiavaroli
La fruizione dello spazio, le sensazioni che ne scaturiscono: dalle mostre alla casa nelle parole di Flavia Chiavaroli
La scenografia non si spende naturalmente solo in ambito cinematografico e teatrale, ma trova un campo di esercizio importante nell’allestimento di mostre.
A parlarci della sensibilità che si acquisisce sul campo è Flavia Chiavaroli, architetta impegnata da anni nella progettazione di scenografie per esposizioni, oltre che nell’attività giornalistica nel campo del design.
«L’exhibition design è l’arte del mostrare» ci spiega Flavia. «Sia l’allestimento museale che la casa sono luoghi dediti innanzitutto all’accoglienza e il rapporto che abbiamo con loro è interattivo: si fruisce lo spazio abitativo quanto si beneficia dell’opera esposta, del suo contesto, dei raffronti con le altre opere in mostra».
La fruizione dello spazio, le sensazioni che ne scaturiscono: dalle mostre alla casa nelle parole di Flavia Chiavaroli
La scenografia non si spende naturalmente solo in ambito cinematografico e teatrale, ma trova un campo di esercizio importante nell’allestimento di mostre.
A parlarci della sensibilità che si acquisisce sul campo è Flavia Chiavaroli, architetta impegnata da anni nella progettazione di scenografie per esposizioni, oltre che nell’attività giornalistica nel campo del design.
«L’exhibition design è l’arte del mostrare» ci spiega Flavia. «Sia l’allestimento museale che la casa sono luoghi dediti innanzitutto all’accoglienza e il rapporto che abbiamo con loro è interattivo: si fruisce lo spazio abitativo quanto si beneficia dell’opera esposta, del suo contesto, dei raffronti con le altre opere in mostra».
Immagini dalla mostra “Gianni Berengo Gardin Roma”
Ma il mondo della casa e quello delle mostre sono realtà distanti o è possibile individuare dei punti in comune? «La scenografia museale e quella domestica condividono l’esperienza che lo spazio progettato è in grado di far vivere a chi lo sperimenta. La sensazione di comfort permette l’immersione, la semplicità con cui si muove il padrone di casa nel suo habitat equivale a quella del visitatore che, in mostra, si lascia trasportare dallo storytelling che lo guida attraverso le opere esposte», continua Chiavaroli.
Ma il mondo della casa e quello delle mostre sono realtà distanti o è possibile individuare dei punti in comune? «La scenografia museale e quella domestica condividono l’esperienza che lo spazio progettato è in grado di far vivere a chi lo sperimenta. La sensazione di comfort permette l’immersione, la semplicità con cui si muove il padrone di casa nel suo habitat equivale a quella del visitatore che, in mostra, si lascia trasportare dallo storytelling che lo guida attraverso le opere esposte», continua Chiavaroli.
Immagini dalla mostra “Caravaggio Napoli” al Museo e Real Bosco di Capodimonte, progetto allestitivo di COR Arquitectos e Flavia Chiavaroli
Quale, allora, il fil rouge che ci permette di immaginare la nostra domesticità come si trovasse su un palcoscenico? Quale un esempio concreto che evidenza questa assonanza, questa relazione?
«La luce, il colore, gli scorci. Queste tre parole chiave guidano la progettazione spaziale. Un esempio potrebbe essere il posizionamento di una poltrona vintage appena acquistata. Prima di tutto sceglieremo la tappezzeria, in linea (o in
dichiarato contrasto!) con il colore dell’ambiente che la ospiterà e con il mobilio della stanza. Nel posizionarla individueremo un angolo vicino ad una finestra, immaginando di poter distogliere lo sguardo dalla lettura e perdersi in quello scorcio che tanto amiamo. Infine le affiancheremo una lampada, che al contempo arredi lo spazio ed emani una luce calda, che riempirà delicatamente lo spazio, e una pianta, che connetta l’interno con l’esterno della casa… Non è molto sottile, in questo caso, il confine tra installazione artistica e interior design?».
Raccontaci: quale fra le filosofie di questi tre scenografi senti più simile alla tua? Scrivici nei Commenti.
Altro
Lezioni di Composizione: Come Creare Mini Scenografie di Oggetti
10 Scenografie da Copiare per Ridare Entusiasmo alle Pareti del Salotto
Quale, allora, il fil rouge che ci permette di immaginare la nostra domesticità come si trovasse su un palcoscenico? Quale un esempio concreto che evidenza questa assonanza, questa relazione?
«La luce, il colore, gli scorci. Queste tre parole chiave guidano la progettazione spaziale. Un esempio potrebbe essere il posizionamento di una poltrona vintage appena acquistata. Prima di tutto sceglieremo la tappezzeria, in linea (o in
dichiarato contrasto!) con il colore dell’ambiente che la ospiterà e con il mobilio della stanza. Nel posizionarla individueremo un angolo vicino ad una finestra, immaginando di poter distogliere lo sguardo dalla lettura e perdersi in quello scorcio che tanto amiamo. Infine le affiancheremo una lampada, che al contempo arredi lo spazio ed emani una luce calda, che riempirà delicatamente lo spazio, e una pianta, che connetta l’interno con l’esterno della casa… Non è molto sottile, in questo caso, il confine tra installazione artistica e interior design?».
Raccontaci: quale fra le filosofie di questi tre scenografi senti più simile alla tua? Scrivici nei Commenti.
Altro
Lezioni di Composizione: Come Creare Mini Scenografie di Oggetti
10 Scenografie da Copiare per Ridare Entusiasmo alle Pareti del Salotto
La casa come un palcoscenico, il palcoscenico come un’architettura: Stefano Giambanco è un maestro della scenografia romana che ha declinato la propria sensibilità e visione non solo sui set del teatro, del cinema e della fiction, ma anche nell’arredamento di molte residenze. Formatosi nella bottega di un restauratore in Toscana, vede nei cromatismi e nei chiaroscuri la chiave di volta per configurare uno spazio.