Due Masserie Pugliesi Ristrutturate nel Segno dell’Autonomia Energetica
Arredi essenziali e cura dei dettagli: due vecchie masserie riconvertite nel rispetto della sostenibilità ambientale e dell’estetica rurale
Roberta del Vaglio
4 novembre 2016
Houzz Italia Contributor e giornalista specializzata in interior design. Mi piacciono le case, quelle vere, in cui l'estetica è affidata alla vita vissuta. Sono sempre a caccia di soluzioni inaspettate e di designer innovativi: i creativi nascondono sempre storie interessanti e il mio lavoro - la mia passione - è raccontarle.
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Cosa possiamo imparare da questo progetto dedicato all’ospitalità in Puglia? Che ristrutturare in modo intelligente è possibile (e ripetibile tra le stanze delle nostre case e nelle ristrutturazioni domestiche). Il risultato? Un inno al passato con i comfort contemporanei: un edificio quasi del tutto autonomo dal punto di vista dei consumi, con tecnologie invisibili che restano nascoste dietro le quinte, riservando la ribalta a dettagli di stile legati alla tradizione. Tra i meriti dell’architetto che ha firmato questa ristrutturazione c’è infatti anche l’aver saputo riscoprire il fascino essenziale degli interni rurali, andando in giro nei dintorni recuperando arredi, strumenti tradizionali e materiali da riconvertire.
Fotografie di Frank Sabato
Colpo d’occhio
Dove: Torre dell’Orso (Lecce)
Anno di ristrutturazione: 2016
Architetto: Alessandro Cannoletta di UZone Design
Superficie: 16 unità abitative per 543 m²; il terreno misura 3.351 m²
Due masserie attigue ridotte a poco più che ruderi e un obiettivo: restaurarle rendendole quasi del tutto autonome sul piano dei consumi, nel pieno rispetto delle architetture locali e del paesaggio. Una sfida stimolante per chi è innamorato del territorio, da declinare in ogni aspetto abitativo: dalle strutture agli accessori di uso quotidiano, dalle tecnologie ai dettagli stilistici.
Colpo d’occhio
Dove: Torre dell’Orso (Lecce)
Anno di ristrutturazione: 2016
Architetto: Alessandro Cannoletta di UZone Design
Superficie: 16 unità abitative per 543 m²; il terreno misura 3.351 m²
Due masserie attigue ridotte a poco più che ruderi e un obiettivo: restaurarle rendendole quasi del tutto autonome sul piano dei consumi, nel pieno rispetto delle architetture locali e del paesaggio. Una sfida stimolante per chi è innamorato del territorio, da declinare in ogni aspetto abitativo: dalle strutture agli accessori di uso quotidiano, dalle tecnologie ai dettagli stilistici.
Il progetto aderisce al protocollo Itaca che individua una serie di requisiti edilizi legati all’impatto ambientale. Questo significa che la struttura è completamente autosufficiente per il riscaldamento dell’acqua e quasi del tutto autonoma per la produzione di energia elettrica, grazie ai pannelli solari collocati orizzontalmente sui terrazzi di copertura: non sono visibili ma altamente funzionali.
Anche il consumo idrico è estremamente ridotto: le acque grigie sono filtrate e utilizzate per le cassette di scarico, l’acqua piovana è immessa nell’impianto di irrigazione.
Un risultato che fa scuola e suggerisce nuovi modelli abitativi e un utilizzo della tecnologia sapiente e discreto.
Un risultato che fa scuola e suggerisce nuovi modelli abitativi e un utilizzo della tecnologia sapiente e discreto.
La stessa attenzione è stata usata per gli aspetti strutturali dei lavori, eseguiti impiegando tecniche e materiali locali. «Le mura originarie erano molto spesse – spiega l’architetto – e questo ci ha consentito di recuperare molte pietre, riutilizzate applicando il metodo tradizionale del cuci e scuci».
Le pareti interne sono realizzate con intonaco ad alto spessore, isolante dal punto di vista idrometrico e sonoro. I pavimenti sono in cemento naturale, rivestito in microcemento, per evitare che si formino fessurazioni.
Il silenzio, quasi ovattato, invita al riposo, al fresco degli interni.
Il silenzio, quasi ovattato, invita al riposo, al fresco degli interni.
L’atmosfera è sospesa, e ogni dettaglio ha il merito di evocare qualcosa di speciale: il lavabo in pietra è un richiamo alla Vora di Barbarano, apertura carsica che si trova nella zona. Gli asciugamani, in lino tradizionale, sono prodotti sul luogo su disegno dell’architetto, con un ricamo che raffigura le luminarie tipiche delle feste di paese.
Gli interni inseguono il principio della coerenza formale e declinano al presente l’essenzialità della vita domestica rurale. Gli elementi di arredo sono tutti di recupero, a eccezione dei pochi elettrodomestici. Le testate del letto sono create con vecchi sovrapporta recuperati da un rigattiere nello smontaggio di un’antica casa nobiliare, i lumi sono spesso setacci artigianali riconvertiti e resi più vivaci con un cavo di collegamento alla rete di colore rosso acceso.
«Nelle case contadine l’arredo era ridotto al minimo – fa notare l’architetto – una sedia, un letto e un tavolo. I vestiti erano pochi e non occorreva un armadio». Analogamente, nelle camere da letto, i mobili contenitori sono sostituiti da stampelle appese ad aste di metallo che ricordano quelle impiegate per essiccare la pasta.
Le porte di accesso sono nuove, ma realizzate con tecniche tradizionali, così come la ferramenta.
Le mattonelle sono state recuperate dall’unica stanza originariamente piastrellata, oppure commissionate a laboratori artigianali locali.
La tecnologia presente, necessaria per rendere funzionale e confortevole la struttura, è il più possibile nascosta. Nel caso del frigorifero, la scelta è ricaduta su un modello rétro.
Frigorifero: Fab28 di Smeg
La tecnologia presente, necessaria per rendere funzionale e confortevole la struttura, è il più possibile nascosta. Nel caso del frigorifero, la scelta è ricaduta su un modello rétro.
Frigorifero: Fab28 di Smeg
L’assenza totale di orpelli e decori non raffredda l’ambiente, risulta riscaldato da materiali e dettagli che ricordano la vita contadina.
All’esterno la pietra leccese è protagonista e lasciata volutamente invecchiare e consumare.
La piscina, realizzata nel rispetto dei vincoli paesaggistici, doveva essere riconvertibile e quindi è in metallo. Riprende l’estetica delle vasche di irrigazione del territorio. L’acqua è gestita con una sorta di tracimazione su un solo lato e viene immessa all’interno di un sistema di filtrazione e riciclata.
Il progetto ha conservato le suggestioni originarie anche nella scelta di dipingere il logo sulla muratura, nei caratteri di un tempo.
Questa insegna, segnala ai viaggiatori la presenza della masseria, che oggi ospita un resort in cui la bellezza essenziale degli interni invita a scoprire il fascino antico che li circonda.
Altro
Architetture nZEB: Come Si Vive in una Casa a Zero Consumi?
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Bellissimo lavoro, i dettagli della cucina mi piacciono molto.
Si bel lavoro|