Come va chiamata un architetto donna?

ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO

7 anni fa

Ultima modifica:7 anni fa

Anche l'Accademia della Crusca ha sdoganata la controversa parola "Architetta"....e tu cosa ne pensi???

ARCHITETTO

ARCHITETTA

NON SO

Risposta in evidenza

PRO

ForinoArchitetti

7 anni fa

Assolutamente "Architetto", nel rispetto dell'etimologia della parola; e poi al femminile può indurre al doppio senso!

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Commenti (15)

PRO
Fonte del Rustico
7 anni fa
Dubbi non ne ho mai avuti, sicuramente "Architetto"... Devo dire che se la presenza è Donna, mi rallegra assai! Al Fascino Femminile non si resiste... :-)

Piero
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In cantiere ti hanno mai chiamato signora invece che architetto?
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(21) commenti
Una volta mi faceva arrabbiare... tutto tranne architetto mi chiamavano! Signorina, Signora, signora Giulia, architè...Poi ho scoperto, che amarezza, che il termine architetto non è proprio visto di buon occhio...per cominciare è spesso ostacolo anche per fare preventivi... abbiamo la reputazione di essere "cari"... non utili e necessari "tecnici e bravi" come gli ingegneri, ne "tutto fare" come i geometri "che addirittura "costano meno"! La gran parte della popolazione italiana... non sa nemmeno a che serviamo realmente!!! QUINDI, ho optato per farmi chiamare Giulia, e quando in cantiere scoprono che sono anche architetto... beh, una gran bella soddisfazione! La settimana scorsa una falegnameria con cui collaboro è rimasta basita dalla reazione del cliente quando gli ha solo comunicato che sarebbe tornata a fare il sopralluogo con l'architetto... subito sull'alto la' ed a inventarsi scuse... Che tristezza. Intanto un " Best of Houz 2017 service" me lo sono aggiudicata... chissà se anche questo potrà convincerli!
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(46) commenti
Ha contattato diversi architetti è quello che le ha fatto il progetto migliore lo ha scelto..? ma quando lei ha un problema di salute va da diversi medici prima di scegliere quello che dovrebbe curarla..? Ecco il principio di base che già è sbagliato. Un architetto lo si incarica non gli si chiede prima il progetto e poi se va bene il progetto e compiace lo incarichiamo e lo paghiamo. Un architetto è come un dottore, o ci si fida o non ci si fida. E a mio modesto ed umile avviso un architetto che le fa un progetto nella speranza di avere poi l’incarico per me è da scartare a prescindere. Oltretutto se non è stato in grado di seguire e far eseguire il lavoro secondo la corretta regola d’arte. i consigli sono spontanei e sicuramente gratuiti, ma non consentono di avere il risultato. E comunque se lei andasse da un avvocato lo pagherebbe anche solo per un consiglio. Quindi se vogliamo sottolineare certi punti credo che bisognerebbe farlo con obiettività e criterio. Io le ho dato delle giuste dritte e dei validi consigli..il problema che lei vuole di più con nulla..! 😉
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PRO
Lidia Zitara
7 anni fa
Esattamente come si è rispettata l'etimologia delle parole: "paracula" e "mammo". La lingua, il linguaggio, la semantica, seguono ben altri criteri che l'etimologia. Il rispetto a una professionista è anche nel chiamarla come quella categoria desidera essere chiamata. Non diciamo fesserie.
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Lidia Zitara
PRO
Arch Sara Pizzo - Studio 1881
7 anni fa
Architetto ovviamente!

Altrimenti ci dovremmo mettere a chiamare il geometra maschio geometro?
PRO
Lidia Zitara
7 anni fa
Sara, immagino sia una battuta. Le parole che finiscono in "a" sono ovviamente indeclinabili. Come astronauta, tanto per ricordare la vicenda di Samantha Cristoforetti, bersagliata da hater e ignoranti. Ciò che cambia è l'articolo!

La parola che indica una professione, semplicemente declinata con la "a" finale (maestro, maestra, infermiere, infermiera), non è una questione etimologica o grammaticale, quanto di semplice uso nella lingua. L'uso nella lingua deriva dal numero di ricorrenze nel parlare quotidiano. Quando una donna architetto non sarà una stranezza ma l'assoluta normalità (come un'infermiera o una maestra), il problema non si porttà più, e sono più che certa che nessun* si sconvolgerà della parola "architetta".

D'altra parte gli spagnoli, molto più liberali di noi in questo, hanno "la medica" e la "dottora".

Certo è che l'invito sarebbe che le donne fossero un po' più emancipate e non sentissero di essere sminuite se il loro titolo non è equiparato a quello del maschio della specie.
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Lidia Zitara
PRO
Showroom Le Porte
7 anni fa
che dire... Non fa una grinza!
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Showroom Le Porte
PRO
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO
Autore originale
7 anni fa
Tratto dal sito dell'accademia della Crusca...crediamo sia davvero interessante!!

Cecilia Robustelli (Università di Modena)

La rappresentazione delle donne attraverso il linguaggio costituisce ormai da molti anni un argomento di riflessione per la comunità scientifica internazionale, ma anche per il mondo politico e, oggi, sempre più anche per quello economico. In Italia numerosi studi, a partire dal lavoro Il sessismo nella lingua italiana di Alma Sabatini, pubblicato nel 1987 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno messo in evidenza che la figura femminile viene spesso svilita dall’uso di un linguaggio stereotipato che ne dà un’immagine negativa, o quanto meno subalterna rispetto all’uomo. Inoltre, in italiano e in tutte le lingue che distinguono morfologicamente il genere grammaticale maschile e quello femminile (francese, spagnolo, tedesco, ecc.), la donna risulta spesso nascosta “dentro” il genere grammaticale maschile, che viene usato in riferimento a donne e uomini (gli spettatori, i cittadini, ecc.). Frequentissimo è anche l’uso della forma maschile anziché femminile per i titoli professionali e per i ruoli istituzionali riferiti alle donne: sindaco e non sindaca, chirurgo e non chirurga, ingegnere e non ingegnera, ecc.

Forti richiami a rivedere questa tradizione androcentrica sono arrivati da diversi settori della società, dall’accademia e dalle istituzioni di molti paesi europei, per esempio dalla Confederazione Svizzera - dove l’italiano è tra le lingue ufficiali - che ha pubblicato recentemente una Guida al pari trattamento linguistico di donna e uomo nei testi ufficiali della Confederazione (2012). In Italia la Direttiva Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche ha rinnovato qualche anno fa (2007) la raccomandazione a usare in tutti i documenti di lavoro un linguaggio non discriminante e ad avviare percorsi formativi sulla cultura di genere come presupposto per attuare una politica di promozione delle pari opportunità. Molte amministrazioni hanno aderito a questo invito e la stessa Accademia della Crusca ha collaborato con il Comune di Firenze al progetto Genere&linguaggio e alla pubblicazione delle prime Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo. Ma sia nella comunicazione istituzionale sia in quella quotidiana le resistenze ad adattare il linguaggio alla nuova realtà sociale sono ancora forti e così, per esempio, donne ormai diventate professioniste acclamate e prestigiose, salite ai posti più alti delle gerarchie politiche e istituzionali, vengono definite con titoli di genere grammaticale maschile: il ministro Elsa Fornero, il magistrato Ilda Bocassini, l’avvocato Giulia Bongiorno, il rettore Stefania Giannini.

Qual è la ragione di questo atteggiamento linguistico? Le risposte più frequenti adducono l’incertezza di fronte all’uso di forme femminili nuove rispetto a quelle tradizionali maschili (è il caso di ingegnera), la presunta bruttezza delle nuove forme (ministra proprio non piace!), o la convinzione che la forma maschile possa essere usata tranquillamente anche in riferimento alle donne. Ma non è vero, perché maestra, infermiera, modella, cuoca, nuotatrice, ecc. non suscitano alcuna obiezione: anzi, nessuno definirebbe mai Federica Pellegrini nuotatore. Le resistenze all’uso del genere grammaticale femminile per molti titoli professionali o ruoli istituzionali ricoperti da donne sembrano poggiare su ragioni di tipo linguistico, ma in realtà sono, celatamente, di tipo culturale; mentre le ragioni di chi lo sostiene sono apertamente culturali e, al tempo stesso, fondatamente linguistiche.

I meccanismi di assegnazione e di accordo di genere giocano un ruolo importante nello scambio comunicativo e meriterebbero di essere conosciuti anche al di fuori della cerchia accademica per fugare la convinzione, diffusa, che usare certe forme femminili rappresenti solo una moda. Molti ricorderanno il recente diverbio sorto in una riunione in Prefettura (a Napoli) perché un cittadino chiamava signora (essendo incerto sul termine prefetta!), invece che protocollarmente prefetto, la titolare di questa carica in una provincia vicina.

Un uso più consapevole della lingua contribuisce a una più adeguata rappresentazione pubblica del ruolo della donna nella società, a una sua effettiva presenza nella cittadinanza e a realizzare quel salto di qualità nel modo di vedere la donna che anche la politica chiede oggi alla società italiana. È indispensabile che alle donne sia riconosciuto pienamente il loro ruolo perché possano così far parte a pieno titolo del mondo lavorativo e partecipare ai processi decisionali del paese. E il linguaggio è uno strumento indispensabile per attuare questo processo: quindi, perché tanta resistenza a usarlo in modo più rispettoso e funzionale a valorizzare la soggettività femminile?
PRO
Showroom Le Porte
7 anni fa
In effetti non avere un titolo corrispettivo nella forma femminile per molte professioni di rilievo e per questo utilizzarne uno maschile Implicitamente da' una connotazione un po' discriminante e celatamente svilente dell'identità professionale nella sua forma femminile. Ma il problema non sta tanto alla nostra interpretazione quanto più al fatto che non siano ancora stati "ufficializzati" per un riconoscimento paritetico del termine i titoli in questione nella loro accezione femminile ... Il problema è che, per fare un esempio recente, se il termine " petaloso ", una volta questa parola sia sulla bocca di tutti o di tanti può a pieno titolo entrare nel vocabolario, per i termini che riconoscono una pari dignità di ruolo dovrebbe essere l'accademia della crusca a prendere l'iniziativa... Altrimenti ahimè... Troveremo sempre Ingegnera o architetta svilente e architetto o prefetto discriminante.... Non ne usciamo....
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Showroom Le Porte
PRO
Arch Sara Pizzo - Studio 1881
7 anni fa
Ultima modifica: 7 anni fa
Ma certo Lidia Zitara era una battuta! :)

Però non ritengo che cambiare la desinenza sia funzionale al lavoro che svolgiamo in cantiere perchè non conta il genere ma solo se il nostro lavoro lo sappiamo fare o meno.

Posso anche testimoniare che per gli altri operatori del cantiere solitamente non trattano uomini o donne diversamente, almeno nella mia esperienza, perchè ormai si sono abituati all'architè.
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Arch Sara Pizzo - Studio 1881
PRO
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO
Autore originale
7 anni fa
Quello indipendentemente da tutto! Ma dare una definizione precisa alle cose (in questo caso sono persone) significa già di per sé legittimarle definitivamente. Non è un fattore da sottovalutare!!
PRO
Showroom Le Porte
7 anni fa
Ma anche per non sentirsi chiamare signora.....ah ahahahah..... che già ti irrita a prescindere :))))
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Showroom Le Porte
Roberta Facchinetti
7 anni fa
Architetto ovviamente!
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Roberta Facchinetti
PRO
Lidia Zitara
7 anni fa
ADA, la strada è ancora lunga. Se vi serve una mano, ve ne do due.
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Lidia Zitara
PRO
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO
Autore originale
7 anni fa
Cara Lidia, grazie, di mano ne servono sempre tante :-) Visita il nostro sito www.donnearchitetto.it e scrivici pure in privato su info@donnearchitetto.it
PRO
Bartolomeo Fiorillo
7 anni fa
Ultima modifica: 7 anni fa
Credo che la parolane e/o la qualifica di Architetto non abbia sesso, che esso sia maschio o femmina è Architetto..!
ADA ASSOCIAZIONE DONNE ARCHITETTO ha ringraziato Bartolomeo Fiorillo

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