Le Città Gentili: Come Costruire Spazi per Persone Autistiche
Un’attenta progettazione può contribuire a rendere gli ambienti più accoglienti, in funzione di bisogni specifici
Jasmine Goh
23 luglio 2018
Associazioni e soggetti impegnati sul fronte della consapevolezza relativa all’autismo lavorano anche per sensibilizzare l’opinione pubblica e si impegnano in diverse direzioni, fra cui dare un ruolo all’organizzazione degli spazi. In particolare, che relazione sussiste tra la progettazione degli ambienti e l’autismo? Gli architetti potrebbero pensare che al riguardo non ci siano grandi margini di intervento. Invece, non bisogna mai smettere di sognare: un’attenta organizzazione degli spazi può fare un’enorme differenza nella vita delle persone che soffrono di autismo.
Possiamo pensare di costruire città letteralmente “più gentili”? Se, invece di limitarci a sentire compassione, proviamo a capire concretamente le esigenze delle persone affette da autismo, possiamo concentrarci sul rendere gli spazi che occupiamo altrettanto “sensibili”.
Possiamo pensare di costruire città letteralmente “più gentili”? Se, invece di limitarci a sentire compassione, proviamo a capire concretamente le esigenze delle persone affette da autismo, possiamo concentrarci sul rendere gli spazi che occupiamo altrettanto “sensibili”.
Ma che cosa vuol dire rendere “gentile” un ambiente costruito? Può voler dire semplicemente incutere meno soggezione, e far sì che diventi un luogo più accogliente, dall’atmosfera più “amichevole”. Un lungo corridoio bianco con porte tutte uguali può provocare disorientamento e ansia anche in una persona neurotipica (con il termine “neurotipico” si identificano le persone che non soffrono di disturbi autistici). Allo stesso modo, stare a lungo in una stanza senza finestre con sole luci al neon può diventare intollerabile.
L’autismo comprende un ampio spettro di sintomi e condizioni e individuare precisamente ciò che può fare di uno spazio un luogo più “gentile” non è semplice. Un ambiente, per esempio, può essere adattato ai bisogni di una persona autistica facilitando le percezioni sensoriali di chi usa quello spazio. Anche se ciò non rientra nei criteri di diagnosi, è noto che i soggetti autistici tendono a elaborare le informazioni sensoriali in modo diverso dalla maggior parte delle persone, con un’inclinazione a essere iper o ipo-sensibili agli stimoli esterni come la luce, il suono, la temperatura e la superficie degli oggetti.
Quando ha progettato il New York-Presbyterian Hospital Center for Autism & the Developing Brain, nel 2013, il team dello studio daSILVA Architects ha convertito una vecchia palestra in una struttura a misura di bambino con autismo. Uno degli aspetti cui gli architetti hanno prestato maggiore attenzione, in quel caso, per esempio, è stata l’acustica. Pur di minimizzare i rumori, i progettisti, oltre a dotare tutti gli ambienti di pannelli e pavimenti fonoassorbenti, hanno spostato la caldaia e tutti i climatizzatori in una parte diversa dell’edificio.
Quando ha progettato il New York-Presbyterian Hospital Center for Autism & the Developing Brain, nel 2013, il team dello studio daSILVA Architects ha convertito una vecchia palestra in una struttura a misura di bambino con autismo. Uno degli aspetti cui gli architetti hanno prestato maggiore attenzione, in quel caso, per esempio, è stata l’acustica. Pur di minimizzare i rumori, i progettisti, oltre a dotare tutti gli ambienti di pannelli e pavimenti fonoassorbenti, hanno spostato la caldaia e tutti i climatizzatori in una parte diversa dell’edificio.
Un altro aspetto che si può tenere presente nella progettazione consiste nel provare a creare ambienti che facilitino l’autoregolazione. È noto che le persone con autismo hanno bisogno di spazio e tempo per ritrovare la calma e fare una sorta di “reset” quando incontrano delle difficoltà nel regolare le proprie emozioni, o quando percepiscono un ambiente come troppo stimolante. Anche in un luogo “amichevole” dal punto di vista delle percezioni sensoriali, dove le luci non sono tremolanti, le gomme delle auto non stridono e le magliette nuove non hanno etichette ruvide, possono esserci tanti aspetti che non si possono controllare, ed emozioni suscettibili di tradursi nel caos. Ciò che l’ambiente può offrire, in questo caso, è un luogo sicuro dove la persona possa “fare un reset”.
Al Kindle Garden di Singapore**, conosciuto per essere stato il primo asilo della città aperto ai bambini con abilità di ogni tipo, sono stati previsti degli open space adattabili alla configurazione flessibile delle aule, con piccole e intime nicchie dedicate ai momenti di silenzio. Anche in un’aula tradizionale, la presenza di un angolo non rumoroso, dedicato alla lettura, può essere utile agli studenti che hanno bisogno di passare un po’ di tempo da soli, lontano da ciò che avviene in classe. Forse possiamo pensare che lo stesso concetto si presti a essere applicato anche ad altri contesti.
Sempre a Singapore, The Caterpillar’s Cove, una scuola materna organizzata all’interno di un istituto di ricerca (in questa e nella foto seguente), è stata progettata dallo studio Lekker Architects sulla base dell’idea che l’ambiente, se è in grado di attirare l’attenzione, risvegliare la curiosità e incoraggiare la comunicazione, rappresenta un “terzo insegnante”. Qui, le colonne sono state immaginate come alberi, file di gradini offrono ampi spazi dove ruzzolare e fare capitomboli, e una camera per l’osservazione, dedicata agli insegnanti in formazione, è stata sistemata come se fosse una casetta nel giardino, in un ambiente che evoca quello di un’aia.
** città dove vive Jasmine Goh, l’autrice di questo Ideabook
Sempre a Singapore, The Caterpillar’s Cove, una scuola materna organizzata all’interno di un istituto di ricerca (in questa e nella foto seguente), è stata progettata dallo studio Lekker Architects sulla base dell’idea che l’ambiente, se è in grado di attirare l’attenzione, risvegliare la curiosità e incoraggiare la comunicazione, rappresenta un “terzo insegnante”. Qui, le colonne sono state immaginate come alberi, file di gradini offrono ampi spazi dove ruzzolare e fare capitomboli, e una camera per l’osservazione, dedicata agli insegnanti in formazione, è stata sistemata come se fosse una casetta nel giardino, in un ambiente che evoca quello di un’aia.
** città dove vive Jasmine Goh, l’autrice di questo Ideabook
Se è vero che lo spazio gioca un ruolo importante nella nostra vita quotidiana, è indubbio che l’ambiente costruito può fare la differenza nella vita di una persona con autismo. Considerando che ciascun soggetto deve affrontare sfide uniche, su uno spettro di disturbi molto ampio, molte e diverse sono le opinioni su come progettare al meglio un ambiente per questo tipo di utenza. Nonostante questo, possiamo senz’altro seguire alcuni principi fondamentali, che in fondo non sono poi diversi da quelli alla base della buona architettura. Che sensazione dà lo spazio a chi lo occupa e lo usa? Quanto è agibile e accessibile questo spazio? Se siete progettisti e architetti, l’impatto dei vostri progetti e ambienti non sarà percepito soltanto da chi ne fa uso, ma avrà la capacità di provocare dei cambiamenti nella società. Costruiamo, dunque, delle città gentili.
Tocca a te! Ci sono altre caratteristiche che rendono un progetto più adatto a una persona con autismo? Conosci degli esempi italiani? Scrivilo nei Commenti qui sotto!
Tocca a te! Ci sono altre caratteristiche che rendono un progetto più adatto a una persona con autismo? Conosci degli esempi italiani? Scrivilo nei Commenti qui sotto!
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Il tema mi interessa particolarmente. A settembre dovrò accogliere in classe prima un bambino autistico e, avendo a disposizione una stanzetta accanto all'aula, sto cercando di progettare un ambiente accogliente ed adatto alle sue esigenze. Accetto consigli. Grazie.
In effetti questo è l'approccio che bisognerebbe avere sempre quando si progettano degli spazi. Tenere ben presente le esigenze di chi fruirà quello spazio contribuisce non solo alla migliore vivibilità degli stessi ma anche al miglioramento della qualità della vita. Io ci credo fermamente, faccio sempre uno studio della psicologia dell'ambiente correlato alle esigenze e al carattere di chi dovrà poi viverlo e in base a ciò effettuo delle scelte. Ovviamente in questo caso l'iniziativa va appoggiata e stimolata ancora di più affinché questi bambini possano vivere la loro infanzia liberi dagli schemi a cui noi siamo abituati in uno spazio che sia congeniale alle loro esigenze.