In cantiere ti hanno mai chiamato signora invece che architetto?
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO
7 anni fa
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Commenti (21)
Erica Bagnasco Architetto
7 anni faADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Erica Bagnasco ArchitettoDiscussioni simili
Dilemma: Questo è fare l’architetto o Interior designer?
(59) commentiBuonasera, ringrazio gli oratori presocratici e i teoretici in generale per la lezione di morale. La filosofia del lavoro e le dinamiche sociali sono argomenti molto interessanti da usare come oggetto di discussione ma tendono a appannare le vere esigenze della realtà quotidiana. Lungi da me svilire o togliere dignità ad una professione in cui credo da decenni e tento di praticare con passione quale è la progettazione, ma l'esperienza da me "subita" mi ha mostrato come il nobile "progetto", "pensiero", "idea", "suggestione", siano sempre più difficili da vendere e da far digerire come quota costo al cliente. Il "lavoro" che il progettista compie nel gestire il fornitore, coadiuvarlo nella produzione, aiutarlo con visualizzazioni o schemi ha assolutamente un valore da remunerare. Si, il progettista ha più clienti contemporaneamente nella stessa commessa. No, non c'è conflitto di interessa finché il progettista fa il suo lavoro facendo il meglio per tutti i clienti. Se poi il progettista è colluso con il fornitore e far spendere il più possibile al cliente per prendere la percentuale più alta, qua parliamo di truffa; e io non avevo certo in mente questo quando ne ho parlato. Quando ho gestito delle commesse come dicevo sopra, ho fatto una regolare fattura di consulenza e gestione della commessa al mobiliere e di progettazione al cliente. Chiaro e limpido. Pensiamo alle agenzie che prendono incarichi dai clienti e lo rigirano ai fornitori applicando, altrettanto limpidamente, un ricarico anche del 40%. Chi di voi lavora nella realtà saprà perfettamente di cosa sto parlando.... mostra di piùCome va chiamata un architetto donna?
(15) commentiTratto dal sito dell'accademia della Crusca...crediamo sia davvero interessante!! Cecilia Robustelli (Università di Modena) La rappresentazione delle donne attraverso il linguaggio costituisce ormai da molti anni un argomento di riflessione per la comunità scientifica internazionale, ma anche per il mondo politico e, oggi, sempre più anche per quello economico. In Italia numerosi studi, a partire dal lavoro Il sessismo nella lingua italiana di Alma Sabatini, pubblicato nel 1987 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno messo in evidenza che la figura femminile viene spesso svilita dall’uso di un linguaggio stereotipato che ne dà un’immagine negativa, o quanto meno subalterna rispetto all’uomo. Inoltre, in italiano e in tutte le lingue che distinguono morfologicamente il genere grammaticale maschile e quello femminile (francese, spagnolo, tedesco, ecc.), la donna risulta spesso nascosta “dentro” il genere grammaticale maschile, che viene usato in riferimento a donne e uomini (gli spettatori, i cittadini, ecc.). Frequentissimo è anche l’uso della forma maschile anziché femminile per i titoli professionali e per i ruoli istituzionali riferiti alle donne: sindaco e non sindaca, chirurgo e non chirurga, ingegnere e non ingegnera, ecc. Forti richiami a rivedere questa tradizione androcentrica sono arrivati da diversi settori della società, dall’accademia e dalle istituzioni di molti paesi europei, per esempio dalla Confederazione Svizzera - dove l’italiano è tra le lingue ufficiali - che ha pubblicato recentemente una Guida al pari trattamento linguistico di donna e uomo nei testi ufficiali della Confederazione (2012). In Italia la Direttiva Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche ha rinnovato qualche anno fa (2007) la raccomandazione a usare in tutti i documenti di lavoro un linguaggio non discriminante e ad avviare percorsi formativi sulla cultura di genere come presupposto per attuare una politica di promozione delle pari opportunità. Molte amministrazioni hanno aderito a questo invito e la stessa Accademia della Crusca ha collaborato con il Comune di Firenze al progetto Genere&linguaggio e alla pubblicazione delle prime Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo. Ma sia nella comunicazione istituzionale sia in quella quotidiana le resistenze ad adattare il linguaggio alla nuova realtà sociale sono ancora forti e così, per esempio, donne ormai diventate professioniste acclamate e prestigiose, salite ai posti più alti delle gerarchie politiche e istituzionali, vengono definite con titoli di genere grammaticale maschile: il ministro Elsa Fornero, il magistrato Ilda Bocassini, l’avvocato Giulia Bongiorno, il rettore Stefania Giannini. Qual è la ragione di questo atteggiamento linguistico? Le risposte più frequenti adducono l’incertezza di fronte all’uso di forme femminili nuove rispetto a quelle tradizionali maschili (è il caso di ingegnera), la presunta bruttezza delle nuove forme (ministra proprio non piace!), o la convinzione che la forma maschile possa essere usata tranquillamente anche in riferimento alle donne. Ma non è vero, perché maestra, infermiera, modella, cuoca, nuotatrice, ecc. non suscitano alcuna obiezione: anzi, nessuno definirebbe mai Federica Pellegrini nuotatore. Le resistenze all’uso del genere grammaticale femminile per molti titoli professionali o ruoli istituzionali ricoperti da donne sembrano poggiare su ragioni di tipo linguistico, ma in realtà sono, celatamente, di tipo culturale; mentre le ragioni di chi lo sostiene sono apertamente culturali e, al tempo stesso, fondatamente linguistiche. I meccanismi di assegnazione e di accordo di genere giocano un ruolo importante nello scambio comunicativo e meriterebbero di essere conosciuti anche al di fuori della cerchia accademica per fugare la convinzione, diffusa, che usare certe forme femminili rappresenti solo una moda. Molti ricorderanno il recente diverbio sorto in una riunione in Prefettura (a Napoli) perché un cittadino chiamava signora (essendo incerto sul termine prefetta!), invece che protocollarmente prefetto, la titolare di questa carica in una provincia vicina. Un uso più consapevole della lingua contribuisce a una più adeguata rappresentazione pubblica del ruolo della donna nella società, a una sua effettiva presenza nella cittadinanza e a realizzare quel salto di qualità nel modo di vedere la donna che anche la politica chiede oggi alla società italiana. È indispensabile che alle donne sia riconosciuto pienamente il loro ruolo perché possano così far parte a pieno titolo del mondo lavorativo e partecipare ai processi decisionali del paese. E il linguaggio è uno strumento indispensabile per attuare questo processo: quindi, perché tanta resistenza a usarlo in modo più rispettoso e funzionale a valorizzare la soggettività femminile?... mostra di piùRegalereste la consulenza di un architetto per Natale?
(123) commenti@MatStudio, ti ringrazio per il caffè, capito spesso a Milano anche per una serata da amici o per lavoro. Io ho parlato della mia esperienza nel far costruire casa, e ti posso assicurare che sia direttamente che per raccontato da amici/colleghi/conoscenti almeno la metà delle esclusioni del professionista è stata imputabile ad atteggiamenti "io architetto, ovvero Dio in terra, mi abbasso a costruirti/rifarti la tua misera casa/bagno/salotto ecc". Fortunatamente poi ognuno di noi ha trovato professionisti seri, empatici e "normali" come prezzi (anche tra i geometri e ingegneri...orrore direte voi) che ci hanno aiutato, seguito, consigliato, senza imporre nulla, senza prendersela sul personale se al posto di 20.000 euro solo per una Valcucina, con quella cifra abbiamo arredato di tutto e preso tutti i materiali (sanitari, rubinetti, piastrelle, colla, ecc).... mostra di piùCosa hanno che non va?
(37) commentiSignora Simona, lo stile contemporaneo va rapportato anche al contesto generale. L'appartamento, il caseggiato, il quartiere. Guardando le foto (sempre utili ed importanti per delle valutazioni) e calandomi nella situazione, non avrei dubbi e le tende le metterei seguendo i consigli che le hanno già dato. Un conto è l'attico di un grattacielo di Tokyo, un conto è un quartiere di casette una vicina all'altra e di un'epoca costruttiva precisa. Saluti... mostra di piùPaola Lovera - Interior Design
7 anni faADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Paola Lovera - Interior DesignCarlotta Pesce architetto
7 anni faADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Carlotta Pesce architetto- ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Studio di Achitettura Francesca Sciortino
- ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Arching - Architettura d'interni & home staging
Arch Sara Pizzo - Studio 1881
7 anni faUltima modifica: 7 anni faADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Arch Sara Pizzo - Studio 1881M88studio - architettura e grafica
7 anni faADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato M88studio - architettura e graficaroberta barbato architetto
7 anni faADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato roberta barbato architettoARKADY ARCHITETTI ASSOCIATI
7 anni faADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato ARKADY ARCHITETTI ASSOCIATIADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO
7 anni faKibuz_architettura&ingegneria
7 anni faBartolomeo Fiorillo
7 anni fa
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