Case Opere d'Arte: 5 Idee da Copiare dal Vittoriale di D'Annunzio
Cosa imparare dalla casa museo più eccessiva e artistica d'Italia? 5 spunti per arredare (e vivere) come un poeta
La maestosa dimora di Gabriele d’Annunzio, sulla sponda bresciana del Lago di Garda, è una tra le tante case museo che raccontano la storia di grandi personaggi e al contempo racchiudono esperimenti di architettura e design che vale la pena vedere.
In questa casa d’artista nulla è lasciato al caso e si respira un’aria antica. Eppure crediamo che anche da esperimenti abitativi come questo ci siano degli insegnamenti che possiamo usare per farci ispirare per la casa nostra o appartamento. Se alcuni sono eccessivi per una casa di città (l’aereo biposto in giardino, ad esempio), ne abbiamo identificati altri che possono darci delle indicazioni su come osare anche a casa nostra: quali elementi di questa casa d’artista riprenderesti a casa tua? Scrivilo nei Commenti in fondo.
In questa casa d’artista nulla è lasciato al caso e si respira un’aria antica. Eppure crediamo che anche da esperimenti abitativi come questo ci siano degli insegnamenti che possiamo usare per farci ispirare per la casa nostra o appartamento. Se alcuni sono eccessivi per una casa di città (l’aereo biposto in giardino, ad esempio), ne abbiamo identificati altri che possono darci delle indicazioni su come osare anche a casa nostra: quali elementi di questa casa d’artista riprenderesti a casa tua? Scrivilo nei Commenti in fondo.
A cinquantotto anni, preferendo l’Italia settentrionale, scelse una villa che gli ricordava un casolare, ripensando vagamente alla Capponcina, la sua villa fiorentina.
“Io son migliore come decoratore e tappezziere che come poeta e romanziere”, usava dire, a dimostrare l’impegno e l’interesse per l’interior design ante litteram.
“Io son migliore come decoratore e tappezziere che come poeta e romanziere”, usava dire, a dimostrare l’impegno e l’interesse per l’interior design ante litteram.
La villa iniziò così a trasformarsi nel Vittoriale degli Italiani, una cittadella, un museo dedicato a se stesso (“io ho quel che ho donato”, il primo motto che incontriamo all’ingresso), una fabbrica il cui proprietario era al tempo stesso decoratore, architetto, progettista, artista.
Si contano trentasei locali, compresi i corridoi affollati e i pianerottoli, tutti battezzati secondo la retorica dannunziana: La stanza della Leda, del Lebbroso, del Mascheraio, del Monco, delle Reliquie, delle Marionette, dello Schifamondo, La colonna dei Giuramenti, Lo scrittoio del Mondo e il Portico del Parente.
Sulle pareti dominano le tracce dei suoi scritti, i motti di guerra, dei suoi ex libris e quelli che decoravano, con raffinatezza, le lettere con cui inondava i suoi interlocutori, politici, artigiani, segretari, amanti ed editori.
Inizialmente, Gabriele d’Annunzio volle creare un Monumento alla Grande Guerra, con preziosi pezzi unici “d’arredo” come l’aeroplano biposto Sva 10 del Volo su Vienna, il sottomarino Mas (Memento Audere Semper) della Beffa di Buccari e la prua di una vera nave, la Nave Puglia, incastonata nel parco.
Si contano trentasei locali, compresi i corridoi affollati e i pianerottoli, tutti battezzati secondo la retorica dannunziana: La stanza della Leda, del Lebbroso, del Mascheraio, del Monco, delle Reliquie, delle Marionette, dello Schifamondo, La colonna dei Giuramenti, Lo scrittoio del Mondo e il Portico del Parente.
Sulle pareti dominano le tracce dei suoi scritti, i motti di guerra, dei suoi ex libris e quelli che decoravano, con raffinatezza, le lettere con cui inondava i suoi interlocutori, politici, artigiani, segretari, amanti ed editori.
Inizialmente, Gabriele d’Annunzio volle creare un Monumento alla Grande Guerra, con preziosi pezzi unici “d’arredo” come l’aeroplano biposto Sva 10 del Volo su Vienna, il sottomarino Mas (Memento Audere Semper) della Beffa di Buccari e la prua di una vera nave, la Nave Puglia, incastonata nel parco.
Dalla luminosità esterna, si entra nell’ombrosa residenza di d’Annunzio attraverso la porta della Prioria e si accede a due ingressi distinti, quello per gli ospiti desiderati e quello per gli ospiti indesiderati, come i creditori, che attendevano nella Stanza del Mascheraio, così chiamata per i versi del poeta incisi su uno specchio posto sopra il camino.
Pochi passi ed entriamo, quindi, nella stanza della Zambracca – in lingua provenzale significa donna da camera – che era dotata di una piccola stanzetta attigua con una vera e propria farmacia personale, con fiale da alchimista, intrugli miracolosi, medicinali e rimedi (stimolanti e antidolorifici) a cui il poeta ricorse di continuo, ormai fisicamente invecchiato e debole.
La Zambracca è anche lo spogliatoio, fa da anticamera alla stanza da letto con i calchi dell’Aurora di Michelangelo e dei Cavalli del Partenone. Sulla scrivania ci sono, ancora oggi, gli occhiali di d’Annunzio, lì dove lui li posò, pochi istanti prima di morire, il primo marzo del 1938.
La Zambracca è anche lo spogliatoio, fa da anticamera alla stanza da letto con i calchi dell’Aurora di Michelangelo e dei Cavalli del Partenone. Sulla scrivania ci sono, ancora oggi, gli occhiali di d’Annunzio, lì dove lui li posò, pochi istanti prima di morire, il primo marzo del 1938.
1. Assumere un artigiano è una buona idea
Per il Vittoriale d’Annunzio si avvalse di una folta schiera di artigiani - Cadorin, Marussig, Brozzi, Minerbi, Mazzucotelli, Chiesa, Martinuzzi – che lavorarono alla ‘Santa Fabbrica’, come venne chiamata la realizzazione della sua dimora. L’architetto e amico Gian Carlo Maroni, che presiede ai lavori, venne battezzato “Maestro delle pietre vive”.
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Per il Vittoriale d’Annunzio si avvalse di una folta schiera di artigiani - Cadorin, Marussig, Brozzi, Minerbi, Mazzucotelli, Chiesa, Martinuzzi – che lavorarono alla ‘Santa Fabbrica’, come venne chiamata la realizzazione della sua dimora. L’architetto e amico Gian Carlo Maroni, che presiede ai lavori, venne battezzato “Maestro delle pietre vive”.
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2. Dipingere le pareti di blu
Gio Ponti venne chiamato per trasformare il Bagno blu, un bagno con sanitari all’avanguardia per i tempi, di un blu oltremare, e per realizzare alcune vetrate dell’ala nominata dello Schifamondo, variante del palazzo di Schifanoia di Ferrara. I vetri soffiati sono di Napoleone Martinuzzi, le ceramiche di Francesco Nonni, gli argenti di Mario Buccellati.
Nello stile e negli arredi dannunziani si leggono l’horror vacui, il desiderio contrastante e costante di erotismo e misticismo. L’elogio dell’eros e dell’ardimento.
Gio Ponti venne chiamato per trasformare il Bagno blu, un bagno con sanitari all’avanguardia per i tempi, di un blu oltremare, e per realizzare alcune vetrate dell’ala nominata dello Schifamondo, variante del palazzo di Schifanoia di Ferrara. I vetri soffiati sono di Napoleone Martinuzzi, le ceramiche di Francesco Nonni, gli argenti di Mario Buccellati.
Nello stile e negli arredi dannunziani si leggono l’horror vacui, il desiderio contrastante e costante di erotismo e misticismo. L’elogio dell’eros e dell’ardimento.
3. Usare tappeti in quantità
Per arredare d’Annunzio usò tappeti antichi, materiali inusuali come la pelle di daino che ricopre il soffitto della Camera del Lebbroso, chiamata anche Cella dei Puri sogni (pensata come luogo per la meditazione), vecchie stoffe damascate e tessuti drappeggiati sorvegliano il suo piccolo letto di legno.
La casa è inondata dalla penombra, non c’è quasi mai luce diretta. D’Annunzio, anche per la ferita di guerra all’occhio, cercava il riparo nell’ombra di tendaggi, vetrate finemente decorate e verande fatte costruire su misura. In tutta la villa dannunziana, la luce, flebile, illumina a stento, riceve un tenue chiarore L’Officina, lo studio dove lavorava, appunto, l’operaio della parola, il poeta.
Vi campeggia il calco della Nike di Samotracia.
Per arredare d’Annunzio usò tappeti antichi, materiali inusuali come la pelle di daino che ricopre il soffitto della Camera del Lebbroso, chiamata anche Cella dei Puri sogni (pensata come luogo per la meditazione), vecchie stoffe damascate e tessuti drappeggiati sorvegliano il suo piccolo letto di legno.
La casa è inondata dalla penombra, non c’è quasi mai luce diretta. D’Annunzio, anche per la ferita di guerra all’occhio, cercava il riparo nell’ombra di tendaggi, vetrate finemente decorate e verande fatte costruire su misura. In tutta la villa dannunziana, la luce, flebile, illumina a stento, riceve un tenue chiarore L’Officina, lo studio dove lavorava, appunto, l’operaio della parola, il poeta.
Vi campeggia il calco della Nike di Samotracia.
La nave militare “Puglia”, un autentico cimelio di guerra incastonato nel parco, ha la prua rivolta verso il lago di Garda. Da qui si può ammirare il Laghetto delle Danze, un gioco d’acqua realizzato a forma di violino
4. Dipingere le pareti completamente di rosso
La sala da pranzo, completamente diversa nello stile e nei colori dalle altre – negli ultimi tempi, d’Annunzio non mangiava più in compagnia, ma da solo – è nominata La Cheli (dal termine ‘tartaruga’ in greco antico), ed è di un rosso vermiglio, in stile art déco, con spunti orientaleggianti e dotata di una grande tartaruga che invita alla misura nel tripudio di colori. La tartaruga, antica ospite dei giardini del Vittoriale, morta per indigestione (secondo gli storici), un monito sarcastico per i golosi, è posta a capotavola.
La sala da pranzo, completamente diversa nello stile e nei colori dalle altre – negli ultimi tempi, d’Annunzio non mangiava più in compagnia, ma da solo – è nominata La Cheli (dal termine ‘tartaruga’ in greco antico), ed è di un rosso vermiglio, in stile art déco, con spunti orientaleggianti e dotata di una grande tartaruga che invita alla misura nel tripudio di colori. La tartaruga, antica ospite dei giardini del Vittoriale, morta per indigestione (secondo gli storici), un monito sarcastico per i golosi, è posta a capotavola.
Suor Intingola, la cuoca di d’Annunzio, regnava nella grande e semplice cucina azzurra (nell’anticamera uno dei primissimi esemplari di apparecchio telefonico)
5. Osare con scultire totem fuori scala in giardino
Il fascino della dimora dannunziana, tuttavia, non è solo legato al passato; con la presidenza della Fondazione affidata a Giordano Bruno Guerri dal 2008, la raccolta di opere d’arte al Vittoriale è andata arricchendosi, come spiega lo stesso Guerri: «Nel Vittoriale non è cambiato niente ed è cambiato tutto». Ci sono state molte novità come l’apertura di nuovi musei, uno è “Il d’Annunzio segreto” ottenuto svuotando gli armadi e partendo dal fatto che d’Annunzio volesse essere visto nella sua vita quotidiana.
Poi sono arrivate le sculture di Mimmo Paladino e lo stupendo Cavallo Blu che domina il promontorio da cui ci si affaccia verso Sirmione e l’isola di Garda.
Hai trovato idee da copiare da questa casa così ricca di spunti? Scrivici le tue opinioni nei Commenti
Il fascino della dimora dannunziana, tuttavia, non è solo legato al passato; con la presidenza della Fondazione affidata a Giordano Bruno Guerri dal 2008, la raccolta di opere d’arte al Vittoriale è andata arricchendosi, come spiega lo stesso Guerri: «Nel Vittoriale non è cambiato niente ed è cambiato tutto». Ci sono state molte novità come l’apertura di nuovi musei, uno è “Il d’Annunzio segreto” ottenuto svuotando gli armadi e partendo dal fatto che d’Annunzio volesse essere visto nella sua vita quotidiana.
Poi sono arrivate le sculture di Mimmo Paladino e lo stupendo Cavallo Blu che domina il promontorio da cui ci si affaccia verso Sirmione e l’isola di Garda.
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Chi ci abitava e lavorava: il poeta e romanziere Gabriele d’Annunzio
Dove: Gardone, in provincia di Brescia (Italia)
Il particolare interessante: La prua della Nave Puglia immersa nei Giardini del Vittoriale, premiato come il più bel parco d’Italia nel 2012
Data: 1921-1938
Volete trasformare la vostra vita (e la vostra casa) in un’opera d’arte (citando il poeta stesso)? Visitare il Vittoriale degli Italiani, la dimora del poeta Gabriele d’Annunzio significa toccare con mano il celebre motto dannunziano “Bisogna fare della propria vita come si fa un’opera d’arte” applicato alla propria dimora.
Il poeta Gabriele d’Annunzio, accesissimo patriota e scrittore del Decadentismo, nato a Pescara nel 1863, dopo una vita avventurosa e densa di passioni amorose e imprese militari, uscì dalla scena politica italiana – che vedeva l’ascesa di Benito Mussolini e del fascismo dal quale prende le distanze – e si trasferì qui, sulla morbida collina della sponda bresciana del lago di Garda.