Architettura e design
Houzz per i Pro
Biennale di Architettura a Venezia 2021: gli Architetti Premiati
Curata da Hashim Sarkis, ha inaugurato la 17esima edizione della Mostra Internazionale di Architettura di Venezia
Con un anno di ritardo ma con un tema sempre più attuale, How Will we Live Together?, ha aperto la Biennale di Architettura 2021, in calendario fino al 21 novembre e curata dall’architetto libanese Hashim Sarkis.
Con allestimenti ai Giardini, all’Arsenale e a Forte Marghera, la Biennale quest’anno sembra voler andare oltre la scala edilizia o di pura architettura, per abbracciare anche temi sociali, spaziando fra mostre e allestimenti che trattano temi di interesse residenziale, allargandosi poi fino alla città, a dimensioni regionali o di realtà nazionali.
Con allestimenti ai Giardini, all’Arsenale e a Forte Marghera, la Biennale quest’anno sembra voler andare oltre la scala edilizia o di pura architettura, per abbracciare anche temi sociali, spaziando fra mostre e allestimenti che trattano temi di interesse residenziale, allargandosi poi fino alla città, a dimensioni regionali o di realtà nazionali.
Gaggiandre, foto di Andrea Avezzù, Courtesy of La Biennale di Venezia
Un anno dopo, con la stessa domanda
“L’attuale pandemia globale – ha spiegato Hashim Sarkis – ha senza dubbio reso la domanda posta da questa Biennale ancora più rilevante e appropriata, seppure in qualche modo ironica, visto l’isolamento imposto. Può senz’altro essere una coincidenza che il tema sia stato proposto pochi mesi prima della pandemia. Tuttavia, sono proprio le ragioni che inizialmente ci hanno portato a porre questa domanda – l’intensificarsi della crisi climatica, i massicci spostamenti di popolazione, le instabilità politiche in tutto il mondo e le crescenti disuguaglianze razziali, sociali ed economiche, tra le altre – a condurci verso questa pandemia e a diventare ancora più
rilevanti. Mentre la politica continua a dividere e isolare, attraverso l’architettura possiamo offrire modi alternativi di vivere insieme. La Biennale Architettura 2021 è motivata dai nuovi problemi che il mondo sta ponendo all’architettura, ma è anche ispirata dall’attivismo emergente di giovani architetti e dalle radicali revisioni proposte dalla professione dell’architettura per affrontare queste sfide”.
Un anno dopo, con la stessa domanda
“L’attuale pandemia globale – ha spiegato Hashim Sarkis – ha senza dubbio reso la domanda posta da questa Biennale ancora più rilevante e appropriata, seppure in qualche modo ironica, visto l’isolamento imposto. Può senz’altro essere una coincidenza che il tema sia stato proposto pochi mesi prima della pandemia. Tuttavia, sono proprio le ragioni che inizialmente ci hanno portato a porre questa domanda – l’intensificarsi della crisi climatica, i massicci spostamenti di popolazione, le instabilità politiche in tutto il mondo e le crescenti disuguaglianze razziali, sociali ed economiche, tra le altre – a condurci verso questa pandemia e a diventare ancora più
rilevanti. Mentre la politica continua a dividere e isolare, attraverso l’architettura possiamo offrire modi alternativi di vivere insieme. La Biennale Architettura 2021 è motivata dai nuovi problemi che il mondo sta ponendo all’architettura, ma è anche ispirata dall’attivismo emergente di giovani architetti e dalle radicali revisioni proposte dalla professione dell’architettura per affrontare queste sfide”.
Future Assembly, di Studio Other Spaces (Olafur Eliasson e Sebastian Behmann)
5 temi
La Mostra è organizzata seguendo cinque scale corrispondenti a cinque aree tematiche, di cui tre allestite all’Arsenale e due al Padiglione Centrale: Among Diverse Beings, As New Households, As Emerging Communities, Across Borders e As One Planet.
Fanno parte dell’esposizione anche una serie di partecipazioni fuori concorso, fra cui la ‘mostra nella mostra Future Assembly, organizzata da Studio Other Spaces, rappresentato da Olafur Eliasson e Sebastian Behmann, e che, attraverso la collaborazione con sei co-designer, hanno sviluppato un percorso espositivo e hanno dichiarato: “Riteniamo che i nostri immaginari futuri debbano includere il sovraumano, ciò che al contempo include e trascende l’umanità”.
Fra gli eventi speciali, anche How Will we Play Together?, allestito a Forte Marghera e aperto alla cittadinanza, e How Will we Play Sport Together? che propone un’installazione in Arsenale.
5 temi
La Mostra è organizzata seguendo cinque scale corrispondenti a cinque aree tematiche, di cui tre allestite all’Arsenale e due al Padiglione Centrale: Among Diverse Beings, As New Households, As Emerging Communities, Across Borders e As One Planet.
Fanno parte dell’esposizione anche una serie di partecipazioni fuori concorso, fra cui la ‘mostra nella mostra Future Assembly, organizzata da Studio Other Spaces, rappresentato da Olafur Eliasson e Sebastian Behmann, e che, attraverso la collaborazione con sei co-designer, hanno sviluppato un percorso espositivo e hanno dichiarato: “Riteniamo che i nostri immaginari futuri debbano includere il sovraumano, ciò che al contempo include e trascende l’umanità”.
Fra gli eventi speciali, anche How Will we Play Together?, allestito a Forte Marghera e aperto alla cittadinanza, e How Will we Play Sport Together? che propone un’installazione in Arsenale.

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Lina Bo Bardi, sulla Bardis Bowl Chair prodotta da Arper, 1950, Courtesy of Instituto Bardi
A chi vanno Leoni d’oro e riconoscimenti
Lina Bo Bardi
In occasione dell’inaugurazione della Biennale è stato anche conferito il Leone d’oro speciale alla memoria a Lina Bo Bardi, architetta, designer, scenografa, artista e critica italiana naturalizzata brasiliana.
Nata a Roma nel 1914, co-direttrice di Domus nel 1944, nel 1947 Lina Bo Bardi si è trasferita in Brasile dove ha realizzato, tra il 1957 e il 1969 il Museu de Arte de São Paulo (MASP), la sua Casa de Vidro e il SESC - Fábrica da Pompéia, fra gli altri progetti.
A chi vanno Leoni d’oro e riconoscimenti
Lina Bo Bardi
In occasione dell’inaugurazione della Biennale è stato anche conferito il Leone d’oro speciale alla memoria a Lina Bo Bardi, architetta, designer, scenografa, artista e critica italiana naturalizzata brasiliana.
Nata a Roma nel 1914, co-direttrice di Domus nel 1944, nel 1947 Lina Bo Bardi si è trasferita in Brasile dove ha realizzato, tra il 1957 e il 1969 il Museu de Arte de São Paulo (MASP), la sua Casa de Vidro e il SESC - Fábrica da Pompéia, fra gli altri progetti.
Igreja Divino Espírito Santo di Lina Bo Bardi, foto di Leonardo Finotti
“La sua carriera di progettista, editor, curatrice e attivista ci ricorda il ruolo dell’architetto come coordinatore (convener) nonché, aspetto importante, come creatore di visioni collettive. Lina Bo Bardi incarna inoltre la tenacia dell’architetto in tempi difficili, siano essi caratterizzati da guerre, conflitti politici o immigrazione e la sua capacità di conservare creatività, generosità e ottimismo in ogni circostanza”, ha dichiarato Hashim Sarkis.
“La sua carriera di progettista, editor, curatrice e attivista ci ricorda il ruolo dell’architetto come coordinatore (convener) nonché, aspetto importante, come creatore di visioni collettive. Lina Bo Bardi incarna inoltre la tenacia dell’architetto in tempi difficili, siano essi caratterizzati da guerre, conflitti politici o immigrazione e la sua capacità di conservare creatività, generosità e ottimismo in ogni circostanza”, ha dichiarato Hashim Sarkis.
Rafael Moneo, foto di Germán Saiz
Rafael Moneo
Leone d’oro alla carriera allo spagnolo Rafael Moneo, architetto, docente, teorico dell’architettura e critico; a lui il curatore Sarkis ha voluto dedicare una mostra all’interno del Padiglione del Libro ai Giardini, con una serie di plastici e immagini dei progetti di Moneo in linea con il tema della Biennale.
Questa, la motivazione della scelta da parte di Sarkis: “Moneo è uno degli architetti più innovatori della sua generazione.
Come professionista, e attraverso la vasta gamma di edifici da lui realizzati, come il Kursaal Auditorium, il Museo del Prado, la Atocha Train Station e la Cattedrale di Los Angeles, Moneo ha sottolineato la capacità di ogni progetto architettonico di rispondere alle circostanze specifiche di luogo e di programma e, allo stesso tempo, di superarle.
Come docente ha guidato con rigore diverse generazioni di architetti verso un’architettura intesa come vocazione.
Rafael Moneo
Leone d’oro alla carriera allo spagnolo Rafael Moneo, architetto, docente, teorico dell’architettura e critico; a lui il curatore Sarkis ha voluto dedicare una mostra all’interno del Padiglione del Libro ai Giardini, con una serie di plastici e immagini dei progetti di Moneo in linea con il tema della Biennale.
Questa, la motivazione della scelta da parte di Sarkis: “Moneo è uno degli architetti più innovatori della sua generazione.
Come professionista, e attraverso la vasta gamma di edifici da lui realizzati, come il Kursaal Auditorium, il Museo del Prado, la Atocha Train Station e la Cattedrale di Los Angeles, Moneo ha sottolineato la capacità di ogni progetto architettonico di rispondere alle circostanze specifiche di luogo e di programma e, allo stesso tempo, di superarle.
Come docente ha guidato con rigore diverse generazioni di architetti verso un’architettura intesa come vocazione.
Kursaal Auditorium di Rafael Moneo, foto di M Moran
Come studioso ha utilizzato le sue abilità illustrative e la sua precisione analitica per reinterpretare con occhi nuovi alcuni dei più classici edifici storici.
Come critico della scena architettonica contemporanea ha scritto su fenomeni emergenti e su progetti significativi, promuovendo anche alcuni dei più importanti dibattiti sull’attualità architettonica con colleghi di tutto il mondo.
Nell’arco della lunga carriera Rafael Moneo ha conservato la sua abilità poetica, rammentandoci la capacità propria della forma architettonica di esprimere, plasmare, ma anche di perdurare. Ha inoltre dimostrato un impegno costante nei confronti di un’architettura intesa come atto del costruire”.
Come studioso ha utilizzato le sue abilità illustrative e la sua precisione analitica per reinterpretare con occhi nuovi alcuni dei più classici edifici storici.
Come critico della scena architettonica contemporanea ha scritto su fenomeni emergenti e su progetti significativi, promuovendo anche alcuni dei più importanti dibattiti sull’attualità architettonica con colleghi di tutto il mondo.
Nell’arco della lunga carriera Rafael Moneo ha conservato la sua abilità poetica, rammentandoci la capacità propria della forma architettonica di esprimere, plasmare, ma anche di perdurare. Ha inoltre dimostrato un impegno costante nei confronti di un’architettura intesa come atto del costruire”.
Ospedale di Mestre, progetto di Emilio Ambasz & Associates
Emilio Ambasz
Fra le personalità di spicco emerse e premiata in occasione della Mostra, anche Emilio Ambasz, invitato dal curatore del Padiglione Italia Alessandro Melis in qualità di ‘padre, poeta e profeta della Green Architecture’.
L’omaggio al progettista argentino è reso concreto attraverso un percorso multimediale sviluppato nel Padiglione Italia per rispondere anche al tema urgente del cambiamento climatico.
“Ogni costruzione costituisce un’intrusione nel regno vegetale, ed è una sfida alla natura: dobbiamo concepire un’architettura che si erge come l’incarnazione di un patto di riconciliazione tra natura e costruzione, progettare edifici così intrinsecamente legati al paesaggio circostante che è impossibile che si disimpegnino l’uno dall’altro”, ha dichiarato Emilio Ambasz.
Emilio Ambasz
Fra le personalità di spicco emerse e premiata in occasione della Mostra, anche Emilio Ambasz, invitato dal curatore del Padiglione Italia Alessandro Melis in qualità di ‘padre, poeta e profeta della Green Architecture’.
L’omaggio al progettista argentino è reso concreto attraverso un percorso multimediale sviluppato nel Padiglione Italia per rispondere anche al tema urgente del cambiamento climatico.
“Ogni costruzione costituisce un’intrusione nel regno vegetale, ed è una sfida alla natura: dobbiamo concepire un’architettura che si erge come l’incarnazione di un patto di riconciliazione tra natura e costruzione, progettare edifici così intrinsecamente legati al paesaggio circostante che è impossibile che si disimpegnino l’uno dall’altro”, ha dichiarato Emilio Ambasz.
Padiglione Nordico, progetto di Helen&Hard, mostra What We Share. A Model for Cohousing
Cohousing
Fra i progetti proposti dai vari Padiglioni, a livello residenziale emerge quanto sviluppato dagli architetti dello studio norvegese Helen&Hard a proposito di cohousing.
Siv Helene Stangeland e Reinhard Kropf, fondatori dello studio, hanno realizzato un esempio di appartamento di piccola metratura di un cohousing, con struttura completamente in legno e a scala reale. All’interno, la mostra What We Share. A model for Cohousing, il cui obiettivo è spingere il visitatore a riflettere sul modello dell’abitare e stimolare nuove domande su quali altre funzioni possono essere condivise e come gli spazi si possano ulteriormente articolare nell’ottica della partecipazione collettiva.
“Essere sia architetti che abitanti di una comunità di cohousing ha ci ha resi consapevoli delle potenzialità che questo modello abitativo può offrire in termini di sfide sociali e ambientali. A Venezia vogliamo esplorare questo potenziale e dimostrare come l’interazione tra gli abitanti e le associazioni coinvolte possa creare un’architettura adattabile“, hanno dichiarato Helen & Hard.
Cohousing
Fra i progetti proposti dai vari Padiglioni, a livello residenziale emerge quanto sviluppato dagli architetti dello studio norvegese Helen&Hard a proposito di cohousing.
Siv Helene Stangeland e Reinhard Kropf, fondatori dello studio, hanno realizzato un esempio di appartamento di piccola metratura di un cohousing, con struttura completamente in legno e a scala reale. All’interno, la mostra What We Share. A model for Cohousing, il cui obiettivo è spingere il visitatore a riflettere sul modello dell’abitare e stimolare nuove domande su quali altre funzioni possono essere condivise e come gli spazi si possano ulteriormente articolare nell’ottica della partecipazione collettiva.
“Essere sia architetti che abitanti di una comunità di cohousing ha ci ha resi consapevoli delle potenzialità che questo modello abitativo può offrire in termini di sfide sociali e ambientali. A Venezia vogliamo esplorare questo potenziale e dimostrare come l’interazione tra gli abitanti e le associazioni coinvolte possa creare un’architettura adattabile“, hanno dichiarato Helen & Hard.
In breve
La Mostra Internazionale comprende opere di 112 partecipanti provenienti da 46 Paesi (partecipano, per la prima volta, Grenada, Iraq e Uzbekistan) e la selezione dei partecipanti ha ampliato la rappresentanza di Africa, America Latina e Asia, oltre a dare maggior spazio alle architette.
Nonostante il posticipo dell’evento e le discussioni relative ai cambiamenti imposti dalla pandemia a scala progettuale e teorica, il tema è rimasto immutato, prendendo ancora più forza in relazione a quanto successo nell’ultimo anno e mezzo: ‘Come vivremo insieme?’.