Architettura e design
Arata Isozaki Vince il Premio Pritzker per l'Architettura 2019
Il riconoscimento più importante del settore va all'architetto giapponese che ha realizzato progetti in tutto il mondo
Dopo più di sei decenni di attività e con oltre 100 progetti portati a termine, il celebre architetto Arata Isozaki ha vinto il “Nobel dell’architettura”, il premio Pritzker 2019. La vincita è stata annunciata martedì 5 febbraio.
Il progettista giapponese, di 87 anni, è conosciutissimo e apprezzato nell’ambito dell’architettura, poiché creatore di imponenti edifici in tutto il mondo, definiti dall’applicazione di tecniche di costruzione locali, di volta in volta diverse interpretando il territorio e il contesto, sviluppate sempre con grande attenzione ai dettagli.
Il progettista giapponese, di 87 anni, è conosciutissimo e apprezzato nell’ambito dell’architettura, poiché creatore di imponenti edifici in tutto il mondo, definiti dall’applicazione di tecniche di costruzione locali, di volta in volta diverse interpretando il territorio e il contesto, sviluppate sempre con grande attenzione ai dettagli.
Il Museo d’Arte Contemporanea a Los Angeles (1981-86). Foto di Yasuhiro Ishimoto
Fra gli aspetti forse più significativi del suo operato, c’è quello di essere riuscito a sviluppare dei rapporti internazionali che hanno favorito il dialogo fra il Giappone e il resto del mondo. “Avendo iniziato negli anni Sessanta, Isozaki è stato il primo architetto giapponese a creare una profonda e duratura relazione tra Oriente e Occidente”, ha detto la giuria.
Il primo lavoro internazionale commissionato ad Isozaki, il Museo d’Arte Contemporanea di Los Angeles (1981-86), lo ha portato sotto i riflettori. L’edificio, in pietra arenaria rossa, esprime la consapevolezza sulle proporzioni propria di Isozaki, nello specifico attraverso l’unione fra volumi, viene applicata contemporaneamente la teoria del rapporto aureo e dello yin e yang ed si evoca la natura complementare delle relazioni occidentali e orientali.
Fra gli aspetti forse più significativi del suo operato, c’è quello di essere riuscito a sviluppare dei rapporti internazionali che hanno favorito il dialogo fra il Giappone e il resto del mondo. “Avendo iniziato negli anni Sessanta, Isozaki è stato il primo architetto giapponese a creare una profonda e duratura relazione tra Oriente e Occidente”, ha detto la giuria.
Il primo lavoro internazionale commissionato ad Isozaki, il Museo d’Arte Contemporanea di Los Angeles (1981-86), lo ha portato sotto i riflettori. L’edificio, in pietra arenaria rossa, esprime la consapevolezza sulle proporzioni propria di Isozaki, nello specifico attraverso l’unione fra volumi, viene applicata contemporaneamente la teoria del rapporto aureo e dello yin e yang ed si evoca la natura complementare delle relazioni occidentali e orientali.
Il Museo d’Arte Contemporanea . Foto di Yasuhiro Ishimoto
Isozaki è nato a Ōita, sull’isola di Kyushu, Giappone, nel 1931. All’epoca in cui aveva 14 anni, la sua terra fu devastata dalla Seconda guerra mondiale. “Quando ero abbastanza grande per iniziare a capire come funziona il mondo, la mia città fu rasa al suolo”, ha raccontato alla giuria.
“La bomba atomica era stata sganciata su Hiroshima, sulla costa dell’isola di fronte a dove abitavo; sono cresciuto quindi vicinissimo a ground zero. Tutto era in rovina, l’architettura non esisteva, non c’erano edifici e nemmeno una città. Ero circondato solo da baracche e rifugi. La mia prima esperienza di architettura, dunque, è stata il vuoto dell’architettura; ecco che allora ho iniziato a pensare come le persone potessero ricostruire le loro case e città”.
Isozaki ha riscosso presto successo in Giappone, durante la ricostruzione del suo stesso Paese, ma non prima di aver viaggiato in lungo e in largo. “Volevo vedere il mondo con i miei occhi, quindi ho viaggiato attorno al mondo per almeno 10 volte prima di compiere trent’anni”, ha detto alla giuria. “Volevo rendermi conto di come vivevano le persone in posti differenti, perciò ho viaggiato per tutto il Giappone, ma anche nei paesi islamici, nei villaggi nelle profonde montagne della Cina, nel sud est asiatico e nelle grandi città americane. Mentre sondavo tutte le possibilità per prendere coscienza non smettevo di chiedermi: che cos’è l’architettura?”.
Isozaki è nato a Ōita, sull’isola di Kyushu, Giappone, nel 1931. All’epoca in cui aveva 14 anni, la sua terra fu devastata dalla Seconda guerra mondiale. “Quando ero abbastanza grande per iniziare a capire come funziona il mondo, la mia città fu rasa al suolo”, ha raccontato alla giuria.
“La bomba atomica era stata sganciata su Hiroshima, sulla costa dell’isola di fronte a dove abitavo; sono cresciuto quindi vicinissimo a ground zero. Tutto era in rovina, l’architettura non esisteva, non c’erano edifici e nemmeno una città. Ero circondato solo da baracche e rifugi. La mia prima esperienza di architettura, dunque, è stata il vuoto dell’architettura; ecco che allora ho iniziato a pensare come le persone potessero ricostruire le loro case e città”.
Isozaki ha riscosso presto successo in Giappone, durante la ricostruzione del suo stesso Paese, ma non prima di aver viaggiato in lungo e in largo. “Volevo vedere il mondo con i miei occhi, quindi ho viaggiato attorno al mondo per almeno 10 volte prima di compiere trent’anni”, ha detto alla giuria. “Volevo rendermi conto di come vivevano le persone in posti differenti, perciò ho viaggiato per tutto il Giappone, ma anche nei paesi islamici, nei villaggi nelle profonde montagne della Cina, nel sud est asiatico e nelle grandi città americane. Mentre sondavo tutte le possibilità per prendere coscienza non smettevo di chiedermi: che cos’è l’architettura?”.
Libreria nella prefettura di Ōita, Giappone (1962-66). Foto di Yasuhiro Ishimoto
Isozaki ha conseguito la Laurea in Architettura nel 1954 presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Tokyo. Ha iniziato la sua carriera come tirocinante da Kenzo Tange, anch’egli vincitore del Pritzker nel 1987.
Ha poi fondato Arata Isozaki & Associati nel 1963 e, mentre il suo Paese stava ancora riprendendosi dalle conseguenze della guerra, ha iniziato a costruire partendo proprio dalla sua città, con la Libreria della prefettura di Ōita (1962-66).
Ha presto allargato il suo raggio d’azione, con lavori degni di nota in tutto il Giappone, come il Museo d’Arte Moderna di Gumma (1971-74) e il Festival Plaza per l’Expo di Osaka (1966-70). “Dovendo trovare il modo più appropriato di risolvere quei problemi, non potevo soffermarmi su un singolo stile”, ha spiegato alla giuria. “Il cambiamento è diventato una costante. Paradossalmente, alla fine, è stato questo a diventare il mio stile personale”.
Isozaki ha conseguito la Laurea in Architettura nel 1954 presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Tokyo. Ha iniziato la sua carriera come tirocinante da Kenzo Tange, anch’egli vincitore del Pritzker nel 1987.
Ha poi fondato Arata Isozaki & Associati nel 1963 e, mentre il suo Paese stava ancora riprendendosi dalle conseguenze della guerra, ha iniziato a costruire partendo proprio dalla sua città, con la Libreria della prefettura di Ōita (1962-66).
Ha presto allargato il suo raggio d’azione, con lavori degni di nota in tutto il Giappone, come il Museo d’Arte Moderna di Gumma (1971-74) e il Festival Plaza per l’Expo di Osaka (1966-70). “Dovendo trovare il modo più appropriato di risolvere quei problemi, non potevo soffermarmi su un singolo stile”, ha spiegato alla giuria. “Il cambiamento è diventato una costante. Paradossalmente, alla fine, è stato questo a diventare il mio stile personale”.
Libreria nella prefettura di Ōita, Giappone. Foto di Yasuhiro Ishimoto
“Isozaki è stato un pioniere nel comprendere che il bisogno di architettura è sia globale che locale, che questi due aspetti fanno parte della stessa sfida”, dice Stephen Breyer, presidente della giuria del premio. “Per molti anni ha cercato di accertarsi che le aree del mondo con una lunga tradizione in architettura non si limitassero a quella stessa tradizione, ma aiutassero a diffondere quelle tradizioni imparando contemporaneamente dal resto del mondo”.
“Isozaki è stato un pioniere nel comprendere che il bisogno di architettura è sia globale che locale, che questi due aspetti fanno parte della stessa sfida”, dice Stephen Breyer, presidente della giuria del premio. “Per molti anni ha cercato di accertarsi che le aree del mondo con una lunga tradizione in architettura non si limitassero a quella stessa tradizione, ma aiutassero a diffondere quelle tradizioni imparando contemporaneamente dal resto del mondo”.
Isozaki e Jasper Johns. Foto di Shigeo Anzai
L’architetto con base a Okinawa ha detto al New York Times: “Per me l’architettura deve essere invisibile. È intangibile, ma credo che debba essere percepita attraverso i cinque sensi”.
La cerimonia del premio si svolgerà a maggio in Francia, accompagnata da una conferenza pubblica a Parigi.
Di seguito una selezione degli edifici più famosi progettati da Isozaki
L’architetto con base a Okinawa ha detto al New York Times: “Per me l’architettura deve essere invisibile. È intangibile, ma credo che debba essere percepita attraverso i cinque sensi”.
La cerimonia del premio si svolgerà a maggio in Francia, accompagnata da una conferenza pubblica a Parigi.
Di seguito una selezione degli edifici più famosi progettati da Isozaki
Domus: La Casa dell’Uomo. Foto di Hisao Suzuki
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Oltre “alla sua profonda conoscenza della storia e della teoria dell’architettura” – riportando le parole della giuria del Pritzker – Isozaki (in foto) è anche un artista che ha sempre abbracciato l’avanguardia anziché soffermarsi sullo status quo delle cose.
“Nella sua ricerca verso un’architettura espressiva ha creato grandiosi edifici che sfuggono a una schematizzazione; rispecchiano infatti la sua costante evoluzione e ognuno nasce da un approccio sempre nuovo”, spiega la giuria.
Il concetto giapponese del ma, che enfatizza la relazione fra tempo e forma, ha sempre guidato fortemente il lavoro di Isozaki. “Come l’universo, l’architettura nasce dal nulla, diventa qualcosa ed, eventualmente, torna ad essere nulla”, ha dichiarato Isozaki al New York Times poco dopo aver appreso di aver vinto il premio. “Il ciclo vitale – dalla nascita alla morte – è qualcosa che io voglio mostrare”.